20 Giugno 2023

Attrarre e trattenere talenti: la nuova sfida delle law firm

FEDERICA CORSI

Immagine dell'articolo: <span>Attrarre e trattenere talenti: la nuova sfida delle law firm</span>

Abstract

La circolazione degli avvocati negli studi legali è un tema molto interessante. Gli “spostamenti di poltrone” vengono guardati da tutti gli addetti ai lavori con curiosità e interesse perché indubbiamente sono uno dei termometri del settore che fa intuire lo stato di salute o di prosperità di uno studio e i movimenti strategici del mercato e delle diverse practice. Qui però non parliamo di soci e managing partner, piuttosto cerchiamo di fare luce sullo stato del recruitment di avvocati junior e senior da parte degli studi legali perché se attrarre talenti è difficile, non farli scappare lo è ancora di più.

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Esiste una crisi del Legal Recruitment?

Da qualche tempo gli studi legali fanno fatica a trovare e trattenere avvocati.

Alcuni professionisti che si occupano del management delle grandi law firm non hanno problemi ad ammettere come sia diventato difficile individuare le persone giuste, investire su di loro e non vederle andar via dopo poco tempo. Questo accade anche negli studi piccoli e medio piccoli - quelli dove la mancanza di strutture HR dedicate fa sì che siano i soci ad occuparsi direttamente della selezione dei professionisti - che stanno sperimentando, soprattutto con riferimento agli avvocati junior, una crisi di motivazione, entusiasmo e continuità.

Se è davvero così, da cosa nasce questa crisi? Al netto di una riflessione sui numeri della professione (iscrizioni agli ordini che non vengono rinnovate, partite iva chiuse, passaggi al settore pubblico e domande ai concorsi) esistono molteplici elementi che hanno concorso a plasmare e modificare l’attuale percezione e le aspettative che gli avvocati hanno verso il proprio lavoro quando questo si svolge all’interno di uno studio. 

 

Cosa è cambiato, cosa incide sulla scelta degli avvocati

  • La pandemia e il conseguente l’ingresso dello smart working nelle vite degli avvocati sono stati un detonatore per il cambiamento del modello di vita reale e non più immaginaria di moltissimi professionisti giovani e meno giovani. Sul lavoro da casa è stato detto molto e certo non si tratta di un modello che si adatta perfettamente a tutti ma i vantaggi riconosciuti sono molti e sono senz’altro applicabili anche alla categoria degli avvocati.
  • La comunicazione e il marketing dei grandi studi strutturati e delle boutique specializzate hanno creato negli ultimi anni una visione sofisticata di “brand legale” più vicina all’azienda che allo studio professionale, con attenzione all’equilibrio vita/lavoro, progetti di inclusione, legami con network internazionali e possibilità di periodi di lavoro all’estero, formazione dedicata che non si limita alle discipline giuridiche ma anche alle skill aggregate sempre più preziose per il lavoro di un legale, l’idea di far parte di una comunità con valori e obiettivi e una posizione precisa nel mercato.
  • La forte concorrenza tra i grandi studi e un tasso di turnover alto che decreta la fine della fidelizzazione ideale a uno studio
  • I bassi guadagni medi dei professionisti che lavorano nei piccoli studi a fronte di un impegno totalizzante e di un “assegno in bianco” con riferimento alla propria crescita professionale.

 

Cosa conta per una giusta ricerca, selezione e mantenimento dei talenti

L’unione di questi e altri fattori ha creato nel tempo una criticità per chi è alla ricerca di professionisti da inserire in uno studio, sia junior che senior. Le difficoltà sono diverse, per gli studi grandi e quelli piccoli, ma il risultato è lo stesso: si fatica a poter contare su professionalità che garantiscano allo studio una stabilità e una futura leadership. Di sicuro queste difficoltà emergono fin dal momento delle ricerca e della selezione degli avvocati. I problemi frequenti e cosa fare:

  1. Capire cosa manca. Identificare al meglio le capacità che mancano allo studio e il loro impiego strategico, dove si è deboli e quali professionisti ideali possono rappresentare una soluzione. Sembra banale ma spesso alla base della ricerca non c’è un’analisi strategica e trasversale basata su vuoti e pieni dello studio in prospettiva bensì un bisogno a tratti “capriccioso” dei partner. Ad esempio: ricercare due junior associate per compensare un senior non è la soluzione, così come minimizzare le aspirazioni e le inclinazioni nella selezione di un neo avvocato, errore che lo studio “paga” dopo un paio di anni o con l’uscita o con la richiesta di cambiare dipartimento.
  2. Comunicare un’offerta chiara in linea con i valori del proprio brand legale perché spesso è proprio il punto di partenza del procedimento ad essere carente e creare confusione. Spiegare cosa si offre sapendo che i soldi non bastano più e che oggi (vedi sopra) si guarda anche ad altro: flessibilità, attenzione alla qualità del lavoro e dei tempi.. Confezionare post di ricerca scritti in modo adeguato ovvero che creino un desiderio di far parte dello studio. Essere chiari sul career path di chi entra, soprattutto per i junior, significa comunicare fiducia nelle capacità delle persone e far valere la trasparenza dello studio, della sua struttura e della gestione dei rapporti tra le persone. Un punto cruciale e delicato.
  3. Dedicare il giusto tempo al momento della selezione. Che si tratti di selezionatori professionisti o degli stessi avvocati che guidano uno studio, sapere che anche questo step non è più quello di 10 anni fa - voti ed esperienze pregresse - e che indagare a livello di apporto in prospettiva anche con riferimento alla singola personalità, presenza di capacità extra giuridiche e ascolto tra le righe per capire se la persona è un buon match con i valori dello studio è essenziale.
  4. Investire nell’inserimento. Vale per tutti ed è uno degli aspetti più trascurati. Si pensa che bastino pochi giorni per far capire come funziona lo studio e le dinamiche che lo regolano, non è così. Spesso si delega tutto a qualche documento di benvenuto o a un passaggio su Intranet - che sì è utile ma non basta - dimenticando che è proprio nei primi mesi che si crea quella percezione che poi fa decidere se restare o partire. Un corretto e “studiato” inserimento aiuta lo studio ad avere professionisti motivati, non spaesati o fuori tempo, sicuri di sé e parte di una comunità al massimo delle proprie potenzialità.

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