12 Settembre 2022

La sfida dell’avvocato su più fronti: comunicazione, retorica e dialettica

MARIO ALBERTO CATAROZZO

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Abstract

Anche dopo la pandemia la parola resta lo strumento per eccellenza con cui opera il professionista in ambito legale. Magari a distanza, mediante videocall e  webinar, ma sempre parola è. Attraverso la parola, parlata e scritta, il principe del foro argomenta, afferma, spiega, conclude. La parola è il viatico per condurre i propri interlocutori ad accettare le proprie tesi, per convincere gli altri della bontà delle proprie argomentazioni, per suscitare emozioni e generare stati d’animo nel pubblico.

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Oratoria Forense

Parliamo dell’oratoria forense, applicata all’ambito giudiziario, ma non solo. La “tèchne” l’arte dell’uso della parola appartiene oggi non solo al principe del foro che calca le aule giudiziarie, ma anche l’avvocato d’affari che il tribunale non lo vede mai. Ogni qual volta siamo davanti alla necessità di convincere e di persuadere, la “tèchne”, l’arte, prende vita, che si tratti della dialettica (dialectichè tèchne) o della retorica (retorichè tèchne). La prima serve a dimostrare una verità attraverso la dicotomia tra due tesi o posizioni contrapposte, la seconda, molto più articolata, serve ad organizzare discorsi per persuadere gli interlocutori. In entrambi i casi, vogliamo portare l’altro verso la nostra posizione od obiettivo.

 

Comunicazione

Oggi, quasi in un percorso storico circolare, l’arte del parlare per convincere e per persuadere torna in auge e con gli strumenti di comunicazione di massa (mass media) e la comunicazione nelle sue più ampie accezioni diventa centrale in ogni ambito. Lo vediamo ogni giorno nel mondo della politica, dove il bravo comunicatore conquista consensi al di là e al di sopra dell’effettiva bontà del contenuto. Essere un “bravo comunicatore” oggi fa la differenza, in tutti i settori. Si va così dalla politica alle professioni, dalla religione allo sport, dalle relazioni internazionali alla relazione professionista-cliente. Per non parlare poi del marketing, che fa della comunicazione il suo cuore pulsante, comunicare per convincere, comunicare per persuadere.


Passaparola

Se per decenni nel mondo professionale il passaparola ha fatto la parte del leone, rappresentando praticamente l’unico strumento concreto di acquisizione di clientela, oggi le cose stanno diversamente.

Il passaparola – qualcuno che parla bene di noi e con il proprio endorsement ci consiglia a terzi – rimarrà sempre, per il semplice fatto che siamo esseri umani fatti di relazioni e di emozioni. Cerchiamo rassicurazione e siamo portati ad imitare, pertanto il passaparola farà sempre il suo piccolo o grande lavoro per il nostro business. Unico punto debole è che il passaparola non dipende da noi, non lo possiamo gestire. Possiamo fare del nostro meglio professionalmente perché si parli di noi grazie alla qualità del nostro operato, e possiamo dargli una mano con attività di PR (public relation) intessendo relazioni umane e nutrendole costantemente con attività ad hoc (e già siamo entrati nel marketing). Per il resto il passaparola viaggia da sé. La prima conclusione è che fino a non molto tempo fa il professionista forense considerava la comunicazione solo come parte dell’arte della retorica e della dialettica giudiziaria: serviva a scrivere atti, a perorare cause davanti alla pubblica autorità, a sostenere argomentazioni in giudizio. Fuori dall’aula la comunicazione cessava la propria funzione e saper comunicare con i clienti e con i collaboratori in Studio non rientrava certo tra le priorità del professionista legale.

 

Valore del saper comunicare dentro e fuori lo Studio

Nello Studio professionale tradizionale, praticamente privo di una vera organizzazione, il titolare (dominus) dava il nome allo Studio e lo rappresentava in tutta la sua essenza; il resto era contorno: collaboratori, praticanti, segretarie. In questo contesto il saper comunicare, quindi il saper “mettere in comune” le proprie idee, non era una delle preoccupazioni del dominus. Non era necessario avere una vision, un progetto definito, e tanto meno comunicarla a chicchessia. Non era necessario trasmettere il proprio sapere ai collaboratori, anzi se ne guardava bene, per evitare che un giorno diventassero potenziali concorrenti che gli avrebbero portato via i clienti. Non era necessario gestire i conflitti in Studio, perché le strutture esili dello Studio tradizionale avrebbero comportato l’espulsione del collaboratore in conflitto, invece della sua gestione. Oggi le cose stanno assumendo contorni ben diversi.

Il mercato legale è cambiato e le strutture professionali con lui. Lo Studio associato sta diventando una realtà sempre più diffusa, accanto alla condivisione di spese, che vede legali coesistere in un unico ambiente nel tentativo di ottimizzare i costi da un lato e di creare network dall’altro. In entrambi i casi, come nelle società tra professionisti (Stp), la stabilità di una organizzazione e la sua articolazione richiede gestione e per gestire bisogna saper comunicare. Dunque, la comunicazione interna allo Studio assume oggi un peso rilevante, molto più di un tempo. Inoltre oggi l’aumentata competitività del settore porta a costruire strutture più solide, articolate per “specializzazioni” o practice, così da offrire alla clientela una consulenza mirata e completa nello stesso tempo. Tutto questo richiede spirito di squadra, corporate identity, formazione continua, condivisione di obiettivi, un progetto comune. Tutto ciò trova il suo fulcro nella capacità di saper comunicare internamente, per formare, informare, condividere, dirigere, confrontarsi.
Ben diversa, dunque, questa capacità (tèchne), dalla dialettica e retorica classica. Le organizzazioni di Studio oggi richiedono competenze comunicative di tipo manageriale, per gestire, mentre il professionista legale resta ancora spesso più un tecnico della parola per convincere e persuadere, che per gestire. Basta partecipare ad una riunione di Studio per toccarlo con mano. Non ci si relaziona per capirsi, condividere e poi decidere insieme. Ci si relaziona per cercare di avere ragione, per cercare di spuntarla sull’altro, per imporre la propria idea. Ma se quell’antica arte della retorica e dialettica dei grandi maestri come Socrate, Aristotele, Platone, Cicerone ci sono stati così meravigliosamente utili nelle aule giudiziarie, potrebbero risultare un boomerang al di fuori di esse e in particolare in Studio, nelle relazioni con colleghi, collaboratori, staff. Qui non si tratta di avere ragione, di convincere, quanto di condividere e di gestire.

Un cambiamento analogo lo vive anche la relazione tra il professionista e il cliente. Il cliente oggi vuole partecipare, essere coinvolto, capire e scegliere. Difficilmente si affida punto e basta. Se poi il nostro scenario viene allargato fino a comprendere la comunicazione dei social…allora le cose cambiano ulteriormente e ci prenderemo il dovuto spazio in una prossima puntata per parlarne.

 

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