07 Maggio 2018

Nullità del finanziamento fondiario e superamento dei limiti di finanziabilità. Un nuovo contributo giurisprudenziale

RICCARDO SCANDURRA

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Abstract

Punto di partenza nella disamina dell’argomento è la particolare disciplina data dal T.U.B. ad alcune operazioni di credito, significativamente il credito fondiario e alle opere pubbliche.

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Il credito fondiario, definito dal 1° comma dell’articolo 38 T.U.B. (D.Lgs. n. 385 del 1993) come avente per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili, trova la propria disciplina anche nel limite previsto dal 2° comma, secondo cui la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del Cicr,  determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti.

A sua volta il CICR, con delibera del 22.04.1995 ha stabilito nell’80% del valore dei beni ipotecati l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario, percentuale elevabile fino al 100% laddove vengano prestate garanzie integrative.

A più riprese la giurisprudenza è intervenuta sulla natura e sulle conseguenze derivanti dal mancato rispetto del predetto limite.

Anche di recente si è espressa la Corte di Cassazione, mutando l’orientamento precedentemente formulato con la sentenza n. 17352 del 13 luglio 2017, dipoi confermata dalle statuizioni nn. 19016 del 31 luglio 2017 e 6586 del 16 marzo 2018.

La Corte di Cassazione è intervenuta confermando l’orientamento di avveduti giudici di merito, secondo cui, in ipotesi di superamento del limite di finanziabilità, deriverebbe la nullità del contratto di finanziamento nella sua interezza, fatta sempre salva l’ipotesi della relativa convertibilità.

Gli ermellini ricordano, criticandole, le motivazioni a fondamento del precedente orientamento, secondo le quali la determinazione dell’importo massimo finanziabile consisterebbe in una norma di buona condotta prevista a tutela del sistema bancario, la cui violazione avrebbe potuto determinare  l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, qualora ne fosse stata accertata la violazione a seguito dei controlli che competono alla Banca d’Italia, nonché l’eventuale responsabilità, ma non avrebbe potuto certamente concretizzare una ipotesi di nullità, parziale o meno, del contratto di mutuo (Cfr.Cass.27380/2013). Veniva al riguardo ricordata non integrare tale violazione una ipotesi di nullità testuale ai sensi dell’articolo 117, VIII comma, T.U.B..

Il recente orientamento giurisprudenziale, ora richiamato, pur concordando con il precedente ordine alla non applicabilità della disciplina di cui all’articolo 117 T.U.B. ritiene piuttosto applicabile la diversa ipotesi di nullità di cui all’articolo 1418 c.c., sul presupposto che la prescrizione dettata dall’art. 38 citato si inserisce tra gli elementi essenziali di un contratto di mutuo fondiario, “intrinseci del negozio, relativi alla sua struttura”.

Ciò in quanto il limite massimo di concedibilità del finanziamento fondiario risponde alla esigenza di una analitica regolamentazione di tale tipologia contrattuale, dettata da obiettivi economici di carattere generale, ulteriori rispetto al singolo rapporto banca – cliente.      

Il tutto anche in considerazione delle ripercussioni che la fase patologica di tali tipi di finanziamento ha nei confronti del ceto creditorio, a cui è riconosciuta per legge la parità di trattamento salve le legittime cause di prelazione, e dei terzi in generale oltre che, in termini macroeconomici, della stessa economia nazionale, come dimostrato anche dalle recenti crisi di operatori bancari.

Dalla declaratoria di nullità del finanziamento fondiario deriva il venir meno del trattamento di favore riconosciuto come proprio al credito fondiario, quali in via esemplificativa il termine di dieci giorni previsto per il consolidamento delle ipoteche o lo speciale regime previsto in ipotesi di procedura espropriativa eseguita sull’immobile già concesso a garanzia.

Le decisioni ora in esame criticano l’idea secondo cui l’interesse del cliente sarebbe sempre quello di ottenere il finanziamento nel massimo importo possibile, anche prescindendo dal limite di finanziabilità, giacché la esatta individuazione del limiti di finanziabilità, regolando il quantum della prestazione creditizia, permetterebbe di evitare, nei limiti, rischi di sovraesposizione a carico dello stesso cliente e, con essi, anche di consentire la preservazione dei più generali interessi alla continuità del sistema.

Nel suo escursus la Cassazione individua anche uno strumento per superare l’eventuale ipotetico stallo derivante dalla evocata dichiarazione di nullità, consistente nella conversione del tipo contrattuale in un ordinario contratto di mutuo, ammissibile anche in considerazione dell’intento pratico perseguito dalle parti.

Ciò, tuttavia, impone una attenta valutazione dei rapporti in essere nella loro singolarità e di una conseguente più incisiva verifica delle condizioni applicate alle fattispecie contrattuali anche rispetto agli intenti così perseguiti.      

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