29 Ottobre 2021

La sostenibilità nell’impresa: una questione di governance

DARIO COVUCCI

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Abstract

La sostenibilità costituisce ormai un driver fondamentale nella creazione di valore a lungo termine, ispirando tanto decisioni imprenditoriali, quanto scelte strategiche di investimento. Tutelare l’ambiente (Environment) e promuovere il capitale umano (Social) sono obiettivi che, però, rischiano di rimanere sulla carta, se non sono presidiati da un efficiente sistema di Governance.

Un modello di “impresa sostenibile” non può prescindere, cioè, da una organizzazione interna che integri i valori della sostenibilità nell’azione dell’organo di auto-governo.

Vediamo, quindi, come la sostenibilità può assumere rilievo a livello corporate.

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La sostenibilità come valore costitutivo dell’impresa: i modelli di governance

Innanzitutto, è lo stesso organo amministrativo che può decidere di adottare un codice etico o aderire a un codice di condotta per conformare il proprio operato ad alcune linee-guida.

In tal senso, è paradigmatica l’ultima versione (2020) del Codice di Corporate Governance. Benché rivolto a società quotate, tale codice di autodisciplina definisce, per la prima volta, il successo sostenibile come “obiettivo che guida l’azione dell’organo di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”.

Ancor maggiore è l’impegno del management che adotti un modello operativo di alta performance nel perseguimento degli obiettivi ESG: tale è, ad esempio, la certificazione B-Corp, che richiede di valutare i risultati effettivamente conseguiti, su base periodica, da parte di enti terzi e secondo standard accreditati.

La sostenibilità può essere integrata ad un livello ancor più profondo: il “successo sostenibile” può infatti arricchire lo stesso oggetto sociale, per cui il tipico scopo lucrativo va contemperato con gli interessi di stakeholder, diversi dai soci e appartenenti a categorie più o meno definite (lavoratori, fornitori, clienti, o più in generale la collettività).

Introdurre obiettivi ESG nello statuto significa creare regole di condotta che vincolano gli amministratori attuali e futuri della società, rendendo permanente una visione di lungo termine nella prospettiva di una crescita sostenibile.

In ogni caso, l’adozione di obiettivi sostenibili impegna gli amministratori di una società ad adottare iniziative coerenti, apprestare assetti organizzativi adeguati, ed agire in modo informato e diligente nel rispetto di tutti gli interessi coinvolti: non solo la generazione di profitto per i soci, ma anche la realizzazione di un impatto positivo (o la riduzione di effetti negativi) per le categorie di stakeholder di cui si deve “tener conto”.

 

Gli strumenti di corporate governance per una impresa sostenibile

Una seria politica di engagement in campo ESG deve essere anche in grado di orientare e valutare l’operato degli amministratori.

L’organo ammnistrativo è investito della responsabilità di guidare la società verso uno sviluppo sostenibile; ma può anche delegare funzioni specifiche al comitato esecutivo, ad amministratori delegati o top managers.

L’efficienza dell’azione amministrativa può essere incentivata da un’accorta politica di remunerazione: anche il Codice di Corporate Governance (Art. 5) raccomanda di adottare regole chiare e predeterminate che bilancino la componente fissa e variabile dei compensi, commisurando la porzione variabile a livelli di performance misurabili in base a obiettivi sostenibili (c.d. metrics) e valutati periodicamente.

Sempre nell’ottica di assicurare continuità ed effettività nella creazione di valore, nella prassi sono si sono diffusi anche altri strumenti di corporate governance, fra loro complementari:

  1. regolamenti e procedure interne trasparenti, fondate sulla condivisione delle informazioni e il coinvolgimento, ove occorra, degli stakeholder;
  2. un piano industriale modellato su obiettivi sostenibili;
  3. clausole statutarie che predeterminano la percentuale di utili e/o riserve da destinare a finalità non for profit o che quantificano un impegno economico minimo in campo ESG;
  4. sistemi di monitoraggio della performance, anche mediante sessioni di auditing per valutare l’impatto generato;
  5. relazioni annuali o periodiche dell’organo amministrativo, come strumento di controllo e informazione in tema di obiettivi realizzati, ragioni del mancato o parziale conseguimento, costi e benefici, aspettative degli stakeholder.

 

La Società Benefit come modello ideale per l’impresa sostenibile

Infine, non si può fare a meno di osservare che ormai da alcuni anni nel nostro ordinamento esiste un modello societario che, per sua natura, sembra essere il “contenitore” o il “veicolo” ideale per realizzare un percorso di sostenibilità.

Introdotta dalla Legge 28.12.2015 n. 208, la Società Benefit assume come parte dell’oggetto sociale anche il perseguimento di finalità ideali e non lucrative in favore di persone, comunità e/o territori (dual mission); internalizza procedure di ESG compliance; e impone un modello di governance che affianca agli amministratori (con precisi doveri di diligenza e rendiconto) il “responsabile di impatto”, una figura di ausilio e di controllo nella gestione di progetti imprenditoriali e insieme sostenibili.

 

Uno sguardo al futuro

Quale che sia il modello di governance prescelto, un ruolo chiave sarà sempre più ricoperto dagli stakeholder. Il loro coinvolgimento nei processi decisionali è la vera sfida per l’impresa che voglia dirsi davvero “sostenibile”.

Già ora gli stakeholder possono condizionare, anche con forza, iniziative imprenditoriali.

E c’è da aspettarsi che, anche in Italia, casi di greenwashing saranno sottoposti alla giustizia civile, aprendo scenari, inesplorati, nel contezioso societario.

 

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