01 Aprile 2020

4cLegal Fact-Checking: la pubblicità per gli avvocati è vietata?

SUSANNA TAGLIAPIETRA

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Abstract

4cLegal Fact-Checking è la rubrica con cui verifichiamo, evidenze alla mano, alcuni luoghi comuni, stereotipi, credenze, interrogativi tipici del mercato e della comunità legale.

La pubblicità per gli avvocati è vietata?

La pubblicità come forma promozionale di un’attività economica non è vietata per avvocati e studi legali. Un controllo delle regole per sfatare un pregiudizio.

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Come le altre professioni liberali, l’avvocatura è soggetta a uno statuto che regola accesso, tenuta dell’albo dei professionisti e codice deontologico: la norma di riferimento è l'articolo 35 del Codice deontologico approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 22 gennaio 2016.

La norma è rubricata “Dovere di corretta informazione”: è chiaro fin da qui che il tema della pubblicità per gli avvocati si inquadra in un’ottica di informazione sulla propria attività.

A parte il dovere di indicare il titolo professionale, l’ordine di appartenenza, il nome e l’eventuale forma associativa dello studio, l’eventuale titolo accademico, e di non indicare il nome di un avvocato non organicamente collegato con lo studio, questo è il cuore della normativa.

“L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione

professionale.

L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale.”

Prima osservazione: la regola deontologica, a protezione del decoro della professione, non si interessa dei mezzi utilizzati per divulgare le informazioni, ma si occupa dei contenuti divulgati.

La norma è stata modificata con delibera del Consiglio nazionale forense del 22 gennaio 2016 che ha soppresso i limiti precedentemente in vigore sull’utilizzo dei siti web come l’obbligo di utilizzo di domini propri senza reindirizzamento e il divieto di riferimenti commerciali. Superata la diffidenza verso internet, le regole ora sono uniche quali che siano i mezzi di informazione, ivi compreso l’uso di piattaforme o social network.

Alcuni principi si possono sussumere sotto il generale dovere di veridicità: verità, trasparenza, dovere di non divulgare informazioni equivoche, ingannevoli, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale. Altre indicazioni fanno riferimento più direttamente al fair play professionale: dovere di correttezza e dovere di non divulgare informazioni denigratorie. Nel primo caso l’interesse oggetto di tutela è quello della potenziale clientela; nel secondo caso, quello dei colleghi, e del decoro professionale.

Specifico e peculiare alla professione di avvocato è il dovere di segretezza e riservatezza: oltre il rispetto del segreto professionale, c’è l’ulteriore dovere deontologico di evitare ogni riferimento a vicende patrocinate e alle parti assistite.

Con il divieto di informazioni comparative la norma utilizza un concetto che sembra richiamare il mondo della pubblicità commerciale.

Dopo la direttiva comunitaria 2006/114/CE, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che la pubblicità comparativa è corretta quando un’impresa promuove i propri beni o servizi mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti in modo oggettivo; la pubblicità comparativa è illecita quando scredita i concorrenti, quando genera confusione tra concorrenti, in sostanza quando è fuorviante per il consumatore.

Ecco, tutto questo non vale per gli avvocati: non è ammesso nessun riferimento e confronto con l’attività dei colleghi.

Per riassumere. La pubblicità per gli avvocati non è vietata, è ammessa per comunicare con il mezzo ritenuto più idoneo dati e notizie sull’attività professionale dello studio nel rispetto della veridicità delle informazioni, della riservatezza sulle parti e sulle pratiche patrocinate, e dell’attività dei colleghi.

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