28 Febbraio 2019

Confisca urbanistica senza condanna: nuova pronuncia della Corte di Cassazione

ANDREA RANGHINO

Immagine dell'articolo: <span>Confisca urbanistica senza condanna: nuova pronuncia della Corte di Cassazione</span>

Abstract

Con la sentenza n. 5936 del 7 febbraio 2019, la Corte di Cassazione, torna a “fare il punto” sull’ammissibilità della c.d. confisca urbanistica senza condanna: a giudizio della S.C., in base alla nuova disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., ed alla luce della pronuncia della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, la misura ablativa è compatibile con la pronuncia di prescrizione ed è conforme ai principi costituzionali e convenzionali, in quanto l'attenzione deve essere posta sul dato sostanziale dell'avvenuto accertamento dell'esistenza del reato e della colpevolezza dell'imputato.

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La possibilità di disporre la confisca urbanistica per il reato di lottizzazione abusiva, in assenza di un formale provvedimento di condanna, è stata questione a lungo dibattuta dalle Corti nazionali e sovranazionali.

Il dibattito giurisprudenziale muove dal significato da riconoscersi alla locuzione “sentenza definitiva”, di cui all’art. 44, comma 2, D.P.R. n. 380/2001: con tale espressione si è inteso fare riferimento a ogni provvedimento che abbia accertato la sussistenza del reato oppure solo a una formale sentenza di condanna?

All’orientamento della Corte di Cassazione, che riteneva applicabile la confisca urbanistica, quale sanzione amministrativa obbligatoria, anche in assenza di un formale provvedimento di condanna e in casi di responsabilità oggettiva, si è contrapposto quello  della Corte EDU, che, oltre a richiedere l’accertamento del reato in ogni sua componente, nel caso Varvara c. Italia ha ritenuto necessaria una formale sentenza di condanna che cristallizzasse la penale responsabilità dell’autore della lottizzazione abusiva.

La Corte costituzionale, successivamente intervenuta, ha mitigato gli effetti di tale pronuncia precisando come, ai fini della applicazione della misura ablativa, fosse stata necessaria non la forma del pronunciamento del giudice, quanto invece la “sostanza” che, necessariamente, si accompagna a tale forma.

A definire la querelle tra Corti nazionali e sovranazionali è stata la sentenza della Grande Camera della Corte EDU, nel caso G.I.E.M. e altri c. Italia, con cui si è riconosciuta la correttezza del criterio interpretativo di natura sostanziale proposto dalla Corte Costituzionale: la confisca urbanistica può essere disposta anche in assenza di un formale provvedimento di condanna purché dal punto di vista oggettivo e soggettivo il reato di lottizzazione abusiva sia stato accertato.

In seguito alla decisione della Grande Camera della Corte EDU, la Terza Sezione della Corte di Cassazione,[1] nuovamente chiamata a pronunciarsi su un caso di confisca urbanistica in assenza di condanna, ha confermato l’astratta compatibilità tra l’applicazione della confisca urbanistica e la pronuncia di una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. Ciononostante, nel caso di specie, si è ritenuta la fondatezza del ricorso, in quanto la Corte d’Appello, seppur in presenza di una causa di estinzione del reato, avrebbe comunque avuto l’onere di accertare compiutamente, esaminando tutte le doglianze sollevate dai ricorrenti, la configurabilità del reato contestato al fine di verificare possibilità di confermare la confisca delle opere disposta in primo grado.

Ne consegue che, secondo un orientamento ormai consolidatosi nella giurisprudenza della Suprema Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice non ha l’obbligo di dichiararla immediatamente ex art. 129 c.p.p., ma il giudizio deve proseguire al fine di accertare la legittimità della confisca secondo i medesimi parametri di giudizio e di istruttoria che sono necessari per giungere a una sentenza di condanna. Detto principio è stato successivamente recepito anche a livello legislativo mediante l’introduzione dell’art. 578 bis c.p.p., secondo cui, quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell'articolo 240-bis del c.p. e da altre disposizioni di legge, il Giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato.

È ormai pacifico, dunque, che il proscioglimento per intervenuta prescrizione, maturato nel corso del processo, non osta alla confisca del bene oggetto di lottizzazione abusiva, a condizione che la relativa decisione - attesa la natura "sostanzialmente penale" della sanzione irrogata - abbia accertato l’esistenza del reato e la colpevolezza dell’imputato, attuando tutte le garanzie proprie delle pronunce formali di condanna. La Terza Sezione della Corte di Cassazione, tuttavia, oltre a ribadire principi del tutto consolidati, ha osservato incidentalmente che il quadro normativo applicabile non poteva dirsi mutato in seguito alla pronuncia GIEM e altri c. Italia, in quanto, nel caso di specie, la confisca era stata disposta nei confronti di soggetti che avevano partecipato al processo. Il Giudice di legittimità, dunque, sembra riconoscere che se, diversamente, la misura ablatoria fosse stata disposta, anche a seguito dell’accertamento delle componenti oggettive e soggettive del reato, nei confronti di persona estranea al procedimento, il principio di astratta applicabilità di confisca senza condanna non sarebbe stato applicabile.

Questo inciso, del tutto insignificante ai fini della decisione da assumere nel caso di specie, sembra confermare che l’aspetto più innovativo della decisione della Grande Camera sia proprio quello relativo all’affermazione dell’incompatibilità con l’art. 7 CEDU di un provvedimento di confisca disposto nei confronti di una persona, fisica o giuridica, che non abbia partecipato al procedimento in cui è stato accertato il reato presupposto dell’applicazione della misura ablatoria.

Si tratta, infatti, di un principio che potrebbe riverberare i propri riflessi ben oltre lo specifico ambito della confisca urbanistica, investendo tutti i casi in cui gli enti si trovano a dover subire gli effetti di una confisca penale senza aver potuto esercitare i diritti di difesa secondo i parametri dell’art. 6 CEDU.

 

 

 

 

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