11 Settembre 2018

La figura dell’avvocato Azzeccagarbugli e Il Padrino riqualificano l’avvocatura

LUCIO BONGIOVANNI

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Abstract

Due screditati personaggi della letteratura e del cinema si rivelano, in realtà, testimonials preziosi in favore dell'avvocatura e della nobiltà delle sue prerogative.

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Uno dei problemi della classe forense è la bassa reputazione di cui gode e che anche Alessandro Manzoni ha contribuito a costruire, descrivendo - con impietosa cattiveria - uno dei personaggi che più ha squalificato la categoria degli avvocati. Mi riferisco all’avvocato Azzeccagarbugli.

Dico subito che, secondo me, Azzeccagarbugli gode di una fama immeritata.

La colpa imperdonabile del nostro avvocato deriverebbe dall’aver rifiutato la difesa di Renzo appena compreso che la controparte era don Rodrigo, mentre inizialmente il buon legale aveva creduto che Renzo fosse uno dei "Bravi" del signorotto.

In realtà, la chiave per comprendere il nostro sottovalutato personaggio si trova nelle pieghe del racconto e cioè nell’episodio in cui fra’ Cristoforo fa visita a don Rodrigo. Nella sala da pranzo chi trova? Ma certamente anche lui, il nostro avvocato, invitato tra gli invitati. Dal che si deduce che Azzeccagarbugli fosse l’avvocato della holding del signorotto, difendesse cioè i suoi molteplici interessi.

E allora tutto si illumina. L’avvocato Azzeccagarbugli non ha potuto tutelare i diritti di Renzo perché, se ciò avesse fatto, avrebbe causato un conflitto d’interessi ai danni di un suo precedente cliente. L’eventuale difesa di Renzo, cioè, sarebbe stata incompatibile con quella di altri precedenti assistiti del professionista e ciò è espressamente vietato dalle norme deontologiche.

Bene ha fatto, quindi, Azzeccagarbugli a liquidare Renzo dopo aver compreso la natura della controversia e i soggetti coinvolti. Non avrebbe potuto fare altrimenti, da buon professionista.

Peraltro, risulta che abbia pure restituito a Renzo i celeberrimi capponi e, quindi, non ha conseguito alcun vantaggio economico dall’incontro. È stato onesto e correttissimo. Un vero esempio per tutti i suoi colleghi.

Il fatto è - io credo - che Manzoni sia caduto nell’equivoco in cui incorre tanta gente. Quello, cioè, di valutare un avvocato sulla base dei clienti che difende, come se sia meno etico difendere un ricco piuttosto che un povero. Ma, se difendi una banca, non per questo sei meno rispettabile del collega che assiste un consumatore.

E allora dobbiamo riconoscere che è possibile imparare qualcosa da tutti, addirittura da don Vito Corleone, il Padrino, il re incontrastato di tutti i mafiosi di Hollywood.

Ma come? si potrebbe dire. Cosa può insegnarci un mafioso in tema di giustizia?
Eppure, anche don Vito Corleone ci può dire qualcosa di molto prezioso. Un primo consiglio lo traiamo da un’abitudine alla quale don Vito si è sempre attenuto scrupolosamente: don Vito non faceva nulla senza prima aver consultato il suo avvocato, Tom, che considerava uno di famiglia.

Si potrebbe obiettare: “per forza, un mafioso deve sempre essere affiancato da un avvocato”.

Ecco, questo è l’errore di prospettiva nel quale cadono in molti.

Generalmente, si ricorre a un legale solo quando è ormai troppo tardi, ignorando che spesso la fase patologica di una controversia è frutto di una non corretta gestione della fase fisiologica di un rapporto che è degenerato proprio perché mal gestito.

E questo accade soprattutto perché molti dei problemi che sorgono nella vita di relazione sono il frutto di un superficiale ottimismo che spesso colora i nostri comportamenti; non ci piace problematizzare e amiamo così convincerci che andrà tutto bene.

Il bello è che questo errore abbiamo imparato a non commetterlo per quel che riguarda la nostra salute. Ben sappiamo, cioè, che dobbiamo curarci quando siamo ancora sani. Chissà perché, però, questo stesso concetto non lo applichiamo alla nostra vita di relazione, come se questa debba necessariamente filare liscia.

E poi, l’insegnamento di don Vito Corleone opera ad un livello ancor più profondo. Don Vito ha compreso che il diritto non può essere degradato a mera tecnica giuridica, come troppo spesso accade oggi. Questo è grave, perché rischia di mortificare uno dei tratti più nobili del pensiero umano. Il diritto si colloca sullo stesso livello della letteratura e della filosofia e con essi deve continuare a dialogare se non vuole smettere di respirare, riducendosi a mera faccenda comprensibile solo da specialisti (nel migliore dei casi), o da maneggioni (tante altre volte).

Don Vito Corleone ha compreso che il rapporto col proprio avvocato è molto più efficace se caratterizzato da sintonia profonda. Solo così sarà possibile instaurare una collaborazione professionale proficua e duratura, perché solo così la comunicazione tra avvocato e assistito sarà reale, parleranno la stessa lingua. Questo non è possibile se si vede nell’avvocato soltanto un tecnico, una persona esperta in una determinata materia, ma di cui non conosci sostanzialmente nulla, non sai che tipo di persona è, come vede il mondo.

Non si tratta di faccende irrilevanti: la tutela che potrai ricevere da un avvocato sarà tanto più efficace, quanto più riuscirai a creare con lui una sintonia autentica. Solo così il tuo avvocato sarà in grado di vedere ciò che la maggior parte degli altri non vedono, solo così sarà capace di leggere le situazioni in maniera non banale. Questo è il vero valore aggiunto di un avvocato. E riguardo a questa cosa qua, la mera tecnica giuridica non c’entra affatto.

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