02 Maggio 2022

Estinzione della società e costituzione di una newco: irrilevante per la responsabilità 231?

ANDREA PUCCIO

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Abstract

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, in materia di responsabilità da reato dell’ente, ha dato vita a un inaspettato revirement del proprio orientamento in ordine agli effetti, ai fini 231, della cancellazione della Società dal registro delle imprese, accendendo il mai sopito dibattito circa la natura sostanzialmente oggettiva della responsabilità delle società, a prescindere dalle vicende modificative che la interessano.

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Il D.Lgs. 231/2001, con l’introduzione, nel nostro ordinamento, della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, non si è limitato a individuare i criteri di imputazione oggettiva e soggettiva dell’illecito all’ente, ma ha, altresì, previsto, alla Sezione II del Capo II, una articolata regolamentazione dell’incidenza, sulla responsabilità delle società, delle vicende modificative connesse ad operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda.

La ratio di un simile intervento – come chiarito nella Relazione Ministeriale al D.Lgs. 231/2001 – è duplice: da un lato, infatti, vi è l’esigenza di evitare che tali operazioni si risolvano in “agevoli modalità di elusione della responsabilità; dall’altro, quella di “escludere effetti eccessivamente penalizzanti, tali da porre remore anche ad interventi di riorganizzazione privi degli accennati intenti elusivi”.

In un simile contesto normativo, tuttavia, il Legislatore non ha fornito indicazioni specifiche in ordine alla regolamentazione delle ipotesi di estinzione della società, la cui disciplina è stata, di fatto, affidata alla giurisprudenza di legittimità.

Nello specifico, sin a partire dal 2013, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, estendendo all’ente - a mente dell’art. 35 D.Lgs. 231/2001 - le disposizioni relative all’imputato, ha statuito che qualora si verifichi l’estinzione fisiologica (e non fraudolenta) dell’ente, come nell’ipotesi della chiusura di una procedura fallimentare, si verte in un caso assimilabile a quello della morte dell’imputato, con la conseguenza che l’estinzione dell’ente, non più esistente, inibisce la prosecuzione del processo per l’accertamento della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001.

Con la sentenza n. 9006 del 17 marzo 2022, la IV Sezione della Corte di Cassazione è pervenuta a una soluzione di segno contrario, affermando che la cancellazione della società dal registro delle imprese, nel silenzio del Legislatore del 2001, non può essere assimilata in modo automatico alla morte della persona fisica. Tale orientamento, a parere della Corte, trova il suo fondamento, in primo luogo, nella “estrema facilità di cancellazioni di comodo”, connessa alla “difficoltà nell'accertamento dell'eventuale responsabilità degli autori della cancellazione patologica”.

Ulteriori sono poi le argomentazioni che corroborano l’assunto formulato dai giudici di legittimità.

Nello specifico, la Corte afferma che le cause estintive dei reati - e degli illeciti amministrativi derivanti da reato a carico degli enti - sono un numero chiuso non estensibile. In secondo luogo, la Corte afferma che il legislatore, quando ha inteso riferirsi alle cause estintive degli illeciti, lo ha fatto espressamente (come nel caso dell’art. 8, co. 2, D.Lgs. 231/2001). In aggiunta, secondo la Cassazione, la dichiarazione di fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo a carico dell’ente. Pertanto, nemmeno l’estinzione per cancellazione dal registro delle imprese dovrebbe determinare un tale effetto. Infine, il richiamo di cui all’art. 35 D.Lgs. 231/2001 alle disposizioni processuali applicabili all’imputato non rappresenta un’estensione indiscriminata, dal momento che il rinvio opera solo “in quanto compatibili”.

Nell’argomentare in tal senso, la Corte aggiunge un’ulteriore considerazione, rilevando – in relazione alle vicende modificative dell’ente - come pure nelle ipotesi di scissione della società permane una forma di responsabilità, riconducibile all’ente beneficiario della scissione medesima (quale può essere una newco), obbligato in solido al pagamento delle sanzioni dovute dall’ente scisso, limitatamente al valore effettivo del patrimonio netto trasferito al nuovo “ente”.

Al riguardo, merita, infatti, rilevare che, affinché gli enti beneficiari della scissione siano attinti dalla rifusione delle sanzioni inerenti alla responsabilità ascrivibile all’ente scisso, non solo non sarà necessario individuare alcuna forma di partecipazione degli scissionari nella commissione del reato presupposto, ma, al fine di radicare la responsabilità del nuovo ente, non sarà nemmeno richiesta una conoscenza effettiva in capo agli esponenti della newco circa la commissione del fatto di reato, presupposto della responsabilità 231.

Sulla base di tutte queste considerazioni, la Cassazione giunge ad affermare che la cancellazione dal registro delle imprese della Società non comporta l’estinzione dell’illecito addebitato alla stessa nel processo penale celebrato anche nei confronti delle persone fisiche che hanno commesso il reato presupposto, ma si limita a determinare il trasferimento della titolarità dell’impresa e, dunque, della relativa responsabilità ai singoli soci. Infatti, afferma la Corte, se con il venir meno della Società, viene meno l’obbligo di esercitare l’attività di impresa in comune, lo stesso non vale per i rapporti che sono sorti prima dell’estinzione della stessa, compresa la responsabilità derivante dalla commissione di un reato.

Nonostante la consapevolezza che l’affermazione di un simile principio pone in termini di contrasto giurisprudenziale, la Corte non fornisce, tuttavia, alcuna soluzione in merito alle modalità di esecuzione della sentenza di condanna e ai termini di coinvolgimento dei singoli soci.

La sentenza, cioè, nonostante la sua portata innovativa, mette in luce problematiche di non poco conto, non solo di carattere operativo, ma anche esegetico, connesse quest’ultime al titolo e alla natura della responsabilità degli enti prevista dal D.lgs. 231/2001, senza prendere alcuna posizione in ordine al problema della compatibilità di tale approccio interpretativo con il carattere sostanzialmente penale – o quantomeno ibrido – della responsabilità degli enti.

Nell’incertezza che tale pronuncia genera, si rende, dunque, improrogabile un intervento risolutivo da parte del Legislatore.

 

 

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