12 Aprile 2022

Residui da costruzione e demolizione e circular economy

ALESSANDRO KINIGER

Immagine dell'articolo: <span>Residui da costruzione e demolizione e circular economy</span>

Abstract

I rifiuti da costruzione e demolizione (c.d. C&D waste) costituiscono il 45,5% delle tonnellate totali di rifiuti speciali prodotti ogni anno nel nostro Paese. 

Nel contesto della circular economy, rilanciato dalla Direttiva 2018/851/UE, e nell’obiettivo prioritario della prevenzione espresso nella gerarchia di cui all’art. 179 del d.lgs. 152/2006, considerare ciò che esita dalle attività di costruzione e demolizione sempre e solo come rifiuto sarebbe miopicamente riduttivo. 

Per questo è più corretto parlare di residui da C&D (C&D residues), cerando di ancorarne la qualifica, e la conseguente gestione, a concetti più circolari come quelli di riutilizzo e di sottoprodotto. In mancanza delle condizioni per realizzare la prevenzione, i residui da C&D dovranno essere qualificati come rifiuti e verranno sottoposti ad un recupero di qualità.

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La demolizione selettiva

Il riutilizzo dei residui da C&D è l’obiettivo, in primo luogo, della demolizione selettiva. Si tratta infatti di una buona pratica che consente di ridurre le quantità di rifiuti prodotti, rimuovere e trattare le sostanze pericolose e facilitare il riutilizzo dei residui e la qualifica degli stessi come sottoprodotti.

La demolizione selettiva permette inoltre il riciclaggio di alta qualità di ciò che non può che essere qualificato rifiuto, grazie a sistemi di cernita per separare le diverse frazioni.

Le linee guida SNPA del 2016[1] prevedono un’indagine preliminare sulla struttura da demolire, sul sito e sull’area circostante, per caratterizzare la natura dei materiali che la compongono, nonché una declinazione delle attività funzionali alla demolizione, utili per:

- gestire eventuali criticità, come possono essere materiali contenenti amianto, cisterne interrate, rifiuti pericolosi, materiali contaminati da sostanze pericolose;

- valorizzare le parti direttamente riutilizzabili, come infissi, porte, strutture metalliche, pavimentazioni.

Sul tema della demolizione selettiva è recentemente intervenuto anche l’UNI, pubblicando alcune indicazioni nella UNI/PdR 75:2020 contenente “Linea guida per la decostruzione selettiva e il recupero dei rifiuti in un’ottica di economia circolare”.

 

Sottoprodotti da C&D

Restando nel tema della prevenzione, bisogna chiedersi se i residui da C&D possono essere qualificati come sottoprodotti.

Il tema, purtroppo, resta controverso ed il punto critico riguarda la prima condizione per aversi sottoprodotti, relativa alla provenienza del residuo da un processo di produzione del quale costituisce parte integrante ma non l’obbiettivo principale (comma 1, lett. a) dell’art. 184-bis del d.lgs. 152/2006).

Per la Cassazione penale, infatti, «la demolizione di un edificio non può essere considerata “un processo di produzione” e quindi gli inerti che ne derivano sono rifiuti che non possono essere qualificati come sottoprodotti» (Cass. pen., 28 luglio 2015, n. 33028). Vi è, pertanto, una netta distinzione tra i residui della demolizione e quelli della costruzione posto che quest’ultima costituisce un’attività (di produzione) che “può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni“ (Cass. pen., 15 ottobre 2013, n. 42342).

La medesima Corte ha però aperto a specifiche ipotesi nelle quali la qualifica di sottoprodotto è sostenibile, come il fresato d’asfalto, che può essere sottratto alla qualifica di rifiuto se riutilizzato, senza alcun trattamento, nello stesso ciclo di produzione e senza operazioni di stoccaggio a tempo indefinito (Cass. pen., 14 marzo 2019, n. 11452).

In questo contesto interpretativo, se l’obiettivo è realizzare la gerarchia e prevenire la produzione di rifiuti, per applicare il concetto di sottoprodotto ai residui da C&D è necessario che il MiTE emani uno specifico Decreto Ministeriale, come previsto dal comma 2 dell’art. 184-bis, per individuare i criteri qualitativi e quantitativi per qualificare questi residui come sottoprodotti, come già è stato fatto – con successo – in tema di terre e rocce da scavo con il DPR 120/2017.

 

Rifiuti da C&D

Se non può essere garantita la prevenzione, i residui da C&D dovranno essere qualificati rifiuti ed essere sottoposti ad operazioni più o meno spinte di recupero: dalla preparazione per il riutilizzo (magari già all’interno del cantiere per ridurre gli impatti all’esterno), a campagne di recupero con impianti mobili (per i quali il PNRR ha recentemente previsto importanti sgravi), fino al trattamento in impianti terzi regolarmente autorizzati.

Se non pericolosi, i rifiuti da C&D sono ammessi al recupero in regime semplificata alle condizioni del D.M. 5 febbraio 1998, anche se, da un punto di vista tecnico, sono note la rigidità dei limiti e le incertezze metodologiche nella preparazione del campione per il test di cessione, che possono rendere inattendibile il dato raccolto. Oltre al citato D.M. troviamo, a livello nazionale, le due linee guida maggio-novembre 2016 del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) concernenti le modalità operative per la gestione e il controllo dei rifiuti da attività di costruzione & demolizione e le modalità operative per la gestione, il controllo e l’utilizzo nel settore delle costruzioni di prodotti ottenuti dal recupero di inerti.

Fuori dalle ipotesi di recupero semplificato, nel regime autorizzativo ordinario, sperimentale ed integrato occorre fare riferimento ai criteri specifici stabiliti nelle singole autorizzazioni, fintanto che non sarà emanato l’atteso Decreto Ministeriale sull’End of Waste derivante dai rifiuti C&D, sul quale il Consiglio di Stato si è espresso in sede consultiva da ormai due anni (parere interlocutorio del 3 settembre 2020).

Nell’attesa di tale decreto, è nato il primo consorzio di filiera - il Consorzio REC (Recupero Edilizia Circolare) - che ha predisposto un disciplinare di supporto ai centri di vendita di materiali edili per diventare aree di deposito preliminare di rifiuti da C&D come previsto dal recente art. 185-bis del d.lgs. n. 152/2006[2].

Per incrementare il recupero di materia e ridurre le operazioni di riempimento resta ferma la necessità di rendere i materiali riciclati più competitivi in termini di costi rispetto ai materiali vergini, massimizzare le informazioni sui materiali utilizzati negli edifici esistenti, sensibilizzare gli utenti finali sulla qualità degli aggregati riciclati, nonché migliorare le modalità di demolizione, come ha ricordato l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) in una nota informativa del gennaio 2020 (“Rifiuti da costruzione e demolizione: sfide e opportunità in un’economia circolare”[3]).

 

 

 

 

 

 

 

[1] https://www.isprambiente.gov.it/files/snpa/consiglio-federale/Delibera89cfcriterieindirizzicondivisiperilrecuperodirifiutiinertieallegati.pdf

[2] “per i rifiuti da costruzione e demolizione, […] il deposito preliminare alla raccolta può essere effettuato presso le aree di pertinenza dei punti di vendita dei relativi prodotti”.

[3] https://www.eionet.europa.eu/etcs/etc-wmge/products/etc-wmge-reports/construction-and-demolition-waste-challenges-and-opportunities-in-a-circular-economy

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