08 Maggio 2023

Competenze verticali: il linguaggio ICT e le chiavi per ricondurlo alla terminologia giuridica

GABRIELE FAGGIOLI

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Abstract

L’evoluzione tecnologica e digitale corre molto più in fretta di qualsiasi aggiornamento normativo. E in un sistema giuridico sempre più complesso e articolato, “specializzazione” è la parola d’ordine per non incappare in rovinose cadute.

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Lo scenario attuale

Vi fareste mai operare da un chirurgo lasciato solo in sala operatoria? Vi fidereste delle sue competenze, capacità o solo possibilità fisiche di occuparsi di qualsiasi aspetto della vostra operazione, dalla preparazione degli strumenti al monitoraggio dei parametri, passando dalla somministrazione dell’anestesia? E se foste voi quel chirurgo, vi prendereste la responsabilità di lavorare in queste condizioni?

Per quanto possa sembrare un esempio iperbolico, quando si ha a che fare con la tecnologia e il mondo digitale, la prima cosa che salta all’occhio è la complessità del tema. Al pari di un corpo umano.

Il primo aspetto fondamentale da considerare è il linguaggio, che mutua, sempre più frequentemente, tecnicismi espressi originariamente in inglese, risultando a volte “tricky”, se non conosciuto a fondo. Partiamo da un esempio lampante: la traduzione in italiano delle normative di matrice europea relative al trattamento dei dati personali. Basti pensare alle figure principali individuate: il Titolare del trattamento da individuarsi nel “controller” e il responsabile del trattamento, che non è “responsible” ma è il “processor”.

Nel mondo informatico, infatti, il termine “Responsible” è utilizzato in tutt’altro contesto: rappresenta uno dei ruoli fondamentali richiamati dalla cosiddetta “Matrice RACI” (quella basilare). È colui che dovrà provvedere all’esecuzione di un lavoro nell’ambito di un progetto, affidatogli da un “Accountable”, responsabile di fissarne e raggiungerne gli obiettivi, rivolgendosi ad un “Consultant”, che non avrà alcun tipo di responsabilità in merito, ma si limiterà a consigliare, e, infine, ricordandosi di comunicare il tutto ad un “Informed”, che non ha alcun ruolo attivo, ma deve essere solamente portato a conoscenza del progetto.

Quanti legali sono a conoscenza di queste matrici, delle loro complessità o delle loro evoluzioni? Quanto potrebbe essere utile, se non vitale, basarsi ed affidarsi a tali metodologie anche nell’analisi e nel rilievo delle responsabilità giuridicamente rilevanti?

Un altro esempio, un po’ più complesso, è dato dalla differenza tra i servizi di “Housing” e quelli di “Hosting”. Hanno un punto comune: l’affitto di uno spazio. A questo punto il legale facilmente ricondurrà la disciplina applicabile a quella fornitura ad un contratto tipico di affitto o locazione.

In realtà le differenze tra i due servizi, tra “spazi fisici” e “spazi virtuali”, possono essere anche molto rilevanti. Mentre l’housing è l’affitto di uno spazio fisico, dove il cliente può allocare il suo server verso il pagamento di un corrispettivo per la messa a disposizione di un locale opportunamente attrezzato all’uopo (elettricità, condizionamento climatico, infrastrutture per la connettività, ecc.), l’hosting è l’affitto di uno spazio “logico” sul server di proprietà del provider, paragonabile ad alcuni servizi cloud sufficientemente basici (configurazioni, potenza di calcolo, gestione accessi, registrazioni log, “poteri”  del provider, ecc.).

È intuibile quanto le responsabilità tra il fornitore del servizio housing e quello di hosting siano ben diverse, in termini di garanzie, modalità e tempistiche di erogazione del servizio, misure tecniche e organizzative di sicurezza, rischio intrinseco e mitigato, qualità e quantità degli inadempimenti possibili e, ovviamente, rimedi giuridici applicabili.

Ci potrebbero essere ancora molti esempi e ci sarà sicuramente occasione per approfondire meglio i temi sopra solo accennati. Ciò che preme, in questo momento, è proporre qualche possibile soluzione per approcciare al meglio tali tematiche e dare ai clienti un servizio legale al “top”.

 

Competenze e sinergie

Partiamo dall’osservazione del mondo accademico, laddove, fino a pochissimi decenni fa, la laura magistrale in Giurisprudenza consentiva di approcciare il mondo del lavoro in maniera aperta e flessibile, ma con poche effettive possibilità di specializzazione, se non quelle classiche tra professione forense, carriera nella pubblica amministrazione e giurista d’impresa. In parallelo all’evolversi delle esigenze del business, è poi fiorita una serie di percorsi di specializzazione, master, scuole di indirizzo e la selezione del personale junior avviene oggi sulla base anche di queste competenze specialistiche. E ben venga tutto ciò: la complessità della società attuale si riflette, in modo lapalissiano, sulla struttura e sui contenuti normativi, per non parlare di tutti i temi di globalizzazione e internazionalizzazione.

Chi può sostenere di spaziare agevolmente tra il diritto di famiglia a quello commerciale, passando dalle tematiche internazionali, magari imbattendosi in temi, appunto, tecnologici?

A questo punto si aprono fondamentalmente due strade, comunque valide, ovviamente con i pro e i contro del caso: specializzarsi in un dato campo, verticalmente, escludendo gli altri ambiti giuridici o strutturare il proprio studio in modo da avere professionisti con tutte le competenze possibili.

Ce n’è una terza. Possiamo chiamarla compromesso, alternativa, via di fuga. Il suo nome ideale sarebbe “sinergia”. Ossia trovare quel giusto mix di competenze, professionalità, creatività, tale da condurre ad una soluzione ottimale, innovativa e di successo. Ovviamente, dovendo ricorrere a professionisti magari di diverse estrazioni e formazioni, è fondamentale che sia garantito un aspetto: che, tra loro, si capiscano.

Torniamo nel mondo digitale, con il classico esempio pratico. Avete avuto un ingaggio dal vostro cliente primario, azienda di produzione, multinazionale, con fatturato e EDIBTA molto interessanti. Di solito, lo seguite per operazioni societarie straordinarie, con successo e facilità. Il suo principale fornitore ICT, al quale ha affidato la virtualizzazione e la gestione della infrastruttura informatica che ospita il software per il controllo della produzione, ha avuto un grosso problema con il datacenter proprietario, bloccando il business del vostro cliente per un giorno intero. I tecnici interni pensavano inizialmente che fosse un problema legato al software e, quindi, inizialmente hanno tempestato l’incolpevole software house di telefonate, con un notevole ritardo nell’apertura del ticket al fornitore dell’infrastruttura. Anche il servizio di Disaster Recovery, affidato in subappalto ad un altro provider, ha avuto qualche ritardo nel rispetto dello SLA di RPO e alcuni dati di produzione sono andati persi.

Ovviamente il cliente vi chiede di ottenere il massimo risarcimento da questo fornitore e, probabilmente, di risolvere il contratto, velocemente ma anche nel modo più “indolore” possibile, sotto il profilo dei costi da sostenere e delle garanzie per la continuità del business.

Diligentemente, la prima cosa che fate è ricostruire quanto accaduto, facendovi inviare tutti gli scambi e-mail, la documentazione contrattuale e, magari, chiedete di essere messi in contatto con l’IT Manager per intervistarlo direttamente.

È probabile che, a questo punto, vi siate già resi conto che questo tipo di relazioni contrattuali  implica l’utilizzo di un linguaggio specifico, ultra-tecnico, che spesso alle orecchie di un legale suona poco comprensibile e difficilmente riconducibile agli istituti giuridici tradizionali, con conseguente difficoltà ad inquadrare i rapporti all’interno dei contratti tipici e ad individuare tutele, rimedi e garanzie.

 

L’esperto legal-tech

A questo punto, potete tranquillamente scegliere di studiare, approfondire, seguire corsi/webinar e tutto ciò che serve per acquisire tutte le competenze che vi permetteranno di condurre la causa nel migliore dei modi, con i tempi e ai costi ineludibilmente necessari. Oppure potete decidere di affidarvi ad una figura del tutto innovativa: l’esperto legal-tech.

L’esperto legal-tech è un professionista, più frequentemente di estrazione e formazione giuridica, che ha scelto di concentrare le proprie competenze ed esperienze in ambito ICT e digitale, spesso con l’affiancamento e la collaborazione di tecnici informatici, sviluppatori, ingegneri e altre figure accumunate dalla stessa passione per l’innovazione tecnologica.

Questa figura ha una fondamentale peculiarità: è in grado di tradurre gli aspetti tecnici in principi, istituti e responsabilità giuridiche e viceversa.

Potrà condurvi nella comprensione degli accadimenti, nella lettura della documentazione tecnica, nell’indagine delle conseguenze non immediate. Sicuramente, sarà un ottimo co-auditore alle interviste ai referenti tecnici. Gli riuscirà facile la scrittura delle memorie e delle consulenze tecniche da presentare in giudizio, in quanto potrà utilizzare in modo agevole entrambi i linguaggi, tecnico e giuridico.

Sarà un ottimo alleato che vi permetterà di risparmiare nottate di studio e abbattere il rischio di incappare in errori tecnici, scivolando sulla cosiddetta “buccia di banana”.

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