23 Agosto 2022

Segnalazione e intermediazione assicurativa. Quanta confusione…

IVAN DIMITRI CALAPRICE

Immagine dell'articolo: <span>Segnalazione e intermediazione assicurativa. Quanta confusione…</span>

Abstract

(Articolo pubblicato il 16/12/2021)

Il confine fra intermediazione/distribuzione assicurativa e mera attività di segnalazione non è sempre molto netto. Nel web si osservano piattaforme di presentazione di prodotti a carattere ibrido che, da un lato sembrano ispirate da / e imperniate sulla volontà di assistere l’utente nel processo di acquisto di prodotti assicurativi ma dall’altro pretermettono informazioni obbligatorie, come se si trattasse di mera pubblicità.

Se è vero che, a volte, le frontiere fra una fattispecie e l’altra sono molto labili è altrettanto vero, però, che ci sono dei capisaldi in una materia che ha una sua storia e di cui spesso anche taluni intermediari assicurativi dimenticano o, peggio, non conoscono, la linea evolutiva.

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La prima formalizzazione della nozione di segnalazione

Con l’emanazione dell’oramai abrogato Regolamento Isvap 5/2006 – primo testo di riferimento per gli intermediari all’indomani dell’avvento del Codice delle Assicurazioni e della rivoluzione che esso recò nel loro comparto - l’Istituto di Vigilanza, si premurò di pubblicare, contestualmente, sul proprio sito web una prima serie di “Domande frequenti sull’attività di intermediazione assicurativa”. Queste faq avevano naturalmente lo scopo di offrire una sorta di interpretazione autentica delle regole con riguardo a situazioni che restavano – al di là della lettera della norma - poco chiare.

In questa prima serie di 14 domande quella contraddistinta dal numero 1.5 recitava: “Esercita attività di intermediazione assicurativa il procacciatore di affari o il segnalatore ?

La (auto)risposta dell’allora Isvap fu secca: “Alla luce della definizione di cui all’art. 106 del Codice delle assicurazioni e dell’art. 2 lett. d) del Regolamento, l’attività di mera segnalazione di nominativi all’intermediario non è riconducibile alla nozione di attività di intermediazione, salvo che essa non si sostanzi anche in un’attività di assistenza o consulenza finalizzate alla presentazione o proposta di contratti di assicurazione ai clienti segnalati e comporti la percezione di un compenso”.

 

Il recepimento da parte del mercato delle indicazioni dell’Autorità di Vigilanza

Chi abbia vissuto – a qualunque titolo - i primi anni di applicazione del Regolamento Isvap 5/2006 nel mondo assicurativo sa bene quanti e quali dilemmi abbia generato – di per sé - il lemma “segnalazione”. La menzionata faq 1.5 – è bene chiarirlo da subito – è rimasta, per anni, l’unico punto di riferimento per una riflessione ponderata su cosa rientrasse nel paradigma dell’intermediazione (implicando, quindi, la necessità di una iscrizione al Registro Unico degli Intermediari) e cosa no (implicando, di converso, il rischio di un errore di valutazione pericolosamente foriero di una riqualificazione postuma di un’attività, da parte dell’allora Isvap, quale forma di “intermediazione abusiva”).

Il tema per l’appunto non era e non è di minimo conto se si considera che inquadrare una certa condotta operativa in un modo o nell’altro comportava quindici anni fa e comporta oggi non solo il rischio di sanzioni ma anche l’integrazione del reato di esercizio abusivo di una professione (ex art. 348 del Codice penale).

E’ indubbio che i casi più paradigmatici di questi dilemmi si profilavano nelle ipotesi di collaborazioni strategiche con soggetti estranei al mondo assicurativo ma che con gli operatori di esso erano già usi stringere collaborazioni commerciali.

Dare informazioni più o meno dettagliate su un prodotto assicurativo su un flyer di un supermercato partner di una Compagnia poteva rientrare o meno nel concetto di assistenza finalizzata alla presentazione di un prodotto?

E inserire un banner su un portale dedicato alla vendita di articoli di elettronica?

Fatto sta che – superate alcune perplessità iniziali – nel comparto assicurativo si registrarono i primi accordi di segnalazione…

 

Gli accordi di segnalazione

Pur in assenza di un robusto ancoraggio a referenti normativi o regolamentari certi, la pratica della segnalazione è via via diventata negli anni una modalità “laterale” di approccio al mondo assicurativo.

Garantire un compenso – come è accaduto all’indomani di queste faq e come accade oggi –a soggetti la cui attività non abbia alcun addentellato con il mondo assicurativo a fronte dell’impegno a limitarsi a segnalare l’esistenza di potenziali clienti era ed è una pratica ontologicamente remunerativa per tutti.

Per chi (compagnie e intermediari) i prodotti assicurativi li crea e li colloca e per chi – pur facendo tutt’altro – abbia la disponibilità di nominativi di soggetti potenzialmente interessati a coperture di qualunque tipologia.

Il nocciolo delle pattuizioni contrattuali di questi modelli è stato ed è – come è naturale che sia – un set di impegni da parte del segnalatore a non scollinare nella presentazione dei prodotti con un livello di dettaglio tale da poter integrare una forma di assistenza o di consulenza.

 

Segnalazione e leggende metropolitane

Come tanti temi che afferiscono al comparto assicurativo anche quello di cui si tratta non è stato esente dall’essere condizionato da idee strambe o prese di posizione non suffragate da alcuna norma primaria o secondaria.

Nel ricco paniere di queste stravaganze interpretative possono senz’altro annoverarsi i) l’idea (naturalmente sbagliata) che un intermediario assicurativo regolarmente iscritto al RUI non possa svolgere anche l’attività di segnalatore ii) l’idea (parimenti sbagliata) che denominare il compenso di segnalazione quale “provvigione” possa essere sufficiente per riqualificare l’attività in termini intermediativi iii) l’idea che risolto il tema sul piano assicurativo gli aspetti di privacy e di ossequio delle norme a protezione del consumatore diventino del tutto periferici se non assolutamente irrilevanti.

 

L’avvento della IDD e l’inserimento di norme ad hoc nel Codice delle Assicurazioni

Dal 1° ottobre 2018 il Codice delle Assicurazioni è in una versione novellata,  all’esito del recepimento da parte dell’Italia di una direttiva comunitaria ( 2016/97, meglio nota come IDD ) che contempla – pur senza trattarlo apertamente ed esplicitamente – anche una disciplina della segnalazione.

Problema risolto? Paure annientate? Affatto.

L’esperienza di chi scrive (e di molti) testimonia che nonostante il fatto che oggi – a differenza di ieri – si possa fare affidamento a dei criteri meglio circostanziati per comprendere ciò che sia intermediazione e ciò che invece debba essere messo sotto il cappello della segnalazione, continuano a proliferare tesi esotiche le quali – ogni volta con un argomento diverso – tendono a disapprovare, con manifesta ma infondata diffidenza, l’idea che possano lecitamente intrecciarsi sinergie satisfattive fra chi di assicurazioni se ne occupa per mestiere e chi, invece, pur occupandosi d’altro, potrebbe trovare in esse l’occasione per beneficiare di occasioni di reddito senza minimamente compromettere o condizionare la sacrosanta sfera dei diritti dei contraenti di prodotti assicurativi.  

 

L’ibridazione delle piattaforme digitali

A quindici anni di distanza dalle citate faq del Regolatore il concetto di segnalazione, pur meglio oggettivato e perimetrato, è divenuto anche – più o meno inconsapevolmente ed assai pericolosamente – il grimaldello per scardinare l’idea che una presentazione consapevole e strutturata di un prodotto assicurativo possa (e debba) essere fatta solo da chi sia effettivamente operante quale intermediario ovvero da una Compagnia assicurativa. Accade infatti di imbattersi in siti web che di fatto governano un processo di vendita di un prodotto (dunque determinando un fenomeno intermediativo) ma declinano la propria strutturazione come se si trattasse di mera comunicazione pubblicitaria.

Il risultato ?

Un fritto misto di informazioni sicuramente indigesto in ottica di verifiche ispettive.

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