14 Agosto 2018

Industria 4.0: dove andrà il diritto del lavoro?

OLIMPIO STUCCHI

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Abstract

Stiamo vivendo la Quarta Rivoluzione Industriale, caratterizzata da una sempre maggiore presenza del digitale in ogni attività e processo produttivo.

Le novità, attuali e future, porteranno ad una modifica sostanziale della prestazione di lavoro, focalizzata non più su tempo/lavoro ma su lavoro/risultato.

Il diritto del Lavoro come reagirà a questa vera e propria rivoluzione copernicana?

* * *

La definizione di Industria 4.0 nasce in Germania nel 2010, dove fu utilizzata per la prima volta per identificare i cambiamenti tecnologici nei processi produttivi, che erano in atto per via della progressiva diffusione di strumenti ed applicazioni digitali nel settore industriale.

Oggi si parla indifferentemente di Industria 4.0 o di Quarta Rivoluzione Industriale, poiché, pur dopo pochi anni, siamo già arrivati ad un quid pluris applicativo, ulteriore rispetto a quella che era la versione iniziale, un “vero e proprio paradigma” in base al quale, partendo da Internet e da tutte le sue applicazioni, ogni azienda, non solo industriale, può procedere a ripensare attività e processi.

E così, mentre Manifattura additiva, Stampa 3D e Robotica collaborativa già oggi sono state introdotte nei processi produttivi e, quindi, nelle aziende industriali, Internet of Things, Cloud Computing, Big Data - Open Data e Analytics possono trovare applicazione sia nelle tipiche funzioni aziendali di servizio, che sono presenti in tutte le imprese, sia nelle filiere operative di attività non industriali.

Strumenti digitali già oggi trovano applicazione nella Supply Chain di aziende della Grande Distribuzione, ma potrebbero, e auspicabilmente dovranno, trovare sbocco anche in Ospedali, Banche, Aziende del Turismo e, perché no, anche nella Pubblica Amministrazione, ove pure un’area ulteriore potrebbe esservi nel controllo dei processi.

Digitalizzazione e mondo del lavoro

In questo quadro di grandi cambiamenti, odierni e futuri, anche il mondo del lavoro viene, ed ancor più verrà, ad essere toccato in profondità e con modalità virtuose.

Ma non tutti.

Ad oggi, già si può pensare che una parte consistente dei lavori esistenti potrebbe non essere influenzata dalle novità digitali (si parla di circa il 50/60% dei posti di lavoro, ma il condizionale è sempre d’obbligo) e riguardo a queste posizioni gli schemi normativi e di prassi in vigore potrebbero essere compatibili e restare in vita, qualora non si voglia procedere ad una rivisitazione realmente progressista.

Per la parte restante, invece, è in atto una rivoluzione copernicana, nota a tutti gli addetti ai lavori.

Alcune tecnologie digitali e la loro applicazione nell’impresa rendono già possibile il lavoro a distanza e la flessibilità di tempo e luogo della prestazione, lasciata però alla scelta del lavoratore che di sovente si incentra su esigenze di bilanciamento vita/lavoro.

In prospettiva, però, sarà proprio la progressiva digitalizzazione di comparti e ruoli collegati ad imporre una prestazione principalmente focalizzata sui risultati, scissa cioè da orario e luogo di lavoro, realizzabile a distanza proprio in ragione delle nuove tecnologie.

La progressiva introduzione del digitale renderà, quindi, il lavoro sempre più fluido e sganciato dalle connotazioni rigide attuali di tempo-luogo-modalità di lavoro, lontano dal classico schema del lavoro subordinato e dalla equazione “salario=ore lavoro”.

Il lavoro nell’era digitale dovrebbe, perciò, essere connotato da quelli che oggi sono i tratti tipici del self employment, nella cui direzione dovrà quindi orientarsi anche il diritto del lavoro.

Assenza di vincoli spazio-temporali, orientamento e valutazione per risultati, connessione e disconnessione digitale, saranno le questioni aperte del futuro.

La rivoluzione digitale toccherà, poi, anche la realtà delle relazioni industriali.

La contrattazione collettiva centralizzata ed i rigidi sistemi di inquadramento appaiono già inadatti ai modelli in divenire, come anche il lavoro propenso al risultato confligge con pratiche sindacali basate sulla contrapposizione di interessi conflittuali.

Le relazioni industriali dovranno, quindi, orientarsi verso obiettivi comuni e logiche di condivisione impresa/lavoratori, che necessariamente potranno trovare una migliore cura ed attuazione su base aziendale, piuttosto che sul piano della contrattazione nazionale sin qui conosciuta.

Molto, però, dipenderà dalla velocità di pervasione digitale nel mondo delle imprese e dalla lungimiranza e capacità di tutti gli attori di mettersi in linea con le esigenze e le sfide di questa nuova epoca.

Il diritto, in Italia, di solito viene a regolare fenomeni già in essere: vedremo se così sarà anche rispetto al diritto del lavoro e delle relazioni industriali nell’era digitale.

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