27 Febbraio 2019

I “nuovi” piani attestati di risanamento nel “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”

ALESSANDRO GUIDO

Immagine dell'articolo: <span>I “nuovi” piani attestati di risanamento nel “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”</span>

Abstract

Con la recente approvazione in via definitiva dello schema di decreto legislativo recante “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”, il Legislatore fornisce finalmente una disciplina autonoma e compiuta per i piani attestati di risanamento, in luogo dell’attuale previsione contenuta nell’art. 67, comma 3, lettera d) della Legge Fallimentare che ne regola soltanto gli effetti nell’ambito delle esenzioni dall’azione revocatoria fallimentare.

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1. Introduzione

I piani di risanamento sono stati introdotti per la prima volta nel nostro ordinamento con la novella alla Legge Fallimentare di cui alla legge n. 80/2005.

Nonostante la collocazione “marginale” tra le ipotesi di esenzione da revocatoria fallimentare e la mancanza di una disciplina specifica, i piani di risanamento, grazie anche alla loro duttilità, si sono ben presto affermati tra gli operatori legali ed economici come uno degli strumenti più agili e proficui per il superamento della crisi d’impresa in via privatistica.

Con l’approvazione del “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza” (il “Codice”), il Legislatore ha il merito di modificare ed integrare la disciplina dei piani attestati di risanamento attraverso la previsione dell’art. 56 con cui viene di fatto codificata l’elaborazione della prassi in ordine alle finalità e i contenuti minimi dei piani di risanamento (da ultimo si vedano i principi elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili nel settembre 2017).

2. Presupposti e finalità

L’istituto in questione è rivolto agli imprenditori che si trovino in stato di crisi o di insolvenza e che siano assoggettabili alla liquidazione giudiziale, ovvero la nuova procedura così denominata all’interno del Codice che sostituirà il fallimento.

L’impresa deve trovarsi in una situazione di difficoltà non irreversibile, recuperabile mediante la predisposizione di un piano, rivolto ad uno o più creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria.

Il piano di risanamento non deve avere quindi finalità meramente liquidatorie, bensì deve essere in grado di garantire la continuità aziendale attraverso una serie di interventi volti ad eliminare gli squilibri che hanno determinato la situazione di crisi.

Ciò trova anche conferma nella relazione illustrativa del Codice.

3. Requisiti e contenuto

L’art. 56 prescrive che il piano di risanamento deve avere data certa, così come gli atti unilaterali e i contratti posti in essere in esecuzione dello stesso, per i quali è anche prevista espressamente la forma scritta.

Per quanto concerne il contenuto, il piano di risanamento dovrà necessariamente indicare:

  1. la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa;
  2. i principali motivi che hanno determinato lo stato di crisi e l’analisi delle relative cause;
  3. i presupposti, le strategie d’intervento e i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
  4. l’elenco dei creditori e l’ammontare dei crediti per i quali si richiede la moratoria, lo stralcio e/o la rinegoziazione, nonché lo stato delle eventuali trattative;
  5. l’eventuale apporto di nuova finanza;
  6. la durata del piano, in modo da poter verificare la realizzazione degli obiettivi, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra le previsioni e le situazioni in atto.

Inoltre, il terzo comma dell’art. 56 prevede che al piano devono anche essere allegati i documenti di cui all’art. 39 del Codice, quali a titolo esemplificativo le scritture contabili e fiscali obbligatorie, i bilanci degli ultimi tre esercizi, la relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel quinquennio anteriore.

Il piano così predisposto deve quindi essere asseverato, con una relazione giurata, da un professionista indipendente, in possesso dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, lett. o) del Codice, che ne attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica.

4. Effetti

Qualora il debitore vi abbia interesse, tanto per sfruttare i benefici fiscali su eventuali sopravvenienze attive, quanto ai fini della pubblicità legale degli atti, il piano di risanamento attestato e il relativo contratto esecutivo sottoscritti dal debitore e dai creditori possono essere pubblicati nel Registro delle Imprese.

Gli ulteriori e ben più rilevanti effetti connessi all’adozione di un accordo in recepimento di un piano di risanamento sono disciplinati dagli artt. 166 e 324 del Codice, i quali dispongono, rispettivamente, (i) l’esenzione dall’azione revocatoria degli atti e dei pagamenti compiuti in esecuzione del piano e (ii) l’esenzione dalle responsabilità penali relative ai reati di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice eventualmente discendenti dal compimento di tali atti e pagamenti.

5. Entrata in vigore

L’art. 389 del Codice prevede, con la sola eccezione di alcuni articoli riguardanti, inter alia, (i) l’istituzione di un albo nazionale per i soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria di ricoprire un ruolo di gestione e controllo nelle procedure concorsuali e (ii) alcune modifiche al codice civile in tema di assetti organizzativi societari e nomina degli organi di controllo, una vacatio legis di diciotto mesi dalla data di pubblicazione del Codice nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta lo scorso 14 febbraio.

Ne consegue che la maggior parte delle nuove norme entrerà in vigore il 15 agosto 2020, mentre fino ad allora, la disciplina di riferimento dei piani attestati di risanamento sarà ancora quella prevista dall’art. 67, comma 3, lettera d) della Legge Fallimentare.

 

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