05 Dicembre 2017

Punitive damages e ordinamento italiano: una prima apertura verso il riconoscimento

CRISTINA CENGIA

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Abstract

L’istituto dei punitive damages è sempre meno estraneo agli ordinamenti di civil law. La giurisprudenza di legittimità è stata costante nel ritenere i danni punitivi incompatibili con il sistema interno. Recentemente, tuttavia, con la pronuncia a Sezioni Unite n. 16601/2017, la Suprema Corte ha manifestato una significativa apertura verso il riconoscimento di tale istituto nel nostro ordinamento.

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Per punitive damages s’intende un istituto giuridico secondo cui, quando si verificano profili di responsabilità civile in capo ad una persona fisica o giuridica per danni conseguenti a condotte da parte di quest’ultima, è possibile prevedere la condanna ad una sanzione pecuniaria a carattere punitivo ulteriore rispetto alla sanzione compensativa necessaria a ristorare il danneggiato del danno effettivamente subito.
I danni punitivi costituiscono un istituto tipico degli ordinamenti di common law e detto istituto sta diventando sempre meno estraneo agli ordinamenti di civil law che, seppur in limitate ipotesi, offrono un riconoscimento giuridico alla fattispecie.
Lo scopo dell’istituto in esame consiste nel sanzionare il responsabile di condotte lesive in ragione del carattere particolarmente doloso delle stesse ovvero della gravità del danno sociale arrecato, tutelando contestualmente anche gli interessi patrimoniali della vittima ed ottenendo un effetto deterrente nei confronti di altri potenziali trasgressori.
La finalità dell’istituto è, in un certo senso, vicina a quella della sanzione penale, pur rimanendo comunque una fattispecie civilistica derivante da un illecito di natura extracontrattuale che oggi trova applicazione soprattutto in ambito di responsabilità del produttore per danni da prodotto difettoso.
In particolare, si pone al confine tra la sanzione penale – evidentemente caratterizzata da una ratio preventiva e deterrente – e la sanzione civile tradizionalmente qualificata da dottrina e giurisprudenza come tesa ad una funzione risarcitoria e ripristinatoria.

Si pone la necessità di valutare se ed in che limiti i punitive damages possano rapportarsi con il diritto italiano ed essere comminati a persone fisiche o giuridiche in forza di sentenze straniere per le quali venga depositato ricorso per delibazione.
Nello specifico, si pone il problema della compatibilità dei punitive damages con due concetti cardine del nostro ordinamento, cioè la nozione di ordine pubblico e la natura e la funzione della responsabilità civile.
Con riferimento al primo, è possibile affermare che con ordine pubblico si intenda il sistema dei valori che connotano un certo ordinamento giuridico, la cui osservanza è ritenuta indispensabile per l’esistenza stessa dell’ordinamento.

L’ordine pubblico rappresenta dunque l’insieme dei principi fondamentali di un sistema giuridico e si pone come limite al riconoscimento di fattispecie estranee e incoerenti rispetto a detti principi, come statuito dall’art. 16 L. 218/1995.
Relativamente al secondo aspetto, filoni dottrinali diversi hanno attribuito alla responsabilità civile differenti funzioni, nello specifico:

  • funzione compensativa, volta a riparare la perdita subita dal danneggiato;
  • funzione satisfattiva, finalizzata a ristorare il danneggiato per avere subito una lesione a un bene giuridico tutelato;
  • funzione preventiva o deterrente;
  • polifunzionale.

Tuttavia, è maggioritario l’orientamento che individua quale finalità tipica di tale responsabilità quella compensativa, avendo la sanzione del risarcimento del danno il compito di ristorare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione mediante l’attribuzione di una somma che tenda a eliminare le conseguenze del danno subito, restando tendenzialmente estranea al sistema interno l’idea della punizione – sanzione del responsabile civile ed indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta: ciò che rileva è l’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso.
Non può tuttavia sottacersi che, nel corso dell’ultimo decennio, il legislatore è intervenuto introducendo delle fattispecie con elementi per certi versi similari a quelli che contraddistinguono i punitive damages.
Alcuni esempi:

  • art. 125 D.lgs. 30/2005, in caso di violazione del diritto di proprietà intellettuale;
  • art. 614-bis c.p.c., che introduce l’istituto delle astreinte;
  • art. 96, comma 3, c.p.c., in tema di condanna per lite temeraria.

Alcuni autori sono dunque giunti a sostenere che la responsabilità civile abbia assunto caratteri di polifunzionalità mediante l’inserimento di figure c.d. ultracompensative di danno.

I punitive damages nella giurisprudenza italiana

Secondo l’orientamento costante della Cassazione i danni punitivi sono stati considerati incompatibili con l’ordinamento italiano (cfr. Cass. 1183/2007; Cass.1781/2012), sulla base delle seguenti argomentazioni:

  • la responsabilità civile non ha carattere punitivo, fondandosi il risarcimento del danno sull’esistenza di una lesione e sulla prova delle conseguenze negative per il danneggiato;
  • la risarcibilità del danno è condizionata all’accertamento delle lesioni inferte dall’illecita condotta altrui, non potendosi considerare provata in re ipsa;
  • si tratta di un istituto in contrasto con l’ordine pubblico.

Tuttavia, la recentissima sentenza delle Sezioni Unite n. 16601/2017 costituisce una prima apertura al riconoscimento dei punitive damages in ragione di:

  • una nuova concezione di ordine pubblico che si identifica con il complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, fondati su esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e desumibili dai sistemi di tutela sovranazionali;
  • un’accezione polifunzionale della responsabilità civile.

Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga la condanna ai danni punitivi non è esente, però, da condizioni, in quanto il giudice italiano dovrà accertare che il giudice straniero:

  • rispetti i principi di tipicità delle ipotesi di condanna e della loro prevedibilità previsti nell’ordinamento straniero;
  • nonché individui i limiti quantitativi alla determinazione del risarcimento.

Il riconoscimento di sentenze straniere di condanna al risarcimento di danni punitivi non può certo equivalere all’ammissione, in generale, della figura risarcitoria punitiva. Tuttavia, la decisione segna inequivocabilmente un cambio di orientamento rilevante.

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