21 Maggio 2020

L'esecuzione collettiva nella nuova disciplina della class action

FEDERICO RESTANO

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Abstract

Tra le novità della rinnovata disciplina dell’azione di classe vi è la previsione di specifiche norme in materia di esecuzione. L’elemento maggiormente caratterizzante di tali disposizioni è rappresentato dalla scelta di affidare, in via esclusiva, al rappresentante degli aderenti la legittimazione a promuovere il recupero coattivo degli importi dovuti dall’impresa soccombente.

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Premessa

L’azione di classe[1], come novellata dalla Legge 12 aprile 2019, n. 31, prevede una specifica disciplina per l’esecuzione forzata collettiva dettata dall’art. 840-terdecies c.p.c., che demanda al rappresentante comune degli aderenti una legittimazione attiva straordinaria ed esclusiva. Per effetto dell’art. 8, comma 5, D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (convertito dalla Legge 28 febbraio 2020, n. 8), l’entrata in vigore di tale norma è stata differita al 19 novembre 2020.

 

Il titolo esecutivo

L’azione esecutiva collettiva può essere promossa (i) in forza del decreto di accoglimento delle istanze presentate dai singoli aderenti (art. 840-octies, comma 5 c.p.c.), nonché, secondo alcuni Autori, (ii) in forza dell’accordo di natura transattiva formatosi ai sensi dell’art. 840-quaterdecies c.p.c.

Il decreto di accoglimento, che chiude la fase c.d. di adesione e con il quale il giudice delegato condanna «il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute», è espressamente qualificato titolo esecutivo dall’art. 840-octies, comma 5, c.p.c. Come si evince dall’art. 840-undecies c.p.c., il quale specifica che l’eventuale impugnazione del decreto non ne sospende l’esecuzione, e dall’art. 840-terdecies, comma 2, c.p.c., il quale menziona «provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora divenuti definitivi», il decreto di accoglimento è da ritenersi immediatamente esecutivo.[2]

Su istanza del resistente il Tribunale, chiamato a decidere il merito dell’impugnazione del decreto, può disporre la sospensione dell’esecuzione al ricorrere di «gravi e fondati motivi» (art. 840-decies c.p.c.). Si tratta di una formula che riprende la lettera dell’art. 283 c.p.c. in materia di sospensione della provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo grado e potrà pertanto farsi riferimento ai principi enunciati al riguardo dalla giurisprudenza. Nel silenzio della legge, pare inoltre ammissibile – anche sulla scorta della giurisprudenza in materia di opposizione a decreto ingiuntivo – una sospensione parziale del titolo esecutivo.

Un effetto sospensivo dell’esecuzione potrebbe altresì verificarsi allorché il giudice dell’impugnazione della sentenza (art. 840-sexies c.p.c.), che abbia accolto la domanda del soggetto che ha promosso l’azione di classe, ne disponga la sospensione.[3]

Come accennato, occorre domandarsi se la procedura esecutiva collettiva possa essere promossa anche sulla scorta del titolo negoziale formatosi ai sensi dell’art. 840-quaterdecies c.p.c. La norma prevede (i) una forma di accordo concluso prima della sentenza di accoglimento (art. 840-sexies, comma 1, c.p.c.) e (ii) una forma di accordo concluso successivamente alla stessa, negoziato tra il rappresentante comune e il resistente ed approvato dal giudice delegato (art. 840-quaterdecies, comma 2, c.p.c.).[4] Solo al secondo accordo (ma non al primo) la legge attribuisce espressamente portata di titolo esecutivo. Alcuni autori hanno dunque ritenuto che sia possibile applicare, per analogia, le disposizioni relative alla procedura esecutiva collettiva anche all’esecuzione forzata promossa in forza degli accordi conclusi dopo la pronuncia della sentenza di accoglimento.[5]

 

La disciplina dell’azione esecutiva collettiva

L’azione esecutiva collettiva viene promossa nelle forme ordinarie dettate dal codice di rito per l’esecuzione forzata. Non pare essere stato, pertanto, introdotto un nuovo genere di procedura esecutiva, essendo state previste solamente alcune particolari disposizioni applicabili allorché il titolo esecutivo sia ottenuto all’esito di un’azione di classe.[6]

Il titolo esecutivo, come detto, è rappresentato dal decreto che chiude la fase di adesione, a mezzo del quale il Giudice condanna «il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute»: dunque, nella pratica, l’azione esecutiva si svolgerà nelle forme del procedimento per espropriazione ovvero – anche se l’ipotesi appare residuale – per consegna e rilascio, ove vi sia la condanna dell’impresa resistente alla consegna «delle cose dovute». Occorrerà, dunque, procedere alla notificazione del titolo esecutivo, munito di formula esecutiva, e del precetto.[7] Il procedimento proseguirà secondo le regole dettate dal titolo II, del libro III del codice di rito.

La legittimazione a promuovere l’azione esecutiva è riconosciuta, in via esclusiva, al rappresentante comune, cui è dunque attribuita una legittimazione straordinaria in executivis, con espresso divieto di attivazione esecutiva del titolo ad opera degli aderenti; la sospensione della legittimazione degli aderenti viene meno solo a seguito del decreto di chiusura della fase di adesione ex art. 840-quinquiesdecis, ultimo comma, c.p.c.[8]

I poteri del rappresentante comune, per poter essere esercitati, richiedono la preventiva autorizzazione del giudice delegato[9] e si estendono anche ai procedimenti di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi.

Le somme ricavate in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi, ma non ancora definitivi, devono essere accantonate ex art. 840-terdecies, comma 2, c.p.c.; l’accantonamento non pare riguardare direttamente la procedura esecutiva, che si concluderà con l’assegnazione al rappresentante comune del ricavato, ma l’appendice distributiva della fase di adesione; ciò significa che il giudice dell’esecuzione assegnerà il ricavato al rappresentate comune, il quale, prima di distribuire gli importi dovuti agli aderenti, dovrà tuttavia attendere il passaggio in giudicato dei provvedimenti favorevoli al ricorrente e agli aderenti.

 

Il compenso del rappresentante comune

Il rappresentante comune può giovarsi – anche in sede esecutiva – di alcune disposizioni di particolare favore:

  • per il recupero coattivo del compenso liquidatogli per la fase di adesione, egli può attivare autonomamente il decreto ex art. 840-quinquies c.p.c. e non è tenuto ad accantonare le somme ricavate, anche se ha agito in forza di provvedimento non ancora definitivo;
  • per la fase esecutiva, spetta al rappresentante comune un compenso liquidato dal giudice in misura non superiore al 10% della somma ricavata; la norma non chiarisce quale sia il giudice competente alla liquidazione (ponendosi l’alternativa tra il giudice delegato, che sopraintende alla fase di adesione, ovvero il giudice dell’esecuzione);
  • tanto il compenso per la fase esecutiva, quanto quello per la fase di adesione «hanno privilegio, nella misura del 75%, sui beni oggetto di esecuzione»; la norma introduce dunque una disposizione di natura sostanziale, senza tuttavia specificare la natura e il grado del privilegio; pare corretto ritenere che non trattasi di spese di giustizia assistite da prededuzione ai sensi dell’art. 2777 c.c., ma di un privilegio speciale che prenderebbe «grado dopo ogni altro privilegio speciale regolato dal codice» ai sensi dell’art. 2783 c.c.[10]

 

 

[1] Per una disamina complessiva della riforma cfr. Fiorio, La nuova azione di classe, passi in avanti verso gli obiettivi di accesso alla giustizia e deterrenza?, in IlCaso.it; Diana, Class action e inibitoria collettiva. Nuova disciplina, Milano, 2020; AA.VV., Class Action, commentario a cura di Sassani, Pisa, 2019; Giuggioli, L'azione di classe. Un nuovo procedimento collettivo, Padova, 2019; Dalfino, Azione di classe e azione collettiva inibitoria: nuovo testo e(art. 840-bis ss c.p.c.) e nuove (ma non solo) questioni, in Foro It., 2019, V, 381

[2] In caso di accoglimento dell’impugnazione, il codice non chiarisce se il provvedimento reso dal Tribunale in sede collegiale abbia portata sostitutiva del decreto impugnato.

[3] Cfr. le puntuali osservazioni di Donzelli, Le impugnazioni della sentenza e del decreto, in Class Action, cit., 205-206

[4] Cfr. per una disamina della fattispecie Giussani, Le composizioni amichevoli della lite nella nuova disciplina dell’azione di classe, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2019, 1291 e Donzellli, La conciliazione, in Foro It., 2019, V, 381.

[5] Cfr. Donzellli, La conciliazione, cit., 384 e Cossignani, Adempimento spontaneo ed esecuzione collettiva, in Class Action, cit., 183.

[6] Si noti che non tutti i titoli esecutivi che si formano nell’ambito dell’azione di classe sono soggette alle regole dell’azione esecutiva collettiva; non lo è, ad esempio, la sentenza con cui il Tribunale condanna il resistente al pagamento delle somme dovute al soggetto ricorrente, ossia al promotore dell’azione di classe (art. 840-sexies, lett. a) c.p.c.)

[7] In caso di azione promossa sulla scorta di un accordo transattivo, lo stesso dovrà essere integralmente trascritto nel precetto (art. 840-quaterdecies c.p.c.).

[8] Cfr. Amadei, L’esecuzione spontanea e collettiva degli obblighi del decreto di liquidazione di somme agli aderenti, in Foro It.,, 2019, V, 378, che affaccia dubbi in merito alla legittimità costituzionale del divieto.

[9] Il difetto di autorizzazione sarebbe – secondo Cossignani, Adempimento spontaneo ed esecuzione collettiva, cit., 190 – emendabile ex art. 182 c.p.c.

[10] Cfr. Cossignani, Adempimento spontaneo ed esecuzione collettiva, cit., 193.

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