15 Gennaio 2018

Equo compenso? La soluzione è l’“equo preventivo”

ALESSANDRO RENNA

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Abstract

La nuova disciplina in materia di equo compenso impone a banche, compagnie assicurative e grandi imprese una rimodulazione della gestione degli incarichi di recupero crediti e contenzioso ricorrente. Vediamo quale può essere un'opzione semplice e vantaggiosa.

* * *

La disciplina in materia di equo compenso

Come noto l’art. 19-quaterdecies della l. 172/2017, come successivamente modificato dalla l. 205/2017, ha introdotto in Italia la disciplina del c.d. “equo compenso”.

Due gli elementi fondamentali: 

a)  “equo compenso” in senso stretto: si prevede l’obbligo di corrispondere in favore dell’avvocato un compenso “proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale e conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della Giustizia …” (comma 2);

b)  clausole vessatorie: si prevede un catalogo di clausole di cui viene stabilita la nullità soltanto a vantaggio dell’avvocato, tra le quali quelle che prevedono (i) la riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto, (ii) l’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto, (iii) l’attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve eseguire a titolo gratuito, (iv) l’anticipazione delle spese della controversia a carico dell’avvocato, (v) l’imposizione all’avvocato della rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione, (vi) termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente, (vii) in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, il riconoscimento all’avvocato soltanto del minore importo previsto in convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte, (viii) in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, l’applicazione della nuova disciplina -se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convenzione- anche agli incarichi pendenti o comunque non ancora definiti o fatturati, (ix) la spettanza del compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale solo in caso di sottoscrizione del contratto.

La sopra sintetizzata disciplina si applica soltanto nei rapporti regolati da convenzioni predisposte unilateralmente dall’impresa cliente quando essa è una banca, una compagnia assicurativa o un’impresa non PMI. Chiara la ratio della normativa: tutelare l’avvocato -quale contraente debole- dal rischio di subire un trattamento contrattuale sbilanciato e iniquo ad opera di un cliente forte.

Gli impatti per banche, compagnie assicurative e grandi imprese

La nuova disciplina, aspramente criticata dall’AGCM, comporta per molte imprese la necessità di rivedere la regolamentazione dei rapporti con i propri fiduciari per quanto riguarda, tipicamente, aree quali il recupero crediti e il contenzioso ricorrente.

Con riferimento alle previsioni in materia di clausole vessatorie, la verifica è abbastanza semplice. Occorrerà accertare la presenza, all’interno delle convenzioni, di una o più di esse e, in caso affermativo, procedere con la loro eliminazione o modifica.

Più complesso il discorso in materia di equo compenso in senso stretto.

Una premessa fondamentale è l’esatta individuazione del perimetro applicativo della norma: come già ricordato, essa si applica soltanto ai rapporti regolati da convenzioni predisposte unilateralmente dal cliente, non invece ai rapporti regolati singolarmente o anche a quelli regolati da convenzione nei quali il compenso sia stabilito tuttavia al di fuori di essa e all’esito di una negoziazione individuale ad hoc.

Nei casi di applicazione della norma, come sopra ricordato il compenso a favore dell’avvocato dovrà essere:

proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale” e

conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della Giustizia”.

Alla luce dei predetti requisiti, l’“equo compenso”  potrà essere correttamente determinato soltanto con riferimento alle specificità del caso concreto, ferma restando la conformità dello stesso ai parametri ministeriali. In relazione al singolo caso occorrerà quindi pattuire un compenso -certamente non inferiore ai minimi tariffari- che sia adeguato al lavoro svolto tenuto conto di parametri quantitativi e qualitativi oltre che, pare di poter immaginare, della difficoltà della prestazione legale.

Al riguardo, le imprese dovrebbero ipotizzare in convenzione una disciplina dei compensi sufficientemente elastica e modulare da potersi adattare alle specificità dei casi oggetto di incarico, con l’ulteriore difficoltà di individuare l’ “equità” del compenso in relazione a ciascuna fattispecie secondo un criterio di ragionevolezza passibile, evidentemente, di visioni differenti da avvocato ad avvocato. Una valutazione a nostro avviso piuttosto difficile e dalla cui erroneità potrebbero originare significativi rischi di contenzioso.

La soluzione dell’ “equo preventivo”

Esistono soluzioni più semplici per banche, compagnie assicurative e grandi imprese? A nostro avviso sì. La soluzione può essere seguire coloro che già oggi non regolano il compenso dell’avvocato all’interno di una convenzione, bensì a valle di una procedura competitiva di beauty contest organizzata per singoli incarichi o per lotti di incarichi. È infatti prassi, per molti operatori, creare un albo sulla base di criteri qualitativi, esperienziali e organizzativi e disciplinare in convenzione tutti i termini dei futuri incarichi con eccezione del compenso, che viene determinato a seguito di una procedura separata ad hoc quale è appunto il beauty contest.

Una simile opzione non rientra nel perimetro della disciplina sull’equo compenso in senso stretto e porta con sé un ulteriore vantaggio: è l’avvocato a proporre liberamente il compenso che ritiene di propria soddisfazione all’interno del preventivo (obbligatorio per legge), senza alcuna imposizione. Si tratterà quindi di un compenso da un lato non previsto in convenzione e, dall'altro lato, certamente adeguato ad avviso dell'avvocato tenuto allo svolgimento dell'incarico.

Inoltre l’acquisizione di una pluralità di preventivi tramite il beauty contest consentirà all'impresa di individuare le effettive condizioni di mercato per lo svolgimento della specifica prestazione legale, salvaguardando la necessaria trasparenza nella spesa legale. Si tratterà di passare, insomma, dalle criticità legate all’equo compenso … ai vantaggi connessi a un “equo preventivo”.

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