20 Febbraio 2018

D.lgs. 231/2001 e Whistleblowing

MAURIZIO ARENA

Immagine dell'articolo: <span>D.lgs. 231/2001 e Whistleblowing</span>

Abstract

La legge 30 novembre 2017 n 179, in vigore dal 29 dicembre, ha introdotto disposizioni sulla regolamentazione e la tutela del c.d. whistleblower nel settore privato (esponente aziendale che segnala illeciti).

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Tale disciplina viene prevista solo in relazione agli enti collettivi che abbiano adottato un Modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001 (si dispone infatti l'integrazione dell'art 6 del d.lgs. 231). Tale scelta appare peraltro discutibile, in quanto la tutela dell'integrità aziendale è finalità certamente non rilevante solo per tali enti.

La legge non prevede un obbligo di segnalazione, ma la necessità di canali (di cui uno necessariamente informatico) che “consentano” di segnalare. Evidentemente non è stato ritenuto opportuno (e realistico) sancire un vero e proprio obbligo di segnalazione a carico del dipendente.

Il whistleblower può essere uno dei soggetti ex art 5 (apicale o sottoposto alla direzione e alla vigilanza dell’apicale), mentre il testo originario contemplava anche coloro che collaborassero "a qualsiasi titolo" con l'ente. 

Oggetto della segnalazione possono essere condotte illecite o violazioni del Modello: l'espressione utilizzata (“condotte illecite”, tout court) comprende sicuramente anche quelle in corso di esecuzione. Il testo originario non era altrettanto chiaro, facendo invece riferimento alle condotte illecite che il segnalante riteneva “essersi verificate”.

Oggetto della segnalazione possono essere solo reati (ed illeciti amministrativi) presupposto ex d.lgs. 231: è vero che si inserisce l'istituto nell'ambito dei Modelli organizzativi, ma tale limitazione appare difficilmente comprensibile se si pone come fine ultimo la tutela dell'integrità aziendale (si pensi ai casi di appropriazione indebita o di rivelazione di segreto industriale da parte di un manager).

Occorre poi chiedersi se potranno essere segnalate condotte illecite commesse in danno dell'ente e non a suo vantaggio. A mio avviso sarebbe senz'altro opportuno, ma dal tenore testuale delle nuove disposizioni ciò non emerge con chiarezza.

Anzi, l'inserimento dell'istituto nell'ambito della “compliance 231” potrebbe condurre ad interpretazioni più circoscritte; in senso contrario milita, tuttavia, il riferimento alla tutela dell'integrità dell'ente e al contrasto delle malversazioni.

Nelle ipotesi di segnalazione effettuata nelle forme e nei limiti previsti, il "perseguimento dell'interesse all'integrità dell'ente nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni" costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall'obbligo di segreto professionale (art 622 c.p.) e scientifico/industriale (art 623 c.p.) e rientranti nell’obbligo di fedeltà del lavoratore ex art 2105 c.c..

Tutele di riservatezza

Quando notizie e documenti che sono comunicati all'organo deputato a riceverli (si noti che non si menziona esplicitamente l’Organismo di vigilanza) siano oggetto di segreto aziendale o professionale, costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell'eliminazione dell'illecito e, in particolare, la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine.

A differenza del testo originario non si prevede più espressamente che il Modello debba prevedere sanzioni per coloro che compiano atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante.

Il sistema sanzionatorio del Modello dovrà essere integrato con la previsione di sanzioni specifiche per le ipotesi di violazione del sistema di tutela della riservatezza del segnalante nonché, a carico di quest’ultimo, se ha effettuato con dolo o colpa grave segnalazioni che si sono rivelate infondate.

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