03 Dicembre 2021

Una transizione delicata fra scienza e diritto: il riassetto della normativa sulla sperimentazione clinica

AGOSTINO MIGONE DE AMICIS

Immagine dell'articolo: <span>Una transizione delicata fra scienza e diritto: il riassetto della normativa sulla sperimentazione clinica</span>

Abstract

A partire dal 31 gennaio 2022 il Regolamento (EU) 536/2014 entrerà definitivamente in applicazione. Si è avviato quindi un importante conto alla rovescia in materia di sperimentazione clinica dei medicinali (e poco vale pensare che ci potrà essere un periodo transitorio in cui il “vecchio” regime resterà in uso).

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La materia ha riflessi più ampi sia sul “sistema Italia” della salute, delineato a partire dalla riforma del 1978 che istituì Servizio Sanitario Nazionale (“SSN”), che deve adattare la propria normativa ad un’evoluzione tecnico-scientifica e industriale che va oltre i confini nazionali.

La sperimentazione clinica è un “crocevia” importante in questo articolato processo, regolato da tempo a livello comunitario, attraverso direttive che il nuovo Regolamento viene a sostituire. Il suo svolgimento, in stretta aderenza con un protocollo di studio (dove tutti i passaggi dell’attività di studio sono enunciati e regolati) e mediante l’osservazione attenta di qualsiasi reazione avversa od altro effetto collaterale della terapia sperimentale, è premessa all’approvazione dei medicinali da parte dell’Autorità Regolatoria comunitaria (EMA) o nazionale (AIFA), nonché garanzia di sicurezza ed efficacia dei farmaci utilizzati dai pazienti.

Ogni studio può svolgersi solo presso centri specializzati, dove il protocollo, autorizzato dall’Autorità, è valutato da un Comitato Etico Indipendente, attento ai profili che riguardano i pazienti. Qualora emerga la necessità di apportare modifiche al protocollo in corso di studio, la procedura va ripetuta, a tutela dei pazienti arruolati ed arruolandi e della coerenza scientifica dell’intero studio.

Il ruolo centrale nella sperimentazione è quello del promotore, cui spettano la responsabilità del disegno generale dello studio, nonché l’organizzazione delle risorse che ne consentano la regolare conduzione e, auspicabilmente, il positivo compimento (una cosa che purtroppo sfugge è che per un processo che arriva a termine ce ne sono decine che non superano il vaglio imposto dal metodo scientifico). Promotore può essere un ricercatore od un’istituzione cui afferiscano uno o più ricercatori, ovvero un’azienda farmaceutica.

L’applicazione del nuovo Regolamento impone già ora un cambio di marcia: il riferimento normativo diventa univoco ed unica è l’autorità che ne assicura l’attuazione, anche “sopra” le autorità nazionali. La transizione profila un aumento della competitività, che attende i sistemi-paese di tutti gli Stati Membri: non si tratta tanto di dinamiche conflittuali, quanto di efficiente realizzazione di obiettivi comunitari e di un ruolo sempre più attivo dell’Europa nei contesti globali.

Nel procedimento comunitario delineato dal Regolamento il ruolo del promotore è centrale, nel senso che ad esso compete la scelta dello Stato Membro UE in cui localizzare ed iniziare la sperimentazione: altrettanto centrale è quindi il grado di efficienza del sistema-Paese di tale Stato Membro, la sua affidabilità, oltre e più che in termini di snellezza burocratica, in termini di profondità e correttezza delle valutazioni espresse, concretezza delle decisioni, collaborazione fra i diversi rami dell’amministrazione pubblica preposti alla gestione.

Ogni sperimentazione clinica porta un beneficio al SSN dell’ordine dei milioni di euro: basti pensare alla fornitura gratuita di farmaci spesso costosi che il SSN non deve acquistare, a tutte le spese coperte dal promotore anziché dal contribuente. Poter essere sede di un elevato numero di sperimentazioni è quindi obiettivo importante per il SSN, ed incentivo all’efficienza di sistema.

La legge 3/2018, pensata per conseguire tale obiettivo attraverso interventi legislativi di allineamento al nuovo regime comunitario, ha previsto una delega al Governo per “il riassetto e la riforma della normativa in materia di sperimentazione clinica”, secondo criteri analiticamente indicati (art. 1). La sensazione è però che si sia ancora in alto mare (che lo siano anche la UE e gli altri Paesi membri non consola): le vicende politiche e pandemiche degli ultimi tre anni hanno rallentato l’operatività amministrativa, diverse criticità rimangono insolute. Proviamo ad indicarle, per individuare direttrici di riforma:

  1. autorità regolatoria e promotore industriale/commerciale non sono i soli protagonisti: esigenze e diritti di altri stakeholder (pazienti, comunità scientifica, organizzazione ospedaliera devono inserirsi meglio nel quadro normativo;
  2. all’interno dell‘amministrazione devono prevalere collaborazione e trasparenza, nella ricerca di più solidi benefici per il SSN;
  3. va superata la contrapposizione (non sussistente in altri ordinamenti) fra sperimentazione profit e non-profit, con rilievo (eccessivo) alla finalità di lucro rispetto alla validità intrinseca dei suoi risultati. La Legge 3/2018 ha finalmente previsto la cedibilità di dati e risultati della ricerca indipendente, previo rimborso delle spese del SSN ed un’equa remunerazione che consenta il finanziamento di nuova ricerca;
  4. mancano ancora molti provvedimenti che dovrebbero dettare i criteri per superare diverse impasse (dai conflitti d’interessi alla riforma dei Comitati Etici.

Il lavoro per tutti gli stakeholder è intenso, ma la posta in gioco è alta: molte cose vanno cambiate prima del 31 gennaio 2022, se vogliamo stare in Europa da co-protagonisti e non da inseguitori di una transizione scientifica forse epocale per la miglior tutela della salute pubblica.

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