22 Ottobre 2019

Il whistleblowing: una scommessa vincente?

ELISABETTA BUSUITO

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Abstract

Con il termine whistleblower - letteralmente "soffiare il fischietto" - si intende uno strumento di contrasto alla corruzione, di matrice squisitamente preventiva, nato sotto l'influenza dell'esperienza anglosassone e statunitense. Ne parliamo in questo articolo.

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Introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 190/2012 e modificato, da ultimo, con la Legge n. 179 del 2017, è stato ab initio presentato dalla stessa ANAC[1] quale “nuovo modo” di intendere la Pubblica Amministrazione, essendo espressione di una precisa volontà di realizzare una “rivoluzione culturale” atta a coinvolgere direttamente il dipendente pubblico nella diffusione di modelli virtuosi di comportamento.

Il primo intervento legislativo in materia - risalente, come detto, al 2012 e riguardante in via esclusiva l’ambito pubblico - si realizzò modificando il TU del pubblico impiego inserendovi un nuovo articolo (il 54 bis); nel settore privato, invece, questo strumento fu introdotto con la legge n. 179/2017.

Tratto comune di queste novelle legislative è dato dalla previsione e puntuale disciplina della facoltà del dipendente (pubblico o privato, appunto) di segnalare ad una serie di soggetti indicati nelle norme testé citate delle condotte – di cui il medesimo sia venuto a conoscenza - non compliant rispetto alle procedure in essere, ancorché non necessariamente dotate di disvalore penale.

Quanto specificatamente all'ambito privato, la legge del 2017 presenta la peculiarità di essere stata inserita nell'alveo della più nota normativa in tema di responsabilità amministrativa degli enti (D. L.vo n. 231/201), circostanza questa che ha suscitato numerose critiche nei confronti del legislatore, “reo” di aver introdotto una disciplina eccessivamente settoriale.

Si rilevava, ad esempio, che, essendo stata la disciplina del whistleblower inserita mercé la introduzione di un comma 2 bis all'articolo 6 che ha ad oggetto i cd. modelli organizzativi, era giocoforza concludere che, essendo facoltativa la predisposizione stessa del Modello, egualmente facoltativa sarebbe stata la tutela stessa del whistleblower.

Comune è anche l’obiettivo di queste due discipline, consistente nella tutela del dipendente che decida di fare la segnalazione, tutela che si articola sotto un duplice profilo, e cioè:

1) come garanzia della riservatezza delle sue generalità;

2) come protezione da possibili azioni ritorsive che il dipendente potrebbe subìre nell’ambito lavorativo.

Per quanto attiene al primo aspetto, deve aversi a mente che questa tutela non può ritenersi assoluta; merita al riguardo ricordare una recentissima pronuncia della Suprema Corte Penale (Sez. VI, 31/1/2018, n. 9047) ove si è testualmente affermato che l’art. 54 bis non lascia spazio alcuno all’anonimato in caso di utilizzo della segnalazione nel procedimento penale, e, tanto meno, alla tutela della riservatezza delle generalità del denunciante.

In altri ambiti e, tipicamente, in quello disciplinare, ovvero nel caso di procedimenti dinanzi alla Corte dei Conti, la tutela della riservatezza del segnalante appare invece rafforzata rispetto al mondo penale.

Quanto, invece, al secondo profilo, il legislatore è stato molto stringente nell'individuare tutti gli strumenti con i quali realizzare ogni più opportuna forma di garanzia rispetto al dipendente.

Ed infatti, da un lato, l'articolo 54-bis vieta di sanzionare, demansionare, licenziare, trasferire o sottoporre ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, anche solo indiretti, sulle condizioni di lavoro (comma 1); è, inoltre, a carico dell'amministrazione pubblica o dell'ente dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa (comma 7); analogamente il comma 2-bis (quanto al settore privato) fissa il divieto di atti di ritorsione o discriminatori diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione (lett. c); anche in questo caso, sarà onere del datore di lavoro dimostrare che eventuali misure organizzative negative per il dipendente siano fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa (comma 2 quater).

A tale ultimo riguardo, è di qualche giorno fa la notizia che l’Anac ha, per la prima volta, irrogato una multa contro il responsabile di misure ritorsive attuate nei confronti di un whistleblower (dirigente di un comune campano); a valle di una articolata istruttoria, infatti, sono state ritenute del tutto pretestuose e, quindi, ritorsive le motivazioni a base delle contestazioni mosse ad un soggetto che aveva denunciato per abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio i componenti dell’Ufficio procedimenti disciplinari, di cui faceva a sua volta parte. Contestazioni per effetto delle quali lo stesso era stato sospeso dal servizio per oltre 20 giorni, con contestuale privazione della retribuzione.

Volendo fornire qualche spunto in termini di "diritto comparato", dal rapporto OCSE risalente al 2014 emerge che su 32 Paesi membri analizzati, soltanto 13 hanno adottato delle specifiche misure di tutela per il whistleblower.

Eterogenea appare anche la disciplina adottata: ed infatti, se circa la metà dei Paesi ha optato per la più ampia segretezza del segnalante, altri - fra i quali, come detto, l'Italia - hanno invece preferito sistemi di tutela che potremmo definire a geometria variabile.

Non è stata invece prevista in Italia una forma di remunerazione e/o di incentivazione per il segnalante, come accade, al contrario, in altri Paesi, ove la stessa è stata tipicamente delineata in termini percentuali rispetto al profitto che, grazie all'opera del whistleblower, si è riusciti a conseguire (ovvero ai costi che si è riusciti a risparmiare).

Passando, infine, a fare un bilancio sul whistleblowing a distanza di circa sette anni dall'entrata in vigore della normativa, possiamo affermare che il trend è certamente positivo ed in crescita progressiva.

È la stessa Anac, nel suo quarto rapporto annuale sul whistleblowing [2] a fornire alcuni utili dati che raccontano come le segnalazioni da parte dei whistleblower abbiano registrato una vera e propria impennata negli ultimi anni: si è passati, infatti, dalle 125 segnalazioni del 2015 alle 783 del 2018 che, già solo se raffrontate a quelle del 2017 (pari a 364), fanno registrare un aumento di oltre il 100%. Medesimo trend in crescita si registra anche nel 2019: dal rapporto dell'Anac emerge, infatti, che al 30 giugno del corrente anno le segnalazioni hanno già raggiunto le 439 unità.

Quanto all'area geografica di provenienza delle segnalazioni, esse sono giunte per il 51% da regioni del sud, per il 26% da quelle del nord e per il 20% dal centro; riguardo, invece, all'ente di appartenenza del soggetto segnalante, nel 2019 nel 38,3% dei casi si è trattato di regioni o enti pubblici, nel 27,7% di altre amministrazioni ed enti pubblici, nel circa 11,2% di casi di Aziende Ospedaliere e Istituzioni scolastiche, di formazione o ricerca e solo nell’8,4% di società pubbliche o private.

Solo una piccola percentuale delle segnalazioni ricevute in questi anni sono state, però, inoltrate alla Procura della Repubblica il che evidentemente significa che per la gran parte esse trattavano di condotte non aventi rilievo penale; cionondimeno l'esistenza di una radicale tendenza in aumento delle segnalazioni costituisce una risposta che possiamo certamente leggere in chiave positiva rispetto all’obiettivo che il legislatore si poneva.

In conclusione, siamo dinanzi ad una normativa in divenire che dovrà certamente essere rivista e implementata alla luce di quella che sarà l'esperienza pratica che si andrà man mano a realizzare essendo, come detto, questo un novum nel panorama normativo italiano; per ora possiamo, tuttavia, registrare favorevolmente il trend positivo in termini di risposta da parte di quei soggetti che - disponendo di informazioni utili allo scopo – hanno inteso metterle a disposizione di terzi perché si intervenisse per porre fine a comportamenti considerati come non compliant.

 

 

 

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