03 Dicembre 2018

Non è solo cosa vostra! Breve commento al codice di autodisciplina delle società non quotate a controllo familiare

MARCO CRISTIANO PETRASSI

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Abstract

Nell’ottobre del 2017 l’Associazione Italiana delle Azienda Familiari ha pubblicato, in collaborazione con l’Università Bocconi, il primo Codice di Autodisciplina delle Società non quotate a controllo familiare (il “Codice”). Si tratta di un progetto ambizioso che ambisce a porsi come punto di riferimento per tutte le società a partecipazione familiare, anche di dimensioni medio-piccole. Sebbene sia influenzato dall’esperienza del Codice di Autodisciplina per le Società quotate, il Codice se ne distingue con spunti di originalità, probabilmente scaturiti dalla necessità di tenere conto del diverso ambito soggettivo di applicazione e delle particolari problematiche che tipicamente sorgono nel governo dei gruppi familiari.

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Un elemento di innovazione è la mappatura– assente nel codice emanato di Palazzo Mezzanotte – degli stakeholders rilevanti, come dipendenti, banche e finanziatori, clienti e fornitori e, infine, azionisti non impegnati nella gestione; sotto tale profilo, non può che segnalarsi l’avvicinamento del Codice alle migliori esperienze europee e, in particolare, ai principi del diritto societario inglese (cfr. Sezione 172 Companies Act 2006).

Quanto alla categoria degli azionisti, è interessante notare che il Codice distingue tra essi non in base ai concetti di minoranza o maggioranza nella detenzione del capitale sociale, ma all’idea di leadership, con la consapevolezza che i rapporti familiari sono, anche nell’ambito delle aziende, governati da logiche personalistiche che integrano quelle propriamente patrimoniali.

I primi obiettivi di governance sono, quindi, sotto tale profilo, l’”affiatamento”, la “stima”, “una elevata identità familiare” e l’equilibrio tra le esigenze degli “aspiranti manager” e di chi, invece, non ha desiderio di impegnarsi nella gestione (cfr. Codice, p. 7).

Lo strumento più utile per far sì che la famiglia non si trasformi da elemento fondativo dell’azienda in ostacolo al suo sviluppo è il piano di successione alla guida dell’azienda; condivisibilmente, il Codice ne raccomanda l’adozione tempestiva.

La predisposizione del piano di successione dovrà essere curata da un comitato costituito da tutti i rami della famiglia detentrice del controllo e da figure terze, come gli amministratori indipendenti, che sappiano garantire equilibrio oltre che l’applicazione di criteri di meritocrazia.

Nel caso di più eredi,  originali sono i criteri di individuazione del nuovo leader, di cui sono ampiamente valorizzate le c.d. soft skill:  “spirito di sacrificio, adattabilità al cambiamento, atteggiamento di umiltà, ascolto e ricerca del positivo da parte del successore” (cfr. 9.C.2. Codice di Autodisciplina). Quando invece l’erede del fondatore è uno solo, tali caratteristiche hanno minor peso, essendo sufficiente che “pianificare i percorsi formativi, le valutazioni periodiche e la comunicazione attenta dei risultati”.

Anche il funzionamento “corrente” degli organi societari contribuisce naturalmente alla coesione della compagine sociale. A tale riguardo, è ritenuto fondamentale che, nell’ambito dell’assemblea, tutti i soci ricevano una “informativa sia finanziaria sia gestionale completa e comprensibile”(cfr. 1.C.2)  e che ad essi sia garantita la facoltà di porre quesiti e ricevere risposte dettagliate non solo sulla situazione contabile ma anche su altre questioni di rilievo (cfr. 1.C.3).

Sotto tale profilo, sembra che il Codice guardi implicitamente al modello delle società a responsabilità limitata, dove, notoriamente, i diritti informativi dei soci sono più penetranti.

Dato il carattere spesso non professionale dei componenti del CDA, il Codice non trascura di fornire raccomandazioni formali circa la formulazione degli ordini del giorno ed il grado di dettaglio, il preavviso della convocazione, l’allegazione del testo della delibera da adottare. L’attenzione rivolta dal Codice a tali profili sembra invero rivelare la volontà di correggere alcune distonie tipiche dei gruppi familiari che, frequentemente, esauterano i luoghi istituzionalmente deputati al confronto ed alle decisioni; in questo senso, è significativa la precisazione che è l’ “Assemblea dei Soci dove si forma la volontà della proprietà” (cfr. 2.P.2).

Al Consiglio di Amministrazione spetta naturalmente il compito di gestire correttamente la società,  realizzando la missione imprenditoriale e la visione della Società delineata dalla famiglia proprietaria.

Nello svolgimento di questo compito, il Consiglio di Amministrazione è incaricato di delineare gli elementi costitutivi della strategia di lungo periodo; inoltre, nell’esercizio congiunto della funzione di controllo con il Collegio Sindacale, il Consiglio dovrà verificare “la compatibilità delle politiche di dividendo con gli obiettivi e le prospettive di crescita, avendo cura di non confondere tali politiche con quelle di remunerazione del lavoro degli azionisti”(cfr. 2.C.2. e).

Sotto tale profilo, è evidente la preoccupazione dei redattori del codice di evitare la stortura in cui molte volte incorrono le società a controllo familiare che, in alcuni frangenti, sono piegate alle esigenze di cassa degli azionisti.

Al riguardo, i criteri di composizione del Consiglio possono effettivamente contribuire a mantenere distinto l’interesse sociale da quello degli azionisti. Il Codice suggerisce, quindi, di evitare la costituzione di organi monocratici o la concentrazione delle cariche in una sola persona, nonché di prevedere la presenza di amministratori indipendenti e la diversità tra i consiglieri in termini di gender, età ed esperienza professionale.

I tratti di disciplina brevemente richiamati confermano come il Codice condensi effettivamente importanti best practice; ugualmente, è auspicabile che vengano colti i suggerimenti relativi ad una corretta pianificazione della successione generazionale ed un sereno rapporto tra i vari rami familiari presenti nel capitale sociale. Sono soprattutto queste le politiche di governance idonee a mantenere nel tempo la capacità dell’azienda familiare di produrre valore e ad evitare, nei passaggi di mano come nei conflitti familiari, la dispersione di energie e la flessione dell’interesse sociale a vantaggio di quelli più egoistici dei gruppi di azionisti.

I riferimenti alla necessità di una leadership e di figure carismatiche o, ancora, all’unità familiare possono sembrare, nell’ambito di un documento di carattere giuridico, un fuor d’opera; tuttavia, la storia dell’imprenditoria e dei gruppi familiari italiani dimostra come proprio questi elementi abbiano consentito spesso la crescita delle aziende e la loro capacità di durare nel tempo.

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