18 Febbraio 2020

Tutela del rapporto di lavoro nella liquidazione giudiziale

ROBERTA PONTE

Immagine dell'articolo: <span>Tutela del rapporto di lavoro nella liquidazione giudiziale</span>

Abstract

La normativa introdotta dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza disciplina la sorte dei contratti di lavoro nell’ambito della liquidazione giudiziale, recependo gli orientamenti giurisprudenziali e ponendo dei limiti temporali alla sospensione dei rapporti, anche in relazione alle prospettive di prosecuzione dell’esercizio di impresa, ma lasciando lacune nella tutela dei diritti dei lavoratori nei periodi più o meno lunghi di sospensione.

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La sorte dei rapporti di lavoro all’apertura della liquidazione giudiziale

Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, recependo gli orientamenti giurisprudenziali formatisi nella vigenza della Legge Fallimentare, ha dettato, all’art. 189, la disciplina applicabile ai rapporti di lavoro nell’ambito della liquidazione giudiziale.

Prima di tale intervento normativo la giurisprudenza prevalente applicava per analogia la disciplina prevista dall’art. 72 l. fall. dettata per i contratti pendenti disponendo la sospensione dei contratti di lavoro in attesa delle decisioni del curatore.

L’art. 189 CCI rappresenta un corollario del principio codificato al successivo art. 211 CCI che, con riguardo alle sorti dell’impresa, stabilisce che l’apertura della liquidazione giudiziale non determina la cessazione dell’attività di impresa “se dall’interruzione può derivare un grave danno, purché la prosecuzione non arrechi pregiudizio ai creditori”.

 

I termini di esercizio della decisione del curatore di subentro o recesso

L’art. 211 disciplina poi le modalità e condizioni di prosecuzione dell’esercizio di impresa. Parallelamente, l’art. 189, stabilisce i termini entro i quali il curatore può assumere la decisione se recedere o proseguire i rapporti di lavoro, diversificati in funzione della possibilità o meno di mantenere in vita il complesso aziendale o parte di esso, con un collegamento evidente tra la sorte dei rapporti di lavoro e quello del complesso aziendale cui i primi ineriscono.

La norma prevede che:

  • il curatore proceda senza indugio – e comunque nel termine di 4 mesi dall’apertura della liquidazione giudiziale - al recesso dai rapporti di lavoro, qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo;
  • il curatore possa posticipare la decisione per un ulteriore periodo di 8 mesi qualora ritenga sussistenti possibilità di ripresa o trasferimento dell'azienda o di un suo ramo. La misura della proroga è stabilita dal giudice delegato proprio tenendo conto delle prospettive di ripresa delle attività o di trasferimento dell'azienda.

Parallelamente l’art. 189 CCI prevede la risoluzione di diritto dei rapporti di lavoro dopo i primi 4 mesi in caso di inerzia del curatore e la possibilità per il lavoratore, sempre una volta decorsi 4 mesi, in ipotesi di proroga del termine, di presentare le dimissioni per giusta causa.

 

La perdita della retribuzione conseguente alla sospensione dei rapporti di lavoro e l’accesso alla NASPI

Ciò che il legislatore non ha tenuto in debita considerazione è la circostanza che la sospensione del rapporto di lavoro implica per il lavoratore la perdita del diritto alla retribuzione e che tale situazione, unitamente alla mancata previsione di altra forma di sussidio, sebbene per il primo periodo di 4 mesi, può avere un impatto sociale importante, soprattutto per quei lavoratori che trovano nella retribuzione la principale fonte di sostentamento.

È infatti prevista dall’art. 189 CCI, 4° comma, una indennità di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a due e non superiore a otto mensilità, ma solo a favore di quei lavoratori per cui è stata disposta la proroga del termine iniziale di 4 mesi.

L’art. 190 CCI stabilisce che la cessazione del rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 189 costituisce “perdita involontaria dell'occupazione” e che dunque, ricorrendo i presupposti, consente l’accesso alla NASPI, senza però considerare che la cessazione del rapporto, vista la normativa di cui all’art. 189 CCI, potrebbe avvenire anche dopo 4 o addirittura 12 mesi dall’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

Nella bozza di decreto approvato dal Consigliodei Ministri era prevista l’introduzione di una forma di sostegno del reddito per i lavoratori nella fase di sospensione del rapporto di lavoro denominata “Nuova Prestazione di Assicurazione per l’Impiego nella Liquidazione Giudiziale” (NASpILG), che avrebbe garantito un sostegno al reddito dei lavoratori durante il primo periodo di sospensione del rapporto di lavoro.

L’articolo è stato però emendato e nel testo approvato non vi è traccia della NASpILG e dunque, ad oggi, per i lavoratori sospesi, per i primi 4 mesi, non è prevista la corresponsione della retribuzione, né di alcuna forma di sostegno al reddito.

 

La tutela dei crediti del lavoratore

Il lavoratore avrà diritto di insinuare al passivo i propri crediti nei seguenti termini:

- le retribuzioni maturate anteriormente all’apertura della liquidazione giudiziale sono assistite dal privilegio di cui all’art. 2751 bis n. 1) c.c.;

- l’indennità sostitutiva del preavviso, spettante ai lavoratori in caso di cessazione del rapporto nelle ipotesi previste dall’art. 189 CCI “è considerata, unitamente al trattamento di fine rapporto, come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale” e dunque assistita dal privilegio ex art. 2751 bis n. 1) c.c..

- l’indennità prevista dall’art. 189, comma 4, CCI, a favore dei soli lavoratori nei cui confronti è stata disposta la proroga del termine iniziale di 4 mesi “è ammessa al passivo come credito successivo all’apertura della liquidazione giudiziale e dunque soddisfatta in prededuzione ex art. 211, comma 8, CCI.

 

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