25 Ottobre 2018

Comunica la scienza che hai e l’empatia che sei

MARIA CLAVARINO

Immagine dell'articolo: <span>Comunica la scienza che hai e l’empatia che sei</span>

Abstract

La presentazione delle proprie competenze giuridiche è considerata prioritaria dall’avvocato. Ma c’è un altro fattore chiave, sia quando un professionista svolge la sua attività sia quando si accinge a comunicarla: la capacità di costruire strategie e trovare soluzioni ai problemi sulla base di un rapporto empatico con i suoi interlocutori.

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Per quanto la multimedialità abbia eroso l’importanza del linguaggio scritto, le parole sono ancora una “materia prima” da cui l’avvocato non prescinde non solo nell’esercizio della sua professione, ma anche nella comunicazione di marketing. E qui sta il problema: il modo con cui un giurista è abituato a lavorare con le parole non può che influenzarlo ogni volta che ascolta, parla o scrive.

In sintesi, l’attività del legislatore si può descrivere così: immagina situazioni possibili o prende atto di quelle esistenti, le descrive quel tanto che basta per regolamentarle. Questo non significa affatto che la descrizione sia sintetica, anzi: essa rischia di diventare complessa e molto noiosa per l’esigenza di distinguere tutte le variazioni possibili ed analizzare le conseguenze.

La forma mentis dell’avvocato è stata plasmata in questo rigore e la sua ben nota parlantina altrettanto notoriamente rischia di perdere di incisività. Nella comunicazione promozionale, questo diventa un problema. Oggi è necessario usare parole con una densità semantica capace di farle emergere sulla pletora di messaggi. Devono avere una carica emotiva che raggiunga un pubblico da tempo oberato di stimoli. Ecco che allora social e mass-media diventano un calderone di espressioni nuove: bravo è chi riesce a farsi ascoltare (e capire, si spera) inventando o rilanciando parole, suffissi, combinazioni che esprimono i contenuti in modo nuovo e allo stesso tempo chiaro. Vallo a spiegare a un professionista che sin dall’epoca in cui era studente universitario ha imparato ad usare una terminologia scientifica, a guardarsi da alternative che non garantiscono lo stesso livello di scientificità, a legare ad ogni termine il rimando alla normativa, e solo in funzione di quella intenderne l’univoco significato. L’idea è che in un mondo selvaggio, in cui prevaleva l’emotività, la razionalità ha finalmente messo ordine. E come rivalutare la carica di un linguaggio creativo, rinunciando alla promessa di esattezza di quello scientifico?

Occorre cambiare argomento. La professione dopotutto si basa sul rapporto con il cliente, e quello sì può essere empatico. Empatia non significa replicare le reazioni dell’interlocutore in modo da dargli una qualche illusione di solidarietà: questo pare che anche l’intelligenza artificiale riesca a farlo. E a proposito di intelligenza artificiale, c’è già chi teme che gran parte del lavoro dell’avvocato possa essere sostituito dal computer. Perché no? Una storia è un insieme di dati, basta scomporla e tentare le diverse interpretazioni possibili dalla loro combinazione con i dati delle fattispecie. Un computer può velocemente provare diversi confronti e diverse elaborazioni, fornendo all’avvocato un ventaglio ben più ricco di strategie di quello che la mente umana può concepire. Scacco.

Ritorniamo al rapporto col cliente. C’è chi sostiene che anche un robot possa diventare un interlocutore più piacevole di una persona umana. Chissà, forse programmandolo per dare le risposte nel modo più gradevole, ed inserendo persino nel processo l’elemento della sorpresa, ad intervalli di tempo ben studiati. Ma c’è una cosa che in nessun modo si può automatizzare: l’unicità del rapporto empatico fra quelle persone, in quel luogo e in quel momento. Perché entrambe quelle persone devono essere vive. Scacco matto al robot.

È utile quindi che l’avvocato metta in luce la sua competenza, nella sua comunicazione di marketing, che si tratti di una campagna stampa, dei messaggi sui social o anche in una conferenza che oltre allo scopo scientifico ha fisiologicamente uno scopo promozionale. Tuttavia sarà sempre necessario esprimere quell’elemento non catalogabile e non ripetibile che è legato alla personalità stessa dell’avvocato: il suo modo di esserci, e di essere per chi gli sta di fronte, in quel momento.

Tali premesse parrebbero in contrasto con la strategia, già sperimentata da diversi studi legali, di affidare la comunicazione ad esperti del settore. In realtà l’esperto del settore dovrebbe essere capace di cogliere le caratteristiche del professionista – o del gruppo di professionisti – da presentare. La difficoltà del creativo pubblicitario è spesso quella di conciliare la propria tecnica non solo con le particolarità del prodotto, ma anche con i desiderata del committente: nel caso della comunicazione per uno studio legale, il lavoro sarà molto simile a quello di un pittore che deve fare un ritratto parlante, dove le competenze saranno espresse da una lingua scientifica e la personalità da altri veicoli più empatici, senza che l’opera finale soffra di strabismo.

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