29 Gennaio 2018

Responsabilità di ospedali e cliniche: la parola a SIMLA

SIMLA

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Abstract

Cosa è cambiato per strutture ospedaliere e professionisti sanitari dopo la Legge 24/17 Gelli-Bianco "Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie", in vigore dall’8 marzo 2017.

Tra i capisaldi della legge Gelli-Bianco (dal nome dei suoi due relatori, entrambi medici) - che vuole superare le criticità della Legge Balduzzi, alla ricerca di un equilibrio tra il diritto alla salute e la tutela dei professionisti sanitari -, meritano attenzione la presunta assicurabilità obbligatoria (art. 10), l’istituzione di centri di controllo coordinati dal Ministero della Salute per la sicurezza dei pazienti (art. 2), le nuove procedure per la gestione del contenzioso legate a iniziali forme mediativo-conciliative (art. 8) e, solo in seguito, a disamine tecniche nell’ambito del vero e proprio processo civile attraverso consulenze eseguite da specialisti del settore interessato e da specialisti in medicina legale (art. 15). Un’altra novità della Legge 24/17 è l’implementazione in modo massiccio del Sistema Nazionale Linee Guida, che dovrebbero essere di riferimento per il comportamento del personale sanitario, attraverso l’immissione delle linee guida prodotte dalle Società scientifiche mediche che saranno accreditate dal Ministero.

La Gelli-Bianco riprende comunque alcuni elementi propri della Legge Balduzzi del 2012, come la riduzione della sanzionabilità del medico in relazione all’adesione, nel suo comportamento, alle linee guida (art. 5). Ciò dovrebbe garantirgli la non punibilità qualora operasse con “imperizia”, ma in conformità alle linee guida.

PERCHÉ DELLA LEGGE GELLI-BIANCO

La necessità di questo intervento legislativo era legata a una crisi del settore assicurativo operante nell’ambito della malpractice medica, connessa essenzialmente all’abbandono del mercato da parte della maggioranza dei gruppi assicurativi nazionali in questo settore, dovuta, sia a una reale insostenibilità finanziaria, sia a una difficoltà organizzativa insita in questo sistema, stante la problematicità nella gestione di sinistri di questa natura, che richiedono esperti in ambito sia ambito giuridico, sia clinico, sia medico legale.
Tale crisi ha portato molte regioni italiane ad affidarsi all’autoassicurazione, ovvero a rinunciare a coperture assicurative, “pagando” in proprio come aziende, i sinistri; l’attuale situazione in Italia è quella di una generalizzazione di questo fenomeno anche al di fuori delle regioni che hanno da sempre sostenuto l’autoassicurazione (Emilia Romagna, Toscana, Liguria). La maggior parte delle aziende sanitarie nazionali risulta assicurata solo con franchigie superiori, come minimo, ai 250mila euro.

La Gelli-Bianco mira anche a dare maggiore copertura ai medici operanti nel settore pubblico, che risulteranno meno facilmente considerati responsabili dei risarcimenti, in quanto cambia la loro prospettiva rispetto a quanto stabilito da una costante giurisprudenza. Il medico ospedaliero o dipendente pubblico è passato, grazie alla nuova legge, in una posizione di cosiddetta responsabilità aquiliana (extracontrattuale) e non più in quella di natura contrattuale, che rimane invece per tutte le strutture (pubbliche o private) e per tutti i medici che operano come liberi professionisti. Tale situazione è favorevole ai medici delle strutture pubbliche in quanto spetterà al paziente dimostrare la responsabilità del medico. Al contrario, in ambito di responsabilità contrattuale (quella valida per i liberi professionisti e per tutte le strutture sanitarie sia pubbliche che private) il paziente, una volta dimostrato il legame tra l’intervento medico-chirurgico e una propria nuova malattia, avrà assolto i propri obblighi probatori; starà all'ospedale dimostrare che il cattivo risultato di una procedura diagnostica si sia verificato solo per fatto imprevedibile e non prevenibile, attestando quindi una perfetta operatività dei dipendenti.

Questa separazione delle posizioni (tra struttura sanitaria e esercente la professione sanitaria, benché solo in ambito pubblico) dovrebbe facilitare il medico e far scendere anche i premi assicurativi per il dipendente pubblico. Infatti, le rivalse delle aziende nei confronti dei professionisti sanitari potranno mettersi in opera solo in caso di dolo o di colpa grave e con un massimale fissato sulla base delle retribuzioni del medico (art. 9). Invece, come si è detto, la situazione non cambia per il medico libero professionista.

LIMITI DELLA LEGGE GELLI-BIANCO E GLI INTERVENTI DELLA MAGISTRATURA

Difficile prevedere gli effetti di questa legge, peraltro soggetta a differenti interpretazioni, ma il suo “goal” sembra lontano; complicano il panorama i suoi stessi meccanismi intrinseci, ad esempio la diretta chiamata in causa, al posto dell’ospedale, dell’assicurazione, che non può ritrarsi adducendo problematiche di natura contrattuale (art. 12, “il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione”). La legge, in più, ha presentato già delle falle che ne hanno determinato alcuni aggiustamenti nonostante fosse stata già promulgata ed è anche stata contestata per la sua scarsa chiarezza su più fronti.

Recentemente (21/12/17), infatti, la Cassazione Penale ha deciso di riunirsi come Sezione Unite per decidere quale dovesse essere l’esatta interpretazione del concetto di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria, viste le discrasie esistenti tra la precedente Legge Balduzzi e la Legge 24/16, arrivando a conclusioni che, allo stato, sono da considerare l’interpretazione da seguire in merito a questa fattispecie.

La non punibilità dell’esercente la professione sanitaria non sussisterebbe, dunque:

  1. se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da negligenza o imprudenza;
  2. se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia:
    • nell'ipotesi di errore rimproverabile nell'esecuzione dell'atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
    • nell'ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l'obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
  3. se l'evento si è verificato per colpa (soltanto "grave") da imperizia nell'ipotesi di errore rimproverabile nell'esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell'atto medico.

È chiaro che anche questo intervento, ritenuto necessario dai Giudici della Suprema Corte, non può che essere considerato un indice di quanto il testo di Legge sia da considerare, almeno in alcune parti, di scarsa chiarezza, con una Magistratura, del più elevato grado, che riprende concetti, quali quello della “graduazione” della colpa (“lieve” – “grave”) che erano stati esplicitamente esclusi nella redazione del testo Gelli-Bianco.

Per concludere, va infine aggiunto che, in ambito di responsabilità professionale medica, sono i medici legali le figure tecniche deputate a decidere sul comportamento dei colleghi (art. 15). Per la prima volta la Legge italiana, infatti, riconosce una specifica competenza allo specialista in medicina legale, determinando che egli solo, insieme a uno specialista della branca interessata, può essere nominato consulente di un giudice. Ciò esalta l’attività medico-legale, ma carica anche il medico legale di una responsabilità assai gravosa.

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