13 Luglio 2023

Equo compenso: intervista a Giuseppe Catalano, Presidente AIGI

REDAZIONE

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Abstract

In seguito all'entrata in vigore, lo scorso 20 maggio, della nuova legge sull'equo compenso, abbiamo posto alcuni quesiti a Giuseppe Catalano, Presidente AIGI (Associazione Italiana Giuristi d'Impresa) per conoscere il punto di vista dei professionisti legali che svolgono l'attività lavorativa internamente alle aziende.

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  1. Avv. Catalano, come Presidente AIGI – Associazione Italiana Giuristi d’Impresa, con oltre 1500 soci – qual è la percezione sulla nuova legge sull’equo compenso nelle Direzioni Legali?

Ad oggi, non c’è stata una riflessione a livello associativo sugli effetti di questo intervento normativo. In generale, percepisco un “mix feeling”: da un lato, credo che l’equo compenso sia una manovra giusta poiché tutelare prestigio, onore e decoro della professione forense è importante per la valorizzazione della nostra attività; dall’altro lato, c’è un dispiacere nel momento in cui notiamo che vengono emanati provvedimenti che vanno a beneficio esclusivo dei colleghi del libero foro senza prendere in considerazione i professionisti che svolgono la propria attività all’interno nelle aziende.

Come associazione peroriamo naturalmente la causa della professione svolta con le dovute garanzie legislative: non si tratta solo del tema retributivo, ma anche altri tipi di benefici, ad esempio il cd. legal privilege. Tutto ciò che porta a una ulteriore divaricazione della professione svolta, che per noi è un tema di grande attenzione. Proprio sul tema della tutela della segretezza del professionista legale interno, è di questi giorni la notizia che anche la Francia si è mossa in questa direzione: c’è il rischio, quindi, che l’Italia resti fanalino di coda, con grave pericolo di spostamento all’estero delle funzioni legali.

Spero che questo atteggiamento da parte del legislatore diminuisca in futuro, che si ricordi anche del legale d’impresa e che non veda i professionisti in ambito aziendale solo come parte contraente di una convenzione, così come sembrerebbe emergere dal provvedimento. Mi auguro in tal senso che i legali d’impresa vengano riconosciuti come professionisti preparati, con expertise, che hanno compiuto una scelta non univoca.

È importante, dunque, che il legislatore compensi l’attività professionale di grande importanza dell’avvocato ma al tempo stesso mi auguro una futura equità dal punto di vista legislativo.

 

  1. In concreto, ha visto un interesse ad implementare convenzioni e accordi sicuri per l'azienda?

La legge sull’equo compenso, entrata in vigore lo scorso 20 maggio, era già presente nel quadro normativo, basti pensare alla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018).

Da cliente sono il primo a chiedere di regolare il rapporto con chi fornisce assistenza legale e le aziende hanno bisogno di avere un quadro del costo del contenzioso per regolarsi con congruo anticipo sotto questo punto di vista. Bisogna dunque prendere atto di una realtà già tale, ovvero che i rapporti tra aziende e professionisti sono già regolati da convenzioni; sicuramente sono state introdotte una serie di articolazioni maggiori nella disciplina, con clausole che sono ritenute nulle se contenute nelle convenzioni: ma queste regole vengono già di norma rispettate da quelle aziende nelle quali c’è una maggiore sistematicità di rapporti con i legali esterni.

 

  1. La nuova legge porterà a un aumento di costi nella gestione del contenzioso, come associazione quali sono le iniziative in programma?

Certamente è importante difendere l’onore della professione, perché non si può ridurre tutto a mera trattativa. Poiché AIGI vede i professionisti del libero foro come dei colleghi con i quali fare molta strada insieme, l’unico timore che posso avere è che alla fine questa disciplina possa portare a privilegiare e supportare studi più grandi e strutturati, che hanno la solidità di fare questo tipo di convenzionamento, a discapito dei piccoli studi che si stanno ancora posizionando sul mercato.

 
  1. L'equo compenso prevede una graduazione delle pratiche a seconda della complessità: secondo la sua esperienza in Generali, quali potrebbero essere i criteri per qualificare una pratica legale come difficile o facile?

Io temo che la difficoltà di fare questo tipo di classificazione possa portare a ulteriore complessità. Credo che la serialità di alcuni contenziosi, ad esempio quelli che riguardano i sinistri stradali, porti ad un’automatica classificazione come cause di minor entità.

Bisogna però riportare un dato obiettivo: le compagnie di assicurazioni sono oggetto di molte frodi, che coinvolgono molta gente e questo è un grosso tema che si pone. Quindi, se l’equo compenso è una maniera anche per restituire lealtà, onestà e correttezza nel rapporto tra aziende, professionisti e cittadini, sia il benvenuto. Credo però che si necessario ricreare uno spirito di “buon vicinato”, in cui ognuno fa la sua parte, e quindi sarebbe opportuno che gli Ordini Professionali intervengano molto duramente, come non sempre, purtroppo, è successo, nei confronti di chi non dimostra di possedere etica e deontologia.

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