07 Febbraio 2019

La TARI: i presupposti, le esenzioni, le riduzioni e l’onere della prova

DANIELE CARISSIMI

Immagine dell'articolo: <span>La TARI: i presupposti, le esenzioni, le riduzioni e l’onere della prova</span>

Abstract

La normativa europea, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, prevede che i costi della gestione dei rifiuti sono (dovrebbero essere) sopportati dal produttore iniziale dei rifiuti ovvero dal detentore attuale o precedente degli stessi.  In Italia, però, detto principio non è sempre stato di pronta applicazione, e così abbiamo avuto: la TARSU, la TIA 1, la TIA 2, la TARES, ed infine la TARI e la TARIP. Quanto alla TARI, non tutti sanno che è possibile ottenerne una riduzione, al ricorrere di determinati presupposti di legge. Andiamo insieme a scoprire quali.

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La TARI nasce come articolazione della Imposta Unica Comunale (IUC), e, ai sensi dell’art. 1, comma 639 della L. 147/2013 (c.d. legge di stabilità 2014), è predisposta a “finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore” [1]  ed a garantire “la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio”[2], articolandosi in una quota fissa (per remunerare appunto i costi di gestione del servizio) ed in una quota variabile (in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti conferiti).

Presupposto ne è “il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani”.[3]

Il comma 649 prevede tuttavia ipotesi di esclusioni/riduzioni nel calcolo della tariffa. E così:

  • devono ritenersi non tassabili le aree sulle quali si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali.

Si badi, l’esclusione opera solo nel caso in cui i produttori riescano a dimostrarne l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.

Pertanto, il contribuente ha l’onere di provare l’esistenza di aree non tassabili, ponendosi l’esclusione come eccezione al generale principio che vede soggette a tariffa tutte le aree suscettibili di produrre rifiuti urbani.[4]

Non è l’amministrazione comunale a provare che un immobile è produttivo di rifiuti, ma piuttosto il contribuente a dimostrare che un immobile è esente da tassazione o ha diritto a un’esenzione o a un trattamento agevolato.

In altre parole, spetta all’interessato fornire la prova processuale delle cause di esclusione o di esonero dipendenti dall’inidoneità degli immobili occupati alla produzione di rifiuti per la loro natura o per il loro particolare uso[5].

  • Inoltre, può essere prevista una riduzione della quota variabile per quei rifiuti speciali assimilati agli urbani, che il produttore dimostri di aver avviato a riciclo (rectius recupero).

Il procedimento di assimilazione, tuttavia, non è arbitrario, ma deve avvenire all’interno di regolamenti la cui emanazione è di competenza dell’ente comunale. Perciò per verificare l’assimilabilità dei rifiuti speciali prodotti ad un rifiuto urbano bisognerà far riferimento al regolamento del comune territorialmente competente.

In buona sostanza se il produttore dei rifiuti avvia a recupero i rifiuti che rientrano tra le categorie di quelli assimilabili per qualità e per quantità a quelli urbani – ai sensi del regolamento comunale - non conferendoli quindi al gestore del servizio pubblico, potrà usufruire della riduzione della quota variabile.

Di contro in relazione ai rifiuti che per qualità sono assimilabili, ma che quantitativamente non rientrano nelle regole dell’assimilazione, si usufruisce della detassazione, dovendosi gli stessi considerare speciali e non assimilati.

Si dovrà provare in ogni caso:

  • la riconducibilità dei rifiuti tra quelli espressamente ricompresi nel regolamento comunale;
  • l’avvio ad una operazione di recupero.
  • Si possono infine anche ottenere delle riduzioni[6]:
  1. per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche;
  2. ovvero, previo Regolamento Comunale per:
  1. le abitazioni con unico occupante;
  2. le abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;
  3. i locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;
  4. le abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero;
  5. i fabbricati rurali ad uso abitativo;

e-bis)  le attività di prevenzione nella produzione di rifiuti, commisurando le riduzioni tariffarie alla quantità di rifiuti non prodotti.

  • nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, la  TARI  è dovuta in misura non superiore al  40  per  cento  della  tariffa  da determinare, anche in maniera graduale, in  relazione  alla  distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita[7].

Ciò posto, quanto ad eventuali ricorsi – ad esempio contro il rifiuto espresso o tacito di restituzione del tributo, o contro il diniego o la revoca delle agevolazioni - si applicano le disposizioni che regolano il processo tributario, di cui al D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546[8], ad oggi ancora vigente. Si applica altresì lo strumento deflattivo del contenzioso dell’accertamento con adesione, cui al D.Lgs 19 giugno 1997, n. 218[9].

Il ricorso, potrà essere proposto, entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto che si vuole impugnare. Con la precisazione che, in caso di rifiuto di rimborso di tributi/sanzioni/accessori non dovuti, tale atto dovrà essere preceduto da una istanza di rimborso al Comune e, solo in caso di esito negativo, potrà essere proposta impugnazione entro sessanta giorni dalla notifica del relativo provvedimento (in caso di rifiuto espresso), ed in ogni caso non prima di novanta giorni dalla proposizione dell’istanza (in caso di silenzio-rifiuto).

In conclusione, sussiste la possibilità di ottenere delle esenzioni/riduzioni nel pagamento della tariffa sui rifiuti, laddove si riesca a dimostrare il ricorrere dei presupposti di legge.

 

 

 

 

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