04 Settembre 2018

Le tre fasi per l’inserimento dei giovani in studio

MARIO ALBERTO CATAROZZO

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Abstract

Se il team è oggi una esigenza per lo studio legale, saperlo formare diventa imprescindibile. Si parte dalla selezione accurata dei giovani, fino al piano di crescita che dovrà essere seguito per il loro inserimento e sviluppo nell’organico di studio. Vediamo le fasi.

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Uno dei migliori investimenti che uno studio possa fare è puntare sui giovani. Questi rappresentano una ventata di freschezza in studio, portano l’entusiasmo dell’età e possono rappresentare quella base solida su cui fondare la piramide organizzativa dello studio. Tutto questo è vero a condizione che scegliate con oculatezza le nuove leve, considerando sia le competenze professionali (scarse probabilmente, data la giovane età), sia le attitudini personali, quali il carattere e la motivazione.

Saper selezionare i giovani

La scelta di nuove risorse valide è solo il punto di partenza per creare la nuova generazione di professionisti che contribuirà allo sviluppo dello studio. Infatti, saper prendersi cura dei giovani è la condizione necessaria per poter realizzare un progetto di sviluppo corale.

Ciò che spesso osservo negli studi professionali, è che i giovani non vengono seguiti adeguatamente nella loro formazione e ciò a causa di mancanza di tempo e di una mentalità individualista ancora presente nell’animo di molti professionisti.

In diversi casi vengo presi praticanti o giovani professionisti perché lo studio ha bisogno di “manodopera” e pensa di colmare questa esigenza con un giovane. Già qui si palesa una vecchia mentalità che per generazioni ha fatto capolino nella professione, del giovane come esecutore di compiti al posto di segretarie o giù di lì.

Saper fissare un piano di crescita

Anche negli ambienti dove questo non accade, capita spesso tuttavia che il giovane sia preso e inserito nell’organico senza un percorso di crescita pianificato, venendo lasciato al proprio destino, per non dire abbandonato a sé stesso. Anche in questo caso, le probabilità che il giovane possa far bene e sviluppare un proprio talento sono basse, infatti spesso abbandonerà l’avventura o sarà il professionista scontento ad interrompere il rapporto prima del tempo. Peccato, perché magari se adeguatamente seguito avrebbe potuto sviluppare competenze e una professionalità tale da essere appetibile all’organizzazione di studio anche sul lungo periodo.

Vediamo allora quali devono essere gli step o le fasi di inserimento di un giovane nell’organizzazione di studio.

Dopo aver effettuato adeguatamente la selezione del nostro giovane virgulto sarà necessario avere le idee chiare sulle aspettative che si hanno (ciò che dovrà saper fare da qui ad un anno o più) e sarà necessario saper condividere con lui queste ultime. È infatti necessario che entrambi, giovane e il suo mentore sappiano dove stanno puntando, quale deve essere il punto di arrivo di un percorso di crescita. Poiché per ogni sviluppo è richiesto del tempo, il percorso non sarà breve e pertanto andrà creato un progetto di crescita, fatto di fasi e di tempistiche. In sostanza, dovremo saper dire al nostro giovane cosa ci aspettiamo che sappia fare da qui ad un anno, per esempio, e quale percorso seguiremo per portalo da dov’è a dove vogliamo che arrivi.

Una volta strutturato il percorso di crescita bisognerà poi operativamente metterlo in pratica e qui entrano in gioco le tre fasi di cui abbiamo fatto cenno.

La prima fase: il mentoring

La prima fase è quella di mentoring: in questa fase il mentore (il senior) farà in prima persona le cose per far vedere come si fa e chiederà al mentee di osservare attentamente e apprendere per modeling, imitazione. È utile che sia temporizzata questa fase, per esempio dicendo: “affiancami per una settimana e osserva come faccio le cose, prendi appunti, fai domande, perché poi dovrai farlo tu”.

La seconda fase: il tutoring

Terminata questa prima fase di apprendimento per modeling, comincerà la seconda fase, quella di tutoring. In questa fase il mentore, diventato tutor, affiancherà il giovane, che dovrà agire in prima persona, osservandolo e correggendolo. Il feedback sarà l’elemento clou di questa fase.

Anche questa dovrà essere temporizzata: “ora fai tu e io ti affianco per una settimana, così vedo come fai le cose e ti correggo”.

La terza fase: la delega

Ed eccoci alla terza fase, quella della delega fiduciaria. A questo punto il nostro giovane sa come fare le cose, perché è stato adeguatamente formato e può agire in autonomia dietro delega. Qui ciò che sarà necessario è fissare dei momenti di confronto (riunioni) per sincerarsi che tutto proceda al meglio e correggere eventuali errori di impostazione o equivoci che possono sempre nascere nelle dinamiche relazionali in studio.

Solo dopo questo percorso potrete dire di aver fatto tutto il necessario per formare le nuove leve e se le cose non dovessero andare bene non sarà certo per vostre mancanze, ma per mancanza di motivazione o di capacità della giovane promessa.

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