05 Settembre 2018

Società liquida e locazione: le nuove tipologie contrattuali

ROCCO PAOLO PUCE

Immagine dell'articolo: <span>Società liquida e locazione: le nuove tipologie contrattuali</span>

Abstract

Nel libro ‘L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy’, Jeremy Rifkin, l’autore del testo, già vent’anni fa, analizzava il fenomeno delle locazioni come il futuro dell’economia dei servizi di fronte a quella che era l’era del declino della proprietà materiale. L’autore del testo osservava la rapida metamorfosi che contraddistingue i nostri tempi e che, per molteplici ragioni, vede il passaggio dalla proprietà alla locazione intesa come semplice utilizzo dei servizi e degli oggetti.

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In una società in continua evoluzione, società che uno dei sociologi più importanti al mondo aveva definito ‘liquida’, la mera fruizione dei beni viene considerata una valida alternativa alla proprietà. Jeremy Rifkin osservava che oggi si è più disposti a considerare i beni come un servizio di cui usufruire piuttosto che come un prodotto di cui essere proprietari.

Il cambiamento della società ha cambiato anche il modo di pensare alla locazione degli immobili. Per chi ci ha preceduto, la locazione, era una scelta dettata dalla necessità, per noi è una scelta di opportunità: si sceglie di prendere in locazione un bene proprio perché non lo si vuole in proprietà e ciò in considerazione del fatto che la proprietà comporta una serie di costi in termini fiscali, di manutenzione, in termini di ancoraggio ad un progetto stabile che mal si concilia con l’incertezza del futuro.

La proprietà è incompatibile con la velocità che è collegata all’uso dei beni e dei servizi, al contrario la locazione segue proprio questa logica. Questo mutamento della società e del mercato in cui essa opera, è alla base della diffusione del contratto di locazione che è destinato, in futuro, sempre di più, ad assumere un ruolo centrale nell’economia.

Va rilevato che non è solo cambiata la società, ma anche il contratto di locazione che oggi si è arricchito di nuove tipologie. In particolare, lo logica del bene inteso come mero servizio, è ciò che ha portato alla diffusione dei contratti di locazione cosiddetti ‘complessi’, ossia dei contratti di service, di co-working, di shop sharing ed ancora, di nuove modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative, l’home working e lo smart working, destinate ad avere un importante impatto sul ricorso alla locazione.

I contratti di locazione complessa offrono all’utente la possibilità di usufruire non solo di uno spazio ma anche di una serie di servizi necessari per lo svolgimento della prestazione lavorativa (fax, internet, segreteria, sala riunioni etc). Accanto al contratto di service, vi è il contratto di co-working che offre uno spazio ed una serie di servizi in condivisione con altri utenti che in tale modo svolgono, negli stessi spazi, la propria attività lavorativa pur operando professionalmente in settori diversi. 

Lo sviluppo di tali tipologie contrattuali è in parte collegato ad un nuovo concetto di esecuzione lavorativa che abbandonando il retaggio della vecchia impostazione che vedeva come necessaria la presenza del lavoratore presso la sede dell’azienda oggi guarda alla sua prestazione come un risultato.

Ad agevolare questa nuova concezione ha contribuito il legislatore sia attraverso l’introduzione della disciplina del telelavoro e dello smart working, sia con la riforma dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori che ha riconosciuto al datore massima libertà in merito all’utilizzo di strumenti (pc, cellulari e tablet) che oltre ad essere necessari per lo svolgimento della prestazione, possono comportare un indiretto controllo sul lavoratore da parte del datore di lavoro.

L’home working e lo smart working, sono state pensate dal legislatore per conciliare lavoro e vita privata, ma sono utilizzate dalle aziende anche come policy per il contenimento dei costi.

Numerose sono le aziende con tanti dipendenti che a seguito di analisi di bilancio sui costi di locazione, nell’ambito di una politica di taglio delle spese, hanno posto in essere politiche che consentendo a ciascun lavoratore di lavorare da casa o in smart working, hanno portato a locare uno stabile al posto di due e ciò con notevoli risparmi di costi annui.  Alcune aziende, invece, grazie allo smart working sono riuscite ad acquisire professionalità in aree geograficamente lontane rispetto alla propria sede, riuscendo in tal modo a coltivare e sviluppare nuovi affari. Lo smart working, quindi, che è una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa va ‘a braccetto’ con il co-working e il contratto di service e sicuramente favorisce le relazioni pubbliche e la commistione tra diverse professionalità, ma al contempo è destinata ad avere un impatto sull’uso del contratto di locazione.

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