31 Maggio 2019

La compliance nella gestione dei rifiuti. Intervista ai relatori del convegno

ANTONIETTA D'AGNESSA

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Abstract

A chiusura del convegno La compliance nella gestione dei rifiuti tra regole, best practice e responsabilità, abbiamo chiesto ai relatori un commento sugli aspetti salienti emersi dal confronto con il numeroso pubblico.

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I molti presenti al convegno hanno dimostrato sicuramente un grande interesse per le tematiche trattate. Avvocato Carissimi, quali sono a Suo avviso le principali ragioni?

La maggior sensibilizzazione alle tematiche ambientali innanzitutto, ma anche la sempre maggior consapevolezza nelle aziende che una gestione compliance può portare a una riduzione dei costi, a un abbattimento nella colpa di organizzazione e a una più puntuale prevenzione del rischio sanzionatorio.
Dall’analisi del trend normativo degli ultimi anni, inoltre, emerge una situazione in cui vengono sempre di più premiate le aziende che assumono comportamenti virtuosi da un punto di vista ambientale, ad esempio in termini di preferenza negli appalti pubblici o di onere della prova nei procedimenti sanzionatori.
Dotarsi quindi degli strumenti sopra descritti (procedure interne, deleghe, audit etc) appare di fondamentale importanza se non si vuole essere lasciati indietro nella corsa verso una società ambientalmente sostenibile.

Dott. Trotto, dalle domande che vi sono state rivolte quali sono i principali dubbi e le difficoltà che le aziende devono fronteggiare?

Le principali difficoltà che le aziende incontrano emergono dalla mole di norme, leggi e regolamenti vigenti nel nostro Paese quali, ad esempio, le disposizioni contenute nel Testo Unico Ambientale, nel d.lgs n. 231/2001 (sulla responsabilità amministrativa degli enti e delle società), nel d.lgs n. 254/2016 (relativo all’obbligo di pubblicazione, per le grandi imprese, di una serie di informazioni, tra le quali quelle in materia ambientale), nelle norme UNI EN ISO afferenti ai Sistemi di Gestione Ambientale.
La difficoltà risiede in generale poi nella necessità di avviare o mantenere attivi i percorsi di sostenibilità ambientale. Una volta avviato un sistema di compliance la sfida sarà poi quella di mantenere il sistema di mantenimento della conformità alle norme, leggi e regolamenti con gli obiettivi di performance ambientale, puntando alla riduzione dei costi e al miglioramento, continuo, delle condizioni ambientali del sito e del contesto ove il sito è ubicato.

Avvocato Fiore, in un tentativo di estrema sintesi, quali sono gli spunti operativi emersi nel corso del convegno?

La prima necessità operativa che le aziende avvertono è quella di mitigare il rischio sanzionatorio.

Tale obiettivo, oltre che con un efficace sistema di procedure e l'adozione del Modello ex d.lgs. n. 231 del 2001 accuratamente redatto, è raggiungibile attraverso un puntuale “progetto deleghe”. Non solo deleghe, quindi, ma un progetto, per pianificare le responsabilità in azienda dal vertice fino alla base, attraverso:

  • l'analisi delle norme statutarie,
  • la redazione di deleghe gestorie, per individuare le responsabilità all'interno degli organi di amministrazione,
  • per poi "scendere" con le deleghe e sub-deleghe di funzioni verso i livelli maggiormente operativi.

Sono molteplici i progetti deleghe seguiti dal nostro studio in questi anni, non solo mediante la mera redazione tecnica dei testi di deleghe, ma soprattutto attraverso l'accompagnamento dei deleganti e dei delegati nella comprensione e condivisione di tale nuovo e imprescindibile strumento di compliance aziendale.

In occasione del convengo abbiamo quindi messo a disposizione la nostra esperienza, i limiti riscontrati e le norme attuabili, cercando di trasmettere soprattutto le opportunità che si nascondono dietro a un buon progetto deleghe, per gestire le responsabilità in azienda, chiarire le regole gestionali e limitare il rischio sanzionatorio, così elevato sotto il profilo della normativa ambientale.

Dott. Sottani, la complessità del sistema di gestione dei rifiuti riguarda anche l’applicazione delle sanzioni. Ce ne può parlare?

L’apparato sanzionatorio repressivo in materia di normativa ambientale risente della difficoltà di conciliare istituti di origine comunicatoria con la normativa specifica nazionale.

Ciò comporta, per un verso, problemi di adeguamento della normativa interna e, dall’altro, ambiguità nell’individuazione della fattispecie penale.

Ulteriore conseguenza dell’ambiguità del lessico normativo consiste nella difficoltà per l’interprete, a cominciare dagli organi della polizia giudiziaria, di dare attuazione alla disciplina e, dall’altra, per il cittadino di uniformarsi ai precetti di legge.

Tra le innovazioni di maggiore interesse va sicuramente collocata l’avvenuta introduzione della normativa ambientale tra i reati che costituiscono il presupposto per l’applicazione della disciplina di cui al d.lgs. n. 231 del 2001.
Peraltro, nonostante sia trascorso quasi un ventennio dall’entrata in vigore di tale decreto, ad oggi la prassi giudiziale stenta ad adottare in maniera efficace  le potenzialità di questa normativa, soprattutto con riferimento alle misure cautelari idonee a evitare che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze.

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