29 Giugno 2020

In che mondo viviamo, signora mia... ! Il mondo VUCA

VERONICA GAFFURI

Immagine dell'articolo: <span>In che mondo viviamo, signora mia... ! Il mondo VUCA</span>

Abstract

Faccio outing: sono affascinata da luoghi comuni, proverbi, frasi fatte. Quelle meravigliose locuzioni che consentono di portare avanti conversazioni difficili, trovare un punto di accordo con la suocera più malmostosa, chiudere una discussione fastidiosa. Metereologici, purtroppo diventati veri (“non ci sono più le mezze stagioni”), sportivi (“la palla è rotonda”), gastronomico-salutisti (“il vino fa buon sangue”), sociologici (“gli statali non lavorano”), ce n’è davvero per tutti i gusti. Il mio preferito in assoluto però è “in che mondo viviamo, signora mia”, anche nella sue varianti “ai miei tempi…”, “i giovani d’oggi…”, “non ci sono più i valori di una volta…”; decisamente più amati a partire da una certa età, rimpiangono un mondo perduto, un Eden di cui abbiamo solo labile memoria, ma in cui vorremmo tornare, magari con qualche anno di meno…

Ma ci chiediamo mai davvero in che mondo viviamo? Che caratteristiche ha, in cosa è veramente diverso dal passato e come questo influenza anche la nostra vita, professionale e non?

Beh, qualcuno se lo è chiesto ed è riuscito pure a sintetizzarlo in un acronimo che per assonanza a noi italiani evoca balletti e ombelichi scoperti: è un mondo VUCA, variante meno divertente del tuca tuca.

Le origini, non recentissime, paiono affondare nel mondo militare americano, dove sembra essere stato usato a partire dagli anni ’90 in alcune conferenze, dove si parlava di leadership e capacità decisionale in uno scenario di guerra o comunque turbolento. In anni più recenti è stato adottato dal mondo della consulenza aziendale e organizzativa, perché sintetizza molto bene l’ambiente in cui le imprese si trovano ad operare.

Vediamo allora in dettaglio cosa significa.

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V come volatility

Il termine volatilità indica la velocità dei cambiamenti.  Che non è esattamente un concetto nuovo, se pensiamo che, da quel poco che ricordo del mio liceo, Catone si lamentava dei costumi che mutavano già intorno al secondo secolo a.C.  E dopo di lui moltissimi altri, compresa la categoria delle sciure Maria di cui sopra e a cui apparteniamo un po’ tutti; in fondo ogni generazione si turba per la velocità con cui cambia il mondo. 

Nulla di nuovo quindi, se non che la velocità del cambiamento, al di là della percezione umana, ora è davvero aumentata e non è più lineare e nemmeno cubica, ma esponenziale, come la crescita delle culture di batteri.
La vera domanda è perché oggi è diverso da ieri e che cosa cambia così velocemente. Difficile riassumere in poche righe, ma sicuramente abbiamo tutti in mente la tecnologia, ma anche la globalizzazione che non fa che amplificare gli effetti di qualsiasi altro cambiamento (abbiamo visto esempi di entrambi in questi mesi) e ci mette a contatto con idee che diventano a loro volta virali e si trasformano in meme (la versione non biologica del gene, ma di questo parleremo un’altra volta).

 

U come uncertainty

Il termine incertezza indica la mancanza di chiarezza, quindi la difficoltà o impossibilità di fare previsioni affidabili.  In questo senso non è solo un’incapacità individuale (io non riesco a capire la situazione), ma un’oggettiva caratteristica della situazione stessa, dovuta alla velocità di cambiamento di cui sopra e alla complessità delle connessioni. In pratica, è sempre più difficile prevedere quale sarà la next big thing come dicono gli inglesi.
Tanto per dire, se oggi “googlate” “Next big thing” o “grandi cambiamenti che ci aspettano” trovate elenchi che nel migliore dei casi includono 8/10 «NBT»: alcuni sempre piaciuti (AI, realtà virtuale e aumentata), altri ecologici (auto a guida autonoma elettrica, desalinizzazione, energia rinnovabile), altri medico/scientifici (analisi DNA); ma poi come si relazioneranno questi grandissimi cambiamenti tra loro e come atterreranno sulle nostre società e sulle nostre teste? Difficile dirlo anche tramite la statistica, rifugio classico di quando non si hanno dati a sufficienza, ma che in un mondo VUCA fatica a dare indicazioni.

 

C come complexity

Il termine complessità si riferisce a una quantità elevata di elementi e fattori che concorrono a creare una situazione.
Esempio semplice adatto al periodo di lockdown in cui molti di noi hanno (ri)scoperto la cucina: una torta al cioccolato casalinga implica un numero limitato di ingredienti (farina, zucchero, burro, uova, cacao, lievito) e un procedimento relativamente semplice con attrezzatura semplice (salvo qualche passaggio intermedio, si può dire che si mescola tutto, bastano un cucchiaio di legno e magari un frullino); me se immaginate una torta raffinata come la Sette Veli siciliana, le cose si complicano: ingredienti, consistenze, procedimenti,. Quindi non solo il numero, ma anche le relazioni (come reagiscono gli ingredienti tra loro, quali procedure devo adottare per amalgamarli o sovrapporli e non rovinarli).

Per ulteriore chiarimento ho ripassato la differenza tra complesso e complicato ed ecco il risultato, corredato di altro esempio.

Complicato significa letteralmente cosa ripiegata, avvolta su se stessa; ci vuole pazienza e metodo, ma probabilmente non è impossibile trovare la soluzione (es. una collana che, depositata sul mobile, si anima, si attorciglia e si annoda da sola). Complesso: molti elementi intrecciati, che vanno quindi identificati, oltre che staccati, usando probabilmente tecniche diverse (es. tante collane che si sono avvinghiate, ore e ore di improperi assicurate). Secondo qualcuno, la complessità è uno stato del mondo, la complicazione è uno stato mentale.

 

A come ambiguity

Il termine ambiguità indica la difficoltà nell’interpretare gli eventi, probabilmente perché non abbiamo sufficienti informazioni oppure sono contraddittorie o incomplete. Il risultato è che più interpretazioni sembrano ugualmente valide ed è impossibile stabilire quale sia più vera dell’altra (ammesso che ne esista una). Classico esempio sono le illusioni ottiche, giochini divertenti che ci fanno capire come la nostra mente sia facilmente ingannabile e sia spesso preda di vere e proprie “trappole mentali” che ci fanno interpretare la realtà in modo quantomeno discutibile.

Questo per quanto riguarda il “cosa”; per il “perché” e il ”quindi?” Vi aspetto nel prossimo articolo.

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