29 Novembre 2019

Gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale: una questione di compliance?

GIANLUCA ORTALLI

Immagine dell'articolo: <span>Gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale: una questione di compliance?</span>

Abstract

Come noto, entro il prossimo 2 dicembre, i soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo e di impresa dovranno provvedere alla trasmissione telematica dei modelli dichiarativi relativi al periodo d’imposta 2018. Salvo cause di esclusione, questi saranno accompagnati dai modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione ed elaborazione degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (i c.d. “ISA”).

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Pur essendo l’entrata in vigore inizialmente prevista per il periodo d’imposta 2017 da parte del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, si sono visti ritardi nel rilascio del software di calcolo durante il 2019 che hanno posto sul piede di guerra la categoria dei Commercialisti ben rappresentata dal Consiglio Nazionale, prima con lo sciopero del 30 settembre e del 1° ottobre, poi con la nota informativa del 21 ottobre 2019 contenente la richiesta della natura sperimentale degli ISA ai fini della formazione delle liste selettive di controllo.

Seppure tali (oggettive) difficoltà hanno comportato un aggravio per la Categoria, è possibile imparare a sopportare quello che non si può evitare[1]?

Ripercorrendo la ratio dell’introduzione di tale strumento, si deduce che i due capisaldi sono costituiti dall’assolvimento degli obblighi tributari e dall’emersione spontanea dei redditi imponibili attraverso un metodo statistico-economico basato su dati e informazioni relativi a più periodi d’imposta del medesimo contribuente (vedasi i c.d. “dati precompilati”) che ha cercato di tenere in considerazione i cambiamenti che, rispetto agli anni precedenti, è venuta ad assumere la situazione di congiuntura economica che ha interessato e continua a interessare il mercato (vedasi verbale della riunione del 9 aprile 2015[2]).

Se l’Amministrazione Finanziaria dimostrerà fattivamente che il risultato (rectius “voto”) negativo di tale strumento non sarà indice di esaustività per l’accertamento e l’emersione di imponibili sommersi con un sincero preventivo contradditorio e, successivamente, con un onesto invito alla regolarizzazione, nel caso di risultato positivo la risposta alla domanda del filosofo francese può essere positiva? In questi anni in cui la compliance assume un valore fondamentale per le imprese ed i professionisti (tanto quanto la produzione di beni o lo scambio di servizi), la pubblicazione del voto positivo potrebbe portare ad un beneficio in termini di riconoscibilità per la società o il professionista?

Se dal lato contributivo per la partecipazione alle gare ed appalti pubblici, per il rilascio delle attestazioni OSA e per l’erogazione di sussidi e convenzioni è necessario l’ottenimento del DURC, perché non utilizzare volontariamente il voto ISA come emblema sintomatico di affidabilità?

Tale provocazione rimane volutamente una domanda, soprattutto in quest’epoca in cui la messa a disposizione di una moltitudine di dati ha comportato un aggravio in termini di costi e di impegno per l’intera categoria dei Dottori Commercialisti che hanno finora subìto un continuo aggiornamento delle loro mansioni e con il (beneficio del) dubbio che tali dati possano essere efficacemente consolidati da parte dell’Amministrazione Finanziaria per l’emersione di un gettito nascosto che a livello macroeconomico e sociale rallenta la crescita di chi, con estrema fatica, ottiene un risultato positivo dalla propria attività e anche dagli Indici Sintetici di Affidabilità.

 

 

 

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