29 Luglio 2021

Il colloquio di valutazione – come glielo dico? Tips&tricks per il manager felice

VERONICA GAFFURI

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Abstract

Se aspettate con ansia il momento del vostro colloquio di valutazione, consolatevi; il vostro manager potrebbe soffrire più di voi per mille motivi. Fornire feedback di valore è un compito non semplice, che i manager veri considerano fondamentale per la crescita delle proprie persone; spesso riuscire in questo compito passa da elementi che sembrano meno rilevanti, ma che possono fare la differenza.

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Invito, set, luci, si gira!

Il primo punto sembra secondario e forse lo è, ma nasconde un’insidia: le persone traggono un’impressione (positiva o negativa) anche dagli aspetti diciamo “di contorno”. Consapevolmente o meno, il nostro cervello arcaico forma opinioni poi difficili da scardinare (un bias cognitivo cattivissimo impossibile da evitare) traendole da quelli che apparentemente sono “segnali deboli” o comunque non così sostanziali. Elenco non esaustivo:

  • Come viene comunicato e mandato l’invito
  • Quanto tempo viene dedicato
  • L’attenzione esclusiva dedicata al colloquio
  • L’ambiente tranquillo e ovviamente riservato

Insomma, tutto quanto indica in modo non esplicito, ma comunque chiarissimo quanta importanza e attenzione il valutatore (e quindi l’organizzazione/lo Studio) dà al processo e anche alla persona coinvolta. La motivazione delle persone spesso passa da questi dettagli più che dai grandi gesti.

Se poi ci si deve adattare alla modalità a distanza ancora di più serve concentrarsi sui particolari che trasmettono interesse e attenzione e dicono chiaramente “questo tempo è dedicato a te”.

 

La (solita) comunicazione efficace applicata a un momento topico

Le regole non sono diverse da quelle universali, ma il contesto è particolare e serve concentrarsi su alcuni aspetti contestualizzandoli.

  • Il primo è il tono generale: ci sono casi in cui il rapporto quotidiano tra manager e valutato è informale, soprattutto con i colleghi più sr, il che ovviamente è un vantaggio perché semplifica le cose e poggia su un terreno di relativa confidenza. Va trovato però un giusto equilibrio correlato alla situazione: questo è un momento formale, una volta all’anno, molto atteso dai collaboratori, quindi, se è importante mantenere il clima rilassato (nel senso di comunicazione facile) che caratterizza le relazioni, serve anche che il manager guidi il colloquio in modo che siano sempre ben chiari i rispettivi ruoli.
  • Ascolto attivo: per la serie il Festival delle banalità, ma spesso disatteso. E’ fondamentale lasciare alle persone lo spazio per esprimere i loro pensieri, a maggior ragione perché è giustamente visto come un momento per esprimersi al di fuori della normale routine di lavoro concentrata sulle cose da fare. Evitare quindi, nei limiti del possibile, di interrompere o di parlare “sopra”, mantenendo allo stesso tempo la guida del colloquio, per evitare di divagare su temi magari interessanti, ma la cui disamina accurata è fuori scopo. Per esempio esaminare un caso specifico (cliente, pratica, lavoro) deve avere spazio se consente di motivare una valutazione sul comportamento/gestione del collaboratore e di proporre un comportamento diverso in futuro, ma non deve diventare l’occasione di andare nei dettagli per giustificare il risultato. Lo scopo deve essere sempre “come si sarebbe potuto fare per ottenere risultati migliori”, non “ti descrivo nei minimi dettagli cosa è successo così ti dimostro che non è colpa mia/che è colpa tua”. Questa tendenza è umana, ma è compito del valutatore guidare il valutato a concentrarsi sulla comprensione di come migliorare e non sul tira e molla “ho più ragione io, no io”. Concentrandosi sul futuro dovrebbe passare anche il messaggio “ho fiducia che tu possa migliorare in questi aspetti”.
  • Legato al concetto di ascolto attivo: sempre utile, sia per essere efficaci sia per coinvolgere e far sentire apprezzato l’interlocutore, costruire su quanto detto dall’altro, chiedendo approfondimenti e chiarimenti, magari riassumendo quanto si è capito e chiedendo conferma “quindi, se capisco bene, la tua difficoltà è stata dovuta a…”. Fuochi d’artificio se poi si aggiunge “cosa avremmo potuto fare per aiutarti?”, anche se domanda un filo pericolosa.
  • Prima donne e bambini: in generale si consiglia di partire con gli aspetti positivi perché predispone ad accogliere poi con maggiore disponibilità e apertura i punti di miglioramento. E’ tendenza anche questa umana, quindi diffusa tra tutti i primati dal pollice opponibile, mettersi sulla difensiva se si percepisce di essere attaccati, includendo in questo termine una certa varietà di possibili eventi, tra cui il sentirsi specificare tutto quello che non abbiamo fatto bene. Esempio sezione cattiva: “vabbè in generale le cose sono andate bene, però certo che nel caso…….. avresti dovuto…non hai fatto… REAZIONE AUTOMATICA “con tutto quello che ho fatto/il tempo che ho lavorato/i sacrifici/la disponibilità, 2 parole di apprezzamento e 200 per farmi notare l’unica volta che ho toppato”. Esempio sezione buona: “Al di là dei risultati specifici che poi esamineremo, abbiamo molto apprezzato la tua disponibilità quest’anno, che è stato certamente difficile…abbiamo notato l’impegno…la competenza… Crediamo che una tua caratteristica positiva sia proprio la capacità di lavorare con molti colleghi diversi… Parlando invece di alcuni aspetti sui quali crediamo tu possa ancora crescere… REAZIONE AUTOMATICA (sperata): “be’ allora posso essere orgoglioso/a di me stesso/a, ora vediamo dove posso ancora concentrarmi…”
  • Una delle tante regolette su come organizzare al meglio una presentazione (o discorso o anche articolo etc) è:
    • Dire cosa state per dire (agenda/indice)
    • Dirlo
    • Dire cosa gli avete detto

La cosa che non ricordavo è che pare l’abbia detto Aristotele (però ci sono versioni contrastanti). Nel nostro caso la regoletta può essere molto utile magari in versione “light” per

  • Introdurre le varie parti del colloquio (“inizieremo analizzando i risultati numerici, se sei d’accordo ci dedicheremmo ca. 20 minuti” “ora vorremmo analizzare la parte più qualitativa, soffermandoci sugli obiettivi che avevi e raccogliendo i tuoi feedback…”
  • Introdurre i momenti in cui date la vostra valutazione, soprattutto se non del tutto positiva: “vorrei discutere con te anche alcuni aspetti sui quali secondo me c’è spazio di miglioramento/alcune caratteristiche/punti sui quali credo sia necessaria maggiore attenzione”

 

1 ora sola ti vorrei (ovvero ipotesi di agenda)

Un’ora – il tempo mediamente dedicato a un colloquio – può essere lunga, ma più spesso vola, per le tante cose da dire e anche per le deviazioni, non sempre necessarie, che a volte si prendono.

E’ molto utile allora cercare di darsi una scaletta, da condividere con il collega all’inizio del colloquio, in modo da aver chiari i punti e i tempi da dedicare a ciascuno, anche se con flessibilità e spirito di adattamento. Prima dell’ipotesi di agenda, una considerazione: spesso si parte chiedendo al valutato di raccontare “com’è andato l’anno”, ma l’esperienza mi fa pensare che non sia un modo particolarmente efficace, per vari motivi: per prima cosa, se avete chiesto di compilare un’autovalutazione il collega ha passato del tempo a scriverlo nella scheda e si aspetta quindi che già lo sappiate. E’ poi una domanda generica (il rischio è di sentirsi dire sempre “anno durissimo, tanto lavoro, ma sono stato bravo/a”) ed è troppo diretta soprattutto all’inizio, quando la tensione è più alta e mette in difficoltà soprattutto i meno esperti, che penseranno quindi di dover conquistare subito del terreno dicendo quanto sono stati bravi (tanto poi quello che non va me lo diranno loro, tanto vale che spari alto).

Quindi, guidata da voi, un’ipotesi potrebbe essere:

  1. Introduzione e convenevoli: saluti, benvenuto, ringraziamento per il tempo dedicato all’autovalutazione e al colloquio, che è stato preparato/condiviso con cura (metamessaggio:  teniamo a voi e alla vostra crescita perché il successo dello Studio passa da tutti voi).
  2. Riservatezza: una precisazione apparentemente inutile, quindi sicuramente necessaria. Due parole per ricordare che il colloquio si svolge in una modalità protetta e che quindi quanto detto resterà riservato tra i partecipanti. Garantire la privacy (!) è comunque rassicurante e pure l’occasione per ricordare che anche da parte del collaboratore ci si aspetta altrettanta riservatezza. Non perché qualcuno andrà a controllare cosa ci si racconta nei corridoi, ovviamente ognuno resta libero di dire quello che vuole a chi vuole, però sottolineare che ci sono aspetti che sarebbe meglio restassero nel rapporto privato tra collaboratore e manager/socio serve a far passare il messaggio che non è bene alimentare voci ed eventuali lamentele/insoddisfazioni, che devono essere gestite in modo professionale e che invece, diffuse tra colleghi, possono influenzare negativamente il clima di lavoro (per non dire ingigantire problemi o essere travisati come nel telefono senza fili)
  3. Agenda: se avete una scheda di obiettivi seguitela, con questa ipotesi di tempi:
    • Saluti, convenevoli, riservatezza – 5 minuti
    • Obiettivi numerici – 15 minuti. Raggiungimento, motivazioni, situazioni critiche o al contrario positive che hanno influenzato i risultati. Suggerimento: sottolineate il risultato maggiormente significativo (nel bene o nel male) chiedendo al collaboratore una lettura critica (e andando spediti sui risultati dove c’è meno da dire)
    • Obiettivi qualitativi – 10/20 minuti. A seconda della quantità e importanza, chiedete di approfondire dove vi sembra opportuno o non siete totalmente d’accordo con l’autovalutazione; ricordare sempre di sottolineare, anche brevemente, i risultati positivi
    • Autovalutazione/valutazione generale – 15/20 minuti. Anche qui il modo più efficace è guidare la discussione partendo da quanto vi trova d’accordo nell’autovalutazione (scritta o orale). Da qui si passa a quanto invece non vi trova del tutto d’accordo o trovate incompleto o ancora sugli aspetti di miglioramento (che ahimè ancora pochi hanno la maturità di individuare su di sé, ma è davvero difficile). Per creare il collegamento anche con il futuro, che sarebbe poi lo scopo più nobile del colloquio, utile ragionare sulle aree di forza e di miglioramento che avete individuato, proponendo una breve discussione basata su esempi (vedo come tuoi punti di forza questi aspetti, che hai per es dimostrato in occasione…; credo invece che potresti dedicare maggiore attenzione a…). Utile sottolineare sempre che ci sono aspetti caratteriali (sarebbe più preciso dire di “temperamento”) che sono il nostro hardware con cui dobbiamo fare i conti e che non è ovviamente né positivo né negativo, ma che ci rende più facile e naturale fare certe cose, meno altre (su cui quindi si deve faticare). Es. un collaboratore molto incline all’approfondimento, alla riflessione e alla programmazione potrebbe dover lavorare sulla proattività, sul senso dell’urgenza e sulla focalizzazione sull’obiettivo più che sul processo, mentre una persona ricca di determinazione e orientata all’obiettivo può a volte risultare un po’ uno schiacciasassi nei confronti degli altri, mettendo a rischio le relazioni. Questo dovrebbe essere il maggiore valore aggiunto del colloquio per le persone, che devono sapere quali aspetti notate del loro comportamento professionale e quali suggerimenti date per progredire sia per competenza sia per aspetti “soft”.
    • Obiettivi del nuovo anno e riconoscimenti economici– 10 minuti. Condivisione e commenti
    • Domande, risposte, commenti – 5 minuti.

Con tutto questo avete probabilmente già sforato, ma se è andato tutto bene avete preso la rincorsa per il nuovo anno!

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