13 Dicembre 2017

Strutturare un Marketing Plan. Tra il dire e il fare

CRISTINA MONTARULI

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Abstract

Fare un buon Marketing Plan è, quasi sempre, un’operazione complessa da non sottovalutare. Improvvisare è un rischio economico e reputazionale, ma si può imparare a capire cos’è e quando è ben fatto.

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Con questo articolo vorrei fornire un contributo pratico alla comprensione di concetti che, per chi come me viene dal mondo legale, sia uno studio indipendente tradizionale e tradizionalista, sia una più strutturata organizzazione internazionale, restano indigesti. Non uso il termine a caso, negli ultimi quindici anni abbiamo deglutito obtorto collo il marketing: perché ce lo hanno imposto dall’ufficio di Londra, perché gli altri lo fanno, perché ne parlavano a un seminario, perché dal Managing Partner di studio M&A, all’avvocato civilista, penalista e amministrativista di Tollo in provincia di Chieti, non c’è un profilo LinkedIn che si salvi dalla preview di un articolo sul tema. E tutti dunque l’abbiamo masticato.

Dico subito che, per me, le parole Marketing e Strategia hanno esattamente lo stesso significato e preferisco la seconda.

Mi sono quindi prefissata di distillare il Piano di Marketing in due parole. Poi cercherò di spiegare cosa dovreste trovarvi sulla scrivania alla sospirata consegna del Marketing Plan che, per inciso, è il traguardo e non la partenza, come molti erroneamente ritengono.

Le due parole sono: domande e numeri.

Un Marketing Plan è il condensato di un insieme di domande dirette all’interno dell’organizzazione, poi all’esterno, poi ancora all’interno. Se ben poste, e ben risposte, segue una serie di dati traducibili per la maggior parte in numeri e per la minor parte in ipotesi che gli addetti chiamano assumptions.

L’incrocio dei dati e delle assumptions fornisce un percorso strategico lungo il quale l’organizzazione dovrà procedere con azioni predeterminate, raramente creative.

Nel marketing dei prodotti come in quello dei servizi tout court è certamente più intuitivo. Ciò non toglie che anche nel più specifico e variabile settore dei servizi professionali, fiduciari, la partita si giocherà sull’interpretazione di dati numerici più o meno complessi. E questo perché ogni azione di marketing o strategia, anche la più insignificante, ha un impatto finanziario.

La stessa inerzia, l’astensione da ogni azione strategica, ce l’ha.

Ma torniamo alle domande.

Esse cambiano a seconda del Marketing Plan che si sta progettando, poiché ne esistono tanti quante sono le azioni strategiche che lo studio decide di intraprendere!

Ma, alla fine dei giochi, non avremo svolto una campagna di comunicazione a occhi chiusi, non avremo scelto a caso di proporci nel settore life science, non apriremo una sede a Bari perché lì c’è il mare, ma lo faremo – o non lo faremo – in esecuzione di un piano.

Numero e tipologia di Marketing Plan variano poi da studio a studio e molto dipendono dalle dimensioni e dalla cultura della Firm.

In quelle più strutturate può esistere un Business Plan sovraordinato, sotto cui se ne trovano altri, specifici per singole iniziative: finanziarie, organizzative, di posizionamento, di market entry.

In molte Firm non esistono pianificazioni strategiche. In molte altre magari solo Piani di Comunicazione, che sono una sub specie ricompresa nel genere.

Quanto al formato in cui si presenta un Marketing Plan, ne esistono vari tipi e non sempre compatibili a tutte le strategie. Ma tutti, senza eccezione, vi parleranno di trend di mercato e previsioni, di clienti e segmenti, di concorrenti e posizionamento, di target e prospect, della strategia che si ipotizza, della sua esecuzione, di timing, budget, risultati attesi e controllo.

Organizzare un marketing plan da zero

Qualche esempio di domande chiave:

  • Quali sono le dimensioni del mercato servito e potenziale?
  • Da quali forze è influenzato?
  • Verso quale direzione si muove?
  • Quali segmenti evolveranno e quali imploderanno?
  • Qual è la mia quota di mercato?
  • E quale il mio vantaggio competitivo?

Queste sono le prime macro aree di indagine per comprendere dove si trova la propria organizzazione all’inizio di un processo strategico.

Più si indagherà, più le informazioni raccolte – fuori e dentro lo studio – dettaglieranno un percorso e indicheranno la direzione più conveniente per l’organizzazione in relazione all’obiettivo che si è data, il modo per arrivarci e quello per controllare se ci siamo arrivati.

Effetti di un marketing plan ben strutturato

Veniamo a cosa dovreste trovarvi sulla scrivania alla sospirata consegna del Marketing Plan.

Nella maggior parte dei casi si tratterà di slide: preparatevi ad orientare il foglio in orizzontale.

Ci sarà meno testo di quanto un avvocato sia abituato a vedere e molti più diagrammi e tabelle. Alcuni intuitivi, altri necessiteranno di essere spiegati.

Un piano di marketing aziendale può arrivare ad un numero imprecisato di slide, ma per gli studi legali qualcosa tra le 20 e le 40 pagine è ragionevole (salvo eccezioni).

Una prima parte dovrebbe essere dedicata alla vostra organizzazione, per descrivervi in termini di Vision, Business model, Obiettivi.

Se di fronte a questi termini reagirete come me, e per un istante in un profondo recesso vi sembrerà strano, o “americano” in accezione albertosordiana, vi posso rassicurare che passa subito: le analisi hanno l’effetto di sgretolare granitiche certezze e raffreddare ogni ironia.

I capitoli successivi mostreranno via via matrici e diagrammi. Si parlerà di Value Proposition, azioni strategiche, KPI (indicatori di performance).

Davanti ad un buon piano di marketing, la sensazione finale dovrebbe essere quella di aver innescato nuovi processi mentali, di non aver mai ragionato così analiticamente prima di prendere una decisione manageriale sul futuro del proprio Studio, di come sia diverso l’approccio “business driven” e come sia importante che lo Studio vi si adatti.

Concludo. Tra il dire e il fare un piano di marketing, o progetto strategico, c’è una rigorosa ed imponente attività di raccolta di dati e interpretazione, di analisi e previsione, di controllo, anche e soprattutto finanziario. Soprattutto all’inizio molto time consuming ma con il beneficio di aumentare sensibilmente le chance di raggiungere, per step progressivi, qualsiasi obiettivo.

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