27 Aprile 2022

Documenti preliminari e responsabilità precontrattuale nelle operazioni di M&A

MARCO NICOLINI

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Abstract

L’operazione di acquisizione di quote di società è una fattispecie contrattuale a formazione progressiva nella quale le parti si ingaggiano in una serie di molteplici contatti - tendenzialmente a carattere preliminare e non vincolante - prima di arrivare al definitivo trasferimento delle quote societarie.

Nella prassi delle operazioni di M&A, storicamente di matrice common low, le parti oggetto della trattativa sono solite scandire i vari gradi di avvicinamento ricorrendo ad istituti atipici di origine anglossassone quali la lettera di intenti (LOI) e/o memorandum of understanding (MoU).

Il ricorso a tali figure preparatorie al vincolo contrattuale, a prescindere dal nomen iuris indicato dalle parti, tuttavia, potrebbe dar luogo ad ipotesi di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. qualora il grado di dettaglio di tali pattuizioni sia tale da configurare – quantomeno - un contratto preliminare ex art 1351 c.c., suscettibile, in quanto tale, di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.

Il presente contributo intende fornire una breve illustrazione degli aspetti più indicativi della LOI e del MoU e fornire qualche indicazione redazionale.

In tale contributo, inoltre, verranno tratteggiati i recenti approcci della giurisprudenza di legittimità riguardo alle fattispecie contrattuali a formazione progressiva.

In conclusione, è riportata una breve panoramica dei casi giurisprudenziali più significativi in tema di responsabilità precontrattuale nelle fasi di acquisizione di quote di società.

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Documenti preliminari: lettera di intenti (Loi), memorandum of understanding (MoU)

Le fasi che precedono la conclusione di un’operazione di M&A contano una serie di contatti preparatori tra i potenziali venditori e acquirenti volte a valutare la reciproca convenienza di una possibile acquisizione.

Una prima formalizzazione di tali stadi prenegoziali degna di nota avviene con la sottoscrizione di una lettera di intenti ovvero di un memorandum of understanding.

La lettera di intenti è generalmente intesa come un documento preliminare e non vincolante, che costituisce il primo atto in cui le parti scandiscono temporalmente le fasi di una trattativa e vengono espressi i propositi dei futuri contraenti con riferimento al proseguo della negoziazione.

Nella lettera di intenti, dunque, la stipula di un successivo contratto preliminare è ritenuta soltanto eventuale e non doverosa per i suoi sottoscrittori. In questa fase le parti generalmente indicano il loro intento di predisporre clausole da recepire nel futuro contratto in caso di felice esito delle trattative stesse, impegnandosi - per il momento - a trattare o a proseguire lealmente la trattativa.

Tale impegno, che non produce alcun vincolo a contrarre un futuro contratto preliminare o definitivo, tuttavia è accompagnato da obblighi immediatamente vincolanti per le parti quali, ad esempio:

  1. l’impegno a svolgere attività di due diligence da parte del possibile acquirente;
  2. obblighi di riservatezza in merito all’esistenza e ai termini della trattativa e/o ad eventuali IPR o know-how della società target oggetto di analisi;
  3. obblighi di esclusiva con i quali le parti si impegnano a non contrattare parallelamente con altri soggetti terzi.

Il memorandum of understanding nella terminologia corrente del mondo M&A, invece, dovrebbe avere una funzione più spiccatamente ricognitiva dello stato delle trattative, dove spesso il potenziale acquirente ed il potenziale venditore possono indicare i punti dove si è raggiunta un’intesa di massima così come quelli sui quali bisogna orientare le future negoziazioni. In tale ottica la figura del MoU pare essere vicina alla nozione di minute di contratto, note all’operatore del diritto italiano.  

È bene rilevare come a prescindere da tali indicazioni teoriche, l’analisi delle pronunce di merito italiane non di rado ci restituisce una prassi negoziale in cui le due figure sono trattate dalle parti senza particolari spunti distintivi tra l’uno e l’altro istituto (si veda, ad esempio, Tribunale Milano, sentenza n. 6477/2021).

 

Possibili spunti redazionali

Con riferimento a possibili suggerimenti redazionali, è bene premettere che le definizioni utilizzate dalle parti in relazione ai documenti preliminari possono assumere un valore meramente cosmetico e, come tale, soggetto a riqualificazione da parte di un giudice a prescindere dal nomen iuris adottato dalle parti.

Ciò premesso, anche al fine di evitare pretestuose rivendicazioni azionate sulla base dell’art 2932 c.c., è buona regola rimarcare il carattere non vincolante della lettera di intenti ed espressamente subordinare il proseguo della trattativa al buon esito di eventi cruciali per il potenziale acquirente, quali, ad esempio, il completamento di una due diligence che non evidenzi criticità sui dati economici e patrimoniali della società target.

In secondo luogo, si consiglia di indicare in maniera chiara e netta le clausole della lettera di intenti che hanno efficacia immediatamente vincolante per le parti quali, ad esempio, gli impegni relativi a:

  1. svolgimento della due diligence;
  2. accordi di esclusiva;
  3. accordi di riservatezza;

Infine, per rimarcare il carattere non vincolante dei documenti preparatori al contratto, in attesa degli esiti di una due diligence, sarebbe consigliabile indicare nella LOI un range di prezzo di acquisto delle azioni compreso tra una forchetta di valori molto variabili.

 

Ammissibilità del c.d. “preliminare di preliminare”

Un’operazione di M&A prevede una serie progressiva di contatti tra le parti che si articolano in documenti preliminari complessi e strettamente interconnessi tra loro.

Si è in presenza, dunque, di una fattispecie contrattuale a formazione progressiva che pone interrogativi anche nelle aule dei tribunali riguardo il grado di tutela da accordare a tali stadi intermedi e preparatori di un vincolo contrattuale.

Con la nota decisione n. 8038 del 2009 la Seconda Sezione della Cassazione ha affrontato il tema della ammissibilità del c.d. “preliminare di preliminare” relativo ad un contratto di compravendita immobiliare.

In tale pronuncia, la Suprema Corte non ha nascosto il proprio disvalore nei confronti di una scrittura privata che contenesse l’impegno a sottoscrivere in seguito un contratto preliminare, bollando tale accordo come una “inconcludente superfatuazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela” e pertanto sancendo l’inammissibilità del preliminare di preliminare (Cass. Civ. Sez. II, n. 8038/2009).

Tale arresto giurisprudenziale si è consolidato fino alla successiva pronuncia della Suprema Corte del 2015 nella sua formazione più autorevole, la quale ha attuato un parziale ripensamento alla netta posizione espressa nella pronuncia del 2009.

In tale pronuncia a Sezioni Unite del 2015 la Cassazione ha riconosciuto come nella prassi commerciale (con riferimento sempre alle compravendite immobiliari) vi siano situazioni particolari, meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, in cui deve essere riconosciuta alle parti la possibilità di procedere ad una formazione successiva e progressiva dell’accordo contrattuale (Cassazione Sezioni Unite, n. 4628/2015).

Tale apertura della Suprema trova ulteriore conferma nella più recente ordinanza della Seconda Sezione della Cassazione del 2020, la quale ha confermato l’ammissibilità di un c.d. “preliminare di preliminare” “qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare”  (Cass. Sez. II, ordinanza n. 23736/2020).

 

Casi di responsabilità precontrattuale nella recente giurisprudenza italiana

In conclusione, di seguito si indicano una serie di recenti pronunce dei tribunali italiani in cui è stato affrontato il tema della presunta responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. di una parte che abbia interrotto le trattative volte al trasferimento di una partecipazione azionaria.

Con la sentenza n. 11036/2017 il Tribunale di Milano ha escluso la sussistenza dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita di quote sociali, non ritenendo, al contempo, fondate le richieste risarcitorie di parte attrice basate sulla violazione del dovere di negoziare in buona fede.

Il Tribunale meneghino ha escluso di poter definire meramente pretestuosi i motivi di divergenza emersi nelle trattative negoziali su alcune questioni quali:

a)    l’ampiezza delle garanzie;

b)    il pagamento differito di parte del prezzo;

c)    la definizione di termini e condizioni di obblighi di non concorrenza.

In una più recente pronuncia del Tribunale di Torino (n. 1663/2020), il giudice di primo grado ha escluso la configurabilità di responsabilità precontrattuale della parte che si è ritirata dalle trattative per la compravendita di quota sociale poiché dopo la sottoscrizione della lettera di intenti sono emerse divergenze di non poco momento, riguardanti aspetti rilevanti dell’operazione quali:

a)         le modalità di calcolo della posizione finanziaria netta direttamente incidente sul prezzo della compravendita;

b)         la garanzia a carico del venditore per le eventuali sopravvenienze passive;

c)         il diritto dell’acquirente a nominare un terzo per perfezionare l’acquisto;

d)         l’obbligo di non concorrenza e la relativa penale;

e)         i criteri per la distribuzione degli utili tra i futuri soci.

In una diversa pronuncia del tribunale meneghino (n. 4927/2017), invece, la parte venditrice è stata sanzionata ex art. 1338 c.c. per aver ingiustificatamente receduto dalle trattative.

Il recesso dalle trattative era infatti avvenuto quando le parti:

a)      avevano già siglato una lettera di intenti;

b)      svolto attività di due diligence;

c)      predisposto una bozza di contratto di vendita con indicazione della data per la conclusione del contratto definitivo avanti al notaio.

Da ultimo, si segnala una pronuncia del Tribunale di Torino (n. 1021/2020) che ha ritenuto legittimo il recesso dalle trattative da parte del potenziale acquirente dopo che gli esiti della due diligence (successiva ad una prima firma della lettera di intenti) avevano evidenziato un’evidente situazione di squilibrio finanziario da parte della società target tale da azzerarne completamente il valore aziendale.

La citata giurisprudenza di merito, pur non assumendo carattere di esaustività, è tuttavia in grado di dare uno spaccato significativo delle possibili tensioni che si verificano in sede negoziale nell’ambito di un’operazione di M&A. 

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