15 Novembre 2019

Durc, apprendistato, benefici contributivi: illegittime le pretese dell’Inps

VALENTINA PEPE

Immagine dell'articolo: <span>Durc, apprendistato, benefici contributivi: illegittime le pretese dell’Inps</span>

Abstract

Una recente pronuncia della Corte d’Appello di Milano (n. 1075/2019) è intervenuta sul tema del recupero di benefici contributivi da parte dell’INPS a seguito del mancato tempestivo adempimento – ritenuto tale dall’ente previdenziale – dell’Invito a regolarizzare, ex art. 4, co. 1, del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 30.1.2015, da parte di una società.

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Si tratta di una tematica di grande attualità, considerato che da tempo INPS ha avviato un’azione sistematica di recupero dei benefici contributivi già fruiti dalle aziende nell’ipotesi in cui – ritenuto il mancato possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva – l’azienda non ottemperi, entro il termine di 15 giorni, all’invito a regolarizzare inviatole dall’istituto previdenziale.

 

Nel caso esaminato dalla Corte, la società aveva proposto opposizione avverso due Avvisi di Addebito per il recupero di benefici contributivi (inerenti a rapporti di apprendistato) ai sensi dell’art. 1 comma 1175 della L. 296/2006, emessi dall’INPS per aver la stessa società – secondo l’Istituto - adempiuto tardivamente all’Invito a regolarizzare ex art. 4, co. 1, DM 30.1.2015.

 

Ebbene la Corte milanese, aderendo alle tesi difensive della società ha ritenuto, in primis sotto il profilo <sostanziale>, che il regime contributivo (agevolato e ridotto) previsto per il rapporto di apprendistato non può essere ritenuto beneficio contributivo ex art. 1, comma 1175, L. 296/2006, e quindi non può essere incluso nel novero dei benefici revocabili da Inps ai sensi dalla norma in esame. Considerato, quindi, che tali sgravi sono ordinariamente e generalmente connessi alla totalità dei rapporti di apprendistato, gli stessi costituiscono la regola dello sgravio e non una <eccezione>, cosicché sono comunque esclusi “dal novero dei benefici contributivi –subordinati al possesso dei requisiti di cui all’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006”.  E quindi non possono essere <revocati>, e comunque pretesi <in restituzione>, da Inps sulla base delle previsioni dello stesso art. 1, comma 1175, della L. 296/2006 (cfr. anche Circolare INPS n. 51 del 18 aprile 2008 pure richiamata dalla sentenza in esame nonché Circolare n. 5/2008 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 28 gennaio 2016).

 

Ciò premesso, la sentenza in commento riveste particolare importanza anche nella parte in cui ha accertato un vizio <procedurale> rispetto alla condotta dell’INPS, nella misura in cui l’Istituto previdenziale non aveva rispettato tutti i presupposti e passaggi normativi rilevanti nell’iter che regolamenta il cd. Invito a regolarizzare, nell’ipotesi in cui tale avviso sia stato originato da una verifica di regolarità contributiva ai sensi delle previsioni del citato D.M. 30.1.2015.

Per poter meglio inquadrare il decisum in esame, è opportuno richiamare le norme principali in relazione alle quali la sentenza stessa ha accolto le tesi della società opponente.

L’art. 1 della L. 27 dicembre 2006 n. 296 (legge Finanziaria 2007), comma 1175, come noto, subordina la fruizione dei “benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale” al possesso del DURC.

Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con Decreto 24 ottobre 2007, nell’indicare i requisiti e le modalità di rilascio del DURC, ha precisato che “In mancanza dei requisitidi regolarità contributiva per il rilascio del DURC, gli istituti previdenziali - prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell’art. 3” - “invitano l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni”.

Ebbene, sulla scorta di una interpretazione <sistemica> di tali previsioni normative, da tempo Inps ha avviato una <campagna> di recupero dei benefici contributivi  già fruiti dalle aziende, nell’intero  periodo di ritenuta <irregolarità> delle stesse, e ciò anche per le ipotesi in cui  tali aziende - a seguito dell’invito a sanare una irregolarità contributiva pure minima - effettuino il richiesto pagamento anche pochi giorni dopo il termine di 15 giorni previsto dal richiamato Decreto 24 ottobre 2007.

Questo anche se, a ben vedere, alcuna delle norme in esame postuli o preveda la specifica possibilità (né tantomeno le modalità) di revoca e recupero da parte dell’Inps di benefici eventualmente concessi in assenza dello stesso DURC.

Una fattispecie peculiare si realizza nel caso, come nella fattispecie oggi in esame, in cui il cd. Invito a regolarizzare sia stato originato da una verifica di regolarità contributiva, anche da parte del datore di lavoro, ai sensi delle previsioni di cui al Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 30 gennaio 2015. Ebbene tale D.M., all’art. 4 espressamente prevede che, in tale ipotesi, una volta notificato al datore di lavoro l’invito a regolarizzare, “Decorso inutilmente il termine di 15 giorni […] la risultanza negativa della verifica è comunicata ai soggetti che hanno effettuato l’interrogazione con indicazione degli importi a debito e delle cause di irregolarità”.

Nel caso oggi in esame Inps non aveva però inviato alla società opponente la necessaria “risultanza negativa della verifica ……con indicazione degli importi a debito e delle cause di irregolarità” prevista dall’art. all’art. 4, comma 4, del DM 30 gennaio 2015 succitato, inficiando così l’intero iter procedurale sotteso al poi svolto <recupero> dei benefici.

Pertanto la sentenza in commento, accogliendo anche sotto tale profilo le tesi della società appellata, ha statuito che “ai sensi della norma di cui all’art. 1 comma 1175 legge 296/2006, ai fini del godimento dei benefici contributivi, occorre avere riguardo al possesso del DURC. In tal senso è dirimente la circostanza che, decorsi i quindici giorni per adempiere all’invito a regolarizzare, non sia stato comunicato l’esito della verifica negativa di cui al comma 4 dell’art. 4 DM 30.1.2015 e che, anzi… due mesi dopo l’invito a regolarizzare…è stato rilasciato alla società un DURC telematico regolare”.

Risulta ora interessante vedere se la vicenda in esame sarà sottoposta da Inps al successivo vaglio in diritto della Corte di Cassazione e se, nelle more, altri Giudici di merito sposeranno l’interpretazione, da noi ampiamente condivisa, posta alla base della sentenza d’Appello oggi in esame.

 

Ha collaborato alla stesura del presente articolo l'Avv. Giuseppe Piccolo, Associate dello Studio.

 

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