30 Ottobre 2019

Condono edilizio del 1994: il silenzio assenso vale anche nel caso di immobili soggetti a vincolo?

ALESSANDRO MAZZA

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Abstract

Ad oggi in Italia restano ancora inevase moltissime richieste di condono edilizio presentate secondo le diverse leggi in materia susseguitesi nel tempo (l. n. 47 del 28 febbraio 1985, l. n. 724 del 23 dicembre 1994 e l. n. 326 del 24 novembre 2003).

Il problema principale che si pone con particolare riguardo alle pratiche ancora inevase riguarda la difficoltà delle Amministrazioni competenti a riscontrare tali istanze. Il silenzio delle Amministrazioni sulle istanze di condono, specie dopo il decorso di lunghissimo tempo, può essere considerato equivalente all'assenso?

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La normativa del 1994

Il legislatore si era probabilmente posto il problema: infatti nelle disposizioni di cui alle citate tre leggi sul condono aveva previsto diversi meccanismi per la formazione della fictio iuris del silenzio assenso e/o diniego.

La legge n. 724 del 1994 aveva previsto, a differenza della legge n. 47 del 1985, una particolare forma di silenzio assenso. A tal proposito l’art. 39, comma 4, stabiliva senza distinzioni di sorta: “decorso del termine di un anno e di due anni per i comuni con più di 500.000 abitanti dalla data di entrata in vigore della presente legge senza l'adozione di un provvedimento negativo del comune, equivale a concessione o ad autorizzazione edilizia in sanatoria”.

A stretto rigore, la disposizione non ha operato alcuna distinzione tra le aree sottoposte a vincolo e aree non sottoposte a vincolo, facendo sempre decorrere il silenzio assenso “dalla data di entrata in vigore della (…) legge” di condono.

Sul punto però la giurisprudenza non ha sempre ritenuto che il termine per la formazione del silenzio assenso dovesse decorrere dalla data dell’entrata in vigore della legge; per i procedimenti pluristrutturati nei quali occorre l’emanazione di un parere (e/o altro atto) da parte di un’amministrazione preposta alla tutela di vincoli, normalmente si afferma che occorra un parere espresso e che il silenzio non assuma valore di assenso (Cons. Stato, sez. V, 27.5.2014, n. 2696). Tale interpretazione della norma non mi sembra convincente. Il medesimo art. 39 al comma 8, ai fini penali, stabilisce: “nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai sensi delle leggi 1° giugno 1939, n.1089, 29 giugno 1939, n. 1497, e del decreto legge 27 giugno 1985, n.312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n.431, il rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, estingue il reato per la violazione del vincolo stesso”.

Ne consegue che l’ottenimento di un provvedimento espresso da parte dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo risulta avere unicamente l’effetto di estinguere il reato e non già quello di consentire il decorso del termine per la sanatoria sul piano amministrativo, che, dunque, decorre sempre dalla data di entrata in vigore della legge, come prescrive il chiaro tenore della norma.

 

La normativa del 2015

D’altra parte, a mio avviso si potrebbe ritenere comunque raggiunto il silenzio assenso sull'istanza di parere all'Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Con l’art. 17 bis della legge n. 241 del 7 agosto 1990 (inserito dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124) è stato introdotto il c.d. silenzio assenso orizzontale, ovvero il silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici. In forza di tale disposizione, in tutti i procedimenti in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e/o di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni e/o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento e, una volta inutilmente decorso detto termine, il concerto o il nulla osta s’intende acquisito.

Il Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 23 giugno 2016 (conf.: note circolari n. 27156 del 10.11.2015 e n. 21892 del 20.7.2016 del MIBACT), ha statuito che, soggettivamente, la norma si applica alle Regioni, agli enti locali, agli Organi politici, alle autorità indipendenti e ai gestori di beni o servizi pubblici e, oggettivamente, agli atti normativi ed ai provvedimenti all'interno di procedimenti relativi ai c.d. interessi sensibili, ivi compresi i procedimenti relativi ai beni culturali e paesaggistici (così come specificato anche dal comma 3 della disposizione; sul punto v. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, n. 3099 del 9.4.2019) e alla salute dei cittadini.

La ratio di accelerazione procedimentale che sta alla base della norma sussiste relativamente a tutti i procedimenti amministrativi, anche se pendenti alla data di entrata in vigore della nuova disposizione. Riprendendo una giurisprudenza amministrativa ormai consolidata, “nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la Pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici” (Cons. Stato, sez. V, 18.3.2019, n. 1733; conf.: Cons. Stato, sez. V, 10.4.2018, n. 2171; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 30.10.2017, n. 1294).

Pertanto la nuova regola generale del silenzio assenso c.d. orizzontale a mio avviso deve trovare diretta applicazione a tali procedimenti, anche qualora gli stessi fossero ancora in corso all'entrata in vigore dell’art. 17 bis (22 giugno del 2015).

Quanto al termine per la formazione di tale silenzio assenso, per i soli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini l’art. 17 bis lo ha fissato (comma 3) in novanta giorni, decorrenti dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente.

Vero è che nella norma dell’art. 17 bis manca una disposizione transitoria, diretta a disciplinare la sua applicazione ai procedimenti in corso. Ma ritengo che, per un principio di ragionevolezza, la si possa interpretare nel senso che, quantomeno, il termine rispetto a cui considerate maturato il silenzio assenso possa essere fatto decorrere dalla data di entrata in vigore di tale regola innovativa (22 giugno 2015).

 

Conclusioni

Alla luce del contesto normativo, ad oggi ritengo sostenibile che il silenzio assenso sulle domande di condono ex art. 39 L. 724/1994 valga anche nel caso di immobili sottoposti a vincolo, con il decorso di uno/due anni (a seconda della dimensione dei Comuni) dalla data di entrata in vigore di tale legge. Comunque, ritengo quantomeno che possa ritenersi formato il silenzio assenso da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo con il decorso di 90 giorni da che il Comune abbia richiesto a tale Autorità di esprimersi.

 

 

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