05 Marzo 2020

Il Licenziamento torna a far paura anche dopo il Jobs Act

RICCARDO FRATINI

Immagine dell'articolo: <span>Il Licenziamento torna a far paura anche dopo il Jobs Act</span>

Abstract

Il licenziamento dopo l'avvento del cd. Jobs Act e la sentenza della Corte Costituzionale torna a far paura. Le imprese che licenziano ingiustificatamente possono essere condannate, a seconda dei casi, a pagare al lavoratore licenziato fino a 36 mensilità di retribuzione.

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Il Licenziamento Jobs Act è un'altra storia. Questo non vuol dire soltanto che le cose sono molto cambiate dal 2015 in avanti, ma che continuano a cambiare, e non in meglio per le aziende.

Essenzialmente, per un'impresa, i passaggi importanti sono 2:

  • Per gli assunti prima del 7 marzo 2015: c'era una volta l'art. 18 Stat. Lav., anche se nella sua forma moderata dalla Riforma Fornero. Essenzialmente e semplificando il rischio per un'impresa che voleva licenziare era di dover pagare tra 12 e 24 mensilità di retribuzione.
  • Per gli assunti dopo il 7 marzo 2015: c'era una volta il Jobs Act con le tutele crescenti, ma poi la Corte Costituzionale ha chiarito che la sola anzianità non era un criterio sufficiente a determinare l'indennità di licenziamento. Per cui ad oggi, per gli assunti dopo questa data il rischio per un'impresa che intenda effettuare un licenziamento va da 6 a 36 mensilità di retribuzione.

Nelle forbici indicate, il giudice può valutare liberamente la condanna da comminare, tenendo conto di alcuni criteri, con onere di specifica motivazione:

  • Anzianità del lavoratore,
  • Numero dei dipendenti occupati,
  • Dimensioni dell'attività economica,
  • Comportamento delle parti,
  • Condizioni delle parti.

 

Lavoratori a termine e Jobs Act

Non vale come Licenziamento Jobs Act anche se il lavoratore era a tempo determinato (a termine), ma il datore di lavoro lo aveva apposto illegittimamente:

  1. Più di 24 mesi di rapporto a termine;
  2. Secondi 12 mesi senza causale giustificativa;

Non vale come Licenziamento Jobs Act nel senso che si intende che il rapporto precedente si doveva considerare a tempo indeterminato a causa dell'illegittima apposizione del termine, e di conseguenza il rapporto prosegue senza interruzione.

Il rischio non è economico, ma solo di dover proseguire il rapporto con il lavoratore e pagargli le retribuzioni arretrate fino ad un massimo di 12 mensilità.

Dopo la conversione del rapporto, all'eventuale licenziamento ingiustificato, successivo alla sopravvenuta illegittimità del termine, si applicheranno le tutele elencate nel paragrafo precedente a seconda che l'assunzione sia precedente o successiva al 7 marzo 2015, e quindi di nuovo:

  • Assunti prima del 7 marzo 2015: art. 18 Stat. Lav., nella forma moderata dalla Riforma Fornero. Rischio di dover pagare tra 12 e 24 mensilità di retribuzione.
  • Assunti dopo il 7 marzo 2015: Jobs Act. Rischio di dover pagare da 6 a 36 mensilità di retribuzione.

 

Cosa può fare un'impresa per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla Legge?

I principi anzidetti si applicano per i licenziamenti ingiustificati, sia che siano motivati da ragioni inerenti al rapporto di lavoro (il lavoratore fa qualcosa che non dovrebbe fare), sia che siano dipendenti da ragioni oggettive (riduzione dell'organico, soppressione del posto).

Le principali cautele da adottare sono tutte correlate alle modalità di attuazione di una procedura di licenziamento. Le aziende ovviamente possono scegliere di condurre da sole queste procedure, ma l'ausilio di un consulente nella costruzione di un regolamento aziendale che poi vada ad essere attuato in seguito quando sorgono problemi è un valido ausilio che può scongiurare molte conseguenze dannose di azioni condotte senza il sostegno di professionalità del settore.

I primi accorgimenti sono:

  • Redigere un codice disciplinare che sia coerente con le reali esigenze dell'impresa;
  • Se si tratta di una riorganizzazione aziendale, progettare con cura l'operazione, in modo tale che risulti credibile e coerente ad un esame soggettivo;
  • Condurre con le dovute cautele e procedure il procedimento disciplinare, che consiste in quell'insieme di atti volti a contestare al lavoratore la violazione di una regola di comportamento aziendale e nelle successive difese del lavoratore stesso;

Spesso le imprese si avvalgono del sostegno di un legale solo dopo che questi passaggi sono stati già compiuti, con il risultato che ci si trova a doversi difendere dal ricorso del lavoratore senza avere alle spalle le necessarie e corrette procedure che valgano a giustificare quanto compiuto.

Nel contenzioso sul licenziamento infatti si avrà riguardo principalmente ai seguenti elementi:

  • Se il fatto dedotto o contestato nel licenziamento è verosimile (non pretestuoso),
  • Se il fatto dedotto o contestato nel licenziamento è specifico (non generico),
  • Se il fatto dedotto o contestato nel licenziamento è contrario ad una direttiva o una regola precedentemente chiarita dal datore di lavoro (non è lecito),
  • Se il lavoratore poteva fare qualcosa per evitarlo (colpevolezza),
  • Se è prevista una sanzione applicabile alternativa al licenziamento per il fatto dedotto,

Ovviamente altri elementi sono rilevanti a seconda di quale fatto sia stato dedotto come ragione del licenziamento ed è necessario un accertamento caso per caso.

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