12 Giugno 2019

Lotta al riciclaggio: principali aspetti della normativa di riferimento

ADAMO BRUNETTI

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Abstract

La lotta al riciclaggio costituisce una tematica estremamente delicata se si considerano le vulnerabilità cui è esposto l’odierno scenario economico-finanziario in ragione della pervasività dei fenomeni criminali che lo aggrediscono e del diffuso impiego di strumenti sempre più avanzati per le transazioni. La rapida evoluzione di un simile fenomeno ha smosso l’attenzione del legislatore (sia nazionale che europeo), spingendolo ad intraprendere un percorso normativo finalizzato a disciplinare concretamente le fattispecie nelle quali potrebbero insidiarsi attività illecite riconducibili al riciclaggio, appunto, di denaro illecito. Focalizzando l’attenzione sull’impianto normativo nazionale, il presente lavoro si sofferma sui principali aspetti disciplinati dalla normativa di riferimento in materia costituita dal D.Lgs. 231/2007 modificato dal D. Lgs. 90/2017. Obblighi di adeguata verifica della clientela, di conservazione e di segnalazione sono i tre pilastri che reggono l’intera infrastruttura di repressione delle attività criminose costruita appositamente per individuare operazioni sospette da portare alla conoscenza dell’Autorità competente affinché possa effettuare gli opportuni controlli.

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Premessa. I soggetti obbligati.

La consapevolezza ormai radicata nel contesto sociale che il riciclaggio di denaro rappresenti un fenomeno sempre più insidioso e pervasivo dell’odierno scenario economico-finanziario ha determinato nel tempo il rafforzamento delle misure previste dalla disciplina, sia comunitaria che nazionale, di contrasto a tale fenomeno. L’obiettivo della normativa antiriciclaggio è, invero, duplice: impedire l’immissione o la re-immissione nel circuito economico di proventi di attività illecite e ostacolare il finanziamento del terrorismo. Entrambi tali aspetti, infatti, per quanto apparentemente disomogenei sono accomunati dalla caratteristica di provocare un effetto destabilizzante del mercato.

Il tema è oggi disciplinato dal D.Lgs. n. 231/2007, modificato dal D.Lgs. n. 90/2017 attuativo della IV Direttiva Antiriciclaggio e prossimo ad un’ulteriore novella da parte del Decreto Legislativo che attuerà la V Direttiva Antiriciclaggio (Direttiva UE 2018/843), il cui schema è stato in pubblica consultazione fino al 20 aprile 2019.

La strada tracciata dal legislatore in materia di antiriciclaggio è stata quella di porre a carico di determinati soggetti operanti a vario titolo nel mercato (banche, assicurazioni, operatori finanziari, professionisti ecc. – art. 3 D.Lgs. 231/2007 cit.), una serie di obblighi funzionali ad individuare se in specifiche attività od operazioni possano annidarsi, appunto, finalità di impiego di denaro proveniente da attività illecite.

Con particolare riferimento ai professionisti, su cui si focalizza la presente nota, vi è da dire che fra i destinatari degli obblighi antiriciclaggio compaiono – tra gli altri – secondo l’art. 3 del richiamato D.Lgs. 231/2007, i commercialisti, nonché i notai e gli avvocati quando compiono per conto dei loro clienti operazioni di natura finanziaria o immobiliare o quando li assistono in attività in senso lato economiche (concernenti diritti reali, gestione del denaro, di strumenti finanziari, la costituzione, la gestione e l’amministrazione di società, di trust o soggetti giuridici analoghi).

Su costoro gravano i doveri di adeguata verifica della clientela, di conservazione della documentazione, nonché di segnalazione delle operazioni sospette.

 

Approccio basato sul rischio ed obblighi di adeguata verifica

L’adeguata verifica della clientela costituisce il primo, fondamentale, passaggio dal quale gli operatori devono prendere le mosse nel processo di adeguamento alle prescrizioni antiriciclaggio il cui fine, come visto, è quello di consentire l’individuazione degli indici rivelatori del fenomeno al fine di contrastarlo in via preventiva.

L’approccio seguito in tal senso dal legislatore, infatti, è quello tipico del risk management. Al professionista, in altri termini, si chiede di definire il livello di “rischiosità di riciclaggio” correlato ad un’attività o ad una serie di attività che è chiamato a svolgere, calibrando le conseguenti misure preventive in relazione all’indice di pericolosità individuato. Per far ciò non può prescindere dall’identificazione della nuova clientela e dalla verifica periodica di quella già acquisita. Il destinatario degli obblighi, cioè, deve chiaramente identificare colui che gli richiede di assisterlo in un’operazione o che gli affida un’attività; deve stabilire chi sia il titolare effettivo di quell’operazione o di quella attività (la persona fisica per conto della quale viene condotto un determinato affare o – in caso di entità giuridica – la persona o le persone fisiche che la controllano); deve, infine, acquisire informazioni sullo scopo e la natura della prestazione. Vi è di più: la V Direttiva, in fase di attuazione in Italia, ha introdotto anche il dovere per il soggetto obbligato di dimostrare di aver appurato la veridicità delle informazioni in suo possesso.

 

Obblighi di conservazione

All’obbligo di adeguata verifica si affianca quello di conservazione dell’intera documentazione afferente ciascun cliente, utile per ricostruire in maniera univoca l’ambito di operatività o l’attività del cliente. La finalità è sempre quella di “prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo” e di “consentire lo svolgimento delle analisi effettuate, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, dalla UIF o da altra Autorità competente”. Tale adempimento può essere eseguito anche con sistemi di natura elettronica, indispensabili se si vuole garantire l’integrità dei dati e delle informazioni e la non alterabilità degli stessi in una fase successiva alla loro acquisizione.

Da non trascurare, inoltre, che i sistemi di conservazione adottati dovranno essere allineati con quanto disposto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali, oltreché prevedere che il trattamento delle informazioni avvenga esclusivamente per le finalità previste dalla disciplina antiriciclaggio.

 

Obblighi di segnalazione

Altro pilastro su cui si fonda la disciplina in esame è l’obbligo per i destinatari di inviare senza ritardo una segnalazione di operazione sospetta all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) qualora gli stessi sappiano, sospettino o abbiano motivi ragionevoli di sospettare che “siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa”. Da rilevarsi come tale obbligo imponga una condotta preventiva da parte del soggetto obbligato, dato che ad esso si deve adempiere prima che sia compiuta l’operazione, sulla base di un sospetto rinvenibile dalle caratteristiche, dall’entità, dalla natura delle attività interessate, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta.

Dal complesso del sistema sommariamente qui analizzato, emerge chiaramente come l’approccio basato sul rischio, che permea l’intera materia antiriciclaggio, imponga una certa responsabilizzazione degli operatori economico-finanziari e dei professionisti, per il vero a tratti di non semplice attuazione nel concreto (si veda l’obbligo, appena visto, di segnalare le operazioni sospette che potrebbe incontrare riluttanze da parte dei soggetti obbligati), al pari di quanto accade con altre tipologie di sistemi risk based (Modelli 231 e sistemi anticorruzione).

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