24 Agosto 2020

Il rimborso delle addizionali provinciali sulle accise dell’energia elettrica 2010-11

ANDREA GRECO

Immagine dell'articolo: <span>Il rimborso delle addizionali provinciali sulle accise dell’energia elettrica 2010-11</span>

Abstract

Il rimborso delle addizionali provinciali sulle accise dell’energia elettrica illegittimamente corrisposte nel biennio 2010 – 2011 dovrà essere richiesto dall’utente finale esclusivamente al soggetto venditore in sede civile mediante azione di ripetizione dell’indebito nel termine di dieci anni dalla data di pagamento.

***

La vicenda delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica

Con due sentenze gemelle della fine dello scorso anno, rispettivamente la n. 27099 e la n. 27101 del 23 ottobre 2019, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sulla questione delle addizionali provinciali alle accise sull’energia elettrica istituite ai sensi dell’art. 6, co. 3, d.l. n. 511 del 1988 e pagate nelle bollette del biennio 2010-2011; dette addizionali furono ritenute illegittime per contrasto con la Direttiva 2008/118/CE e, quindi, abolite a partire dal 2012 generando nel corso dei successivi anni un timido contenzioso volto alla richiesta di ripetizione da parte degli utenti finali delle somme indebitamente corrisposte.

Secondo alcuni studi di Confindustria, infatti, la “spesa massima che un’azienda potrebbe aver sostenuto è di circa € 27.000,00 all’anno” ed evidentemente la prospettiva di recupero di una qualche somma alla disponibilità della propria azienda, pur considerando le differenze di aliquota pagata che variava da Provincia a Provincia con un importo compreso tra 0,0093 €/kWh e 0,0114 €/kWh sullo scaglione di consumo mensile massimo su cui veniva addebitata l’addizionale (200.000 kWh), aveva spinto taluni utenti a provare la strada della richiesta di rimborso.

 

La natura civilistica della domanda di rimborso alla luce delle sentenze della Suprema Corte 27099 e 27101 del 23 ottobre 2019

Le due sentenze menzionate contribuiscono a far chiarezza sulla natura prettamente civilistica dell’azione da intraprendere e sul legittimato passivo alla domanda stabilendo il principio secondo il quale “il consumatore finale, al quale siano state addebitate le addizionali sul consumo di energia elettrica ai sensi dell'art. 6, co. 3, d.l. n. 511 del 1988, conv. dalla l. n. 20 del 1989 (applicabile "ratione temporis"), può esercitare l'ordinaria azione di ripetizione dell'indebito unicamente nei confronti del fornitore, mentre soltanto quando alleghi e dimostri le circostanze che rendano impossibile o eccessivamente difficile detta azione con riguardo alla situazione del fornitore può eccezionalmente chiedere il rimborso direttamente all'Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività della tutela. (Cass. Civ. Sez. trib. - 23/10/2019, n. 27099).

Gli utenti finali, siano essi professionisti o imprese, non possono dunque agire nei confronti dell’Amministrazione Doganale come era accaduto in passato – si veda in tal senso la vicenda narrata dalla sentenza della Cassazione civile a Sez. un. n. 33687 del 31/12/2018 – ma al contrario sono legittimati a richiedere il rimborso di quanto illegittimamente corrisposto al soggetto venditore che a suo tempo ribaltò l’accisa in bolletta e l’azione da esperire esclusivamente in sede civile è quella di ripetizione dell’indebito.

Il consumatore finale, infatti, “anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle accise indebitamente corrisposte” ma può “esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore” (Cass. Civ. sez. trib. - 23/10/2019, n. 27099).

           

I presupposti dell’azione civile e le prospettive future

Le conseguenze di quanto sin qui esposto ci paiono interessanti.

Ed infatti, atteso che il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito è decennale e che il periodo “incriminato” è il biennio 2010 – 2011 appare innanzitutto evidente che i soggetti interessati dovranno agire rapidamente, verosimilmente anche a mezzo del c.d. rito sommario civile ex art. 702 bis c.p.c., onde evitare di vedersi dichiarare prescritte parti più o meno consistenti del rimborso.

Il presupposto affinché si possa agire in giudizio è, ovviamente, di aver correttamente conservato nella loro interezza le bollette pagate che costituiranno la prova, anche quantitativa, della domanda e che dalle stesse risulti l’addebito dell’addizionale provinciale alle accise sull’energia elettrica.

E’ anche bene rilevare che i venditori, che saranno tenuti a corrispondere il rimborso, potranno richiedere a loro volta la ripetizione delle somme all’Amministrazione Doganale solo a seguito di sentenza di condanna passata in giudicato.

In assenza di interventi legislativi è dunque prevedibile che i venditori pur pagando al termine dell’auspicabilmente favorevole giudizio di primo grado, siano costretti ad impugnare le eventuali sentenze favorevoli sino ad ottenere un giudicato sfavorevole della Suprema Corte per poter giustificare la richiesta di rimborso dall’Amministrazione Doganale.

Altri Talks