10 Febbraio 2020

Appalti pubblici e self-cleaning: quali novità dopo l'entrata in vigore della "Spazzacorrotti"?

GIOVANNI BRIOLA

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Abstract

La legge "Spazzacorrotti" ha introdotto, come noto, l'istituto del c.d. "daspo a vita" per coloro che vengono condannati per reati di matrice corruttiva a pene superiori ai due anni di reclusione, vale a dire un sostanziale divieto perenne di intrattenere rapporti con la Pubblica Amministrazione.
Tale previsione - una delle peculiarità più rilevanti della riforma - pone l'interprete di fronte ad una serie di importanti interrogativi sul piano operativo.
La nuova disciplina, infatti, è rivolta unicamente alle persone fisiche, oltre che priva di coordinamenti espliciti con le norme del Codice degli Appalti Pubblici che prevedono espressamente la facoltà di "redenzione" dell'impresa (i cui vertici si siano resi responsabili di reati contro la P.A.) attraverso la procedura di self cleaning.
Il presente contributo, una volta ripresi i fondamentali snodi normativi e applicativi, è dunque finalizzato a offrire una soluzione interpretativa che consenta di scongiurare un palese contrasto tra leggi vigenti e normativa comunitaria in tema di appalti, in uno con la tutela delle garanzie costituzionali.

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La previsione del Nuovo Codice degli Appalti Pubblici (D.Lgs. 50/2016)

L’art. 80 comma 7 del nuovo Codice degli Appalti Pubblici, sulla base delle recepite direttive europee, attribuisce all’operatore economico che sia incorso in violazioni gravi delle obbligazioni contrattuali, nell’ambito di appalti precedenti, ovvero sia stato destinatario di provvedimenti da parte di ANAC, o ancora abbia subito condanne penali, la facoltà di rendersi parte attiva al fine di riabilitarsi agli occhi della Pubblica Amministrazione.

In particolare, l’impresa è ammessa a provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell’esecuzione del contratto oggetto di un nuovo affidamento, nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione: se la stazione appaltante ritiene che le misure di cui al comma 7 sono sufficienti, l’operatore economico non è escluso dalla procedura d’appalto (art. 80, comma 8).

L’adozione delle misure di self-cleaning dovrà essere già intervenuta entro il termine fissato per la presentazione delle offerte e l’operatore economico dovrà avere indicato le specifiche misure adottate.

 

I requisiti del self-cleaning: profili operativi

Secondo quanto stabilito dalla Linea Guida n. 6/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, possono essere considerati idonei a evitare l’esclusione:

  1. la dimostrazione di aver risarcito o essersi impegnato formalmente e concretamente a risarcire il danno causato dall’illecito;
  2. l’adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative;
  3. l’adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale;
  4. la rinnovazione degli organi societari;
  5. l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l’affidamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento (Modello 231/2001 e Organismo di Vigilanza);
  6. la dimostrazione che il fatto è stato commesso nell’esclusivo interesse dell’agente oppure eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo.

 

Il contraddittorio con le Stazioni Appaltanti in attuazione del self-cleaning

Contemporaneamente all’adozione di tutti i provvedimenti necessari alla “riabilitazione” dell’impresa è essenziale instaurare un costruttivo confronto con le stazioni appaltanti, le quali sono chiamate a valutare caso per caso l’idoneità delle misure di self-cleaning. Pertanto, le stesse devono essere anzitutto messe a conoscenza in modo esaustivo ed efficace riguardo agli adeguamenti adottati.

Secondo l’ANAC, l’esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80 comma 5 lettera c) deve essere disposta all’esito di un procedimento in contraddittorio con l’operatore economico interessato.

Il requisito della gravità del fatto illecito deve essere valutato nel rispetto del principio di proporzionalità, con riferimento all’idoneità dell’azione a incidere sul corretto svolgimento della prestazione contrattuale e, quindi, sull’interesse della stazione appaltante a contrattare con l’operatore economico interessato.

La valutazione dell’idoneità del comportamento a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente attiene all’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante e deve essere effettuata con riferimento alle circostanze dei fatti, alla tipologia di violazione, alle conseguenze sanzionatorie, al tempo trascorso e alle eventuali recidive, il tutto in relazione all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.

 

I riflessi applicativi della legge “Spazzacorrotti” sulla disciplina del self-cleaning

La L. 3/2019, c.d. “Spazzacorrotti”, ha introdotto, per i soggetti ritenuti responsabili di gravi reati contro la P.A. con sentenza definitiva, la misura dell’incapacità perpetua di contrattare con le pubbliche amministrazioni.

Tuttavia, manca radicalmente un coordinamento tra tale istituto ed i principi generali che regolano la materia dei contratti pubblici, di derivazione comunitaria, che prevedono il diritto di partecipare alle procedure di evidenza pubblica delle aziende che abbiano posto in essere misure di self-cleaning, in nome delle ben note esigenze di tutela della libera concorrenza.

In particolare, non è chiaro in che modo operino le pene accessorie irrogate nei confronti delle persone fisiche, rispetto alle persone giuridiche, che normalmente partecipano alle gare d’appalto.              

Secondo una prima impostazione, più garantista, deve ritenersi che la sanzione dell’incapacità perpetua disposta nei confronti di una persona fisica non precluda l’assunzione di funzioni apicali in un’azienda che ha rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni. In tale modo, tuttavia, l’applicazione delle sanzioni accessorie previste dalla “Spazzacorrotti” avrebbero implicazioni del tutto marginali rispetto alle intenzioni dei suoi promotori, considerato che i contratti di appalto vengono conclusi nella stragrande maggioranza di casi da aziende e non da persone fisiche, anche con riferimento a prestazioni erogate da professionisti e consulenti, ormai sempre più spesso organizzati in forma associata o societaria.

Accedendo alla opposta interpretazione, ove si ritenesse che la persona colpita dal daspo a vita non possa ricoprire ruoli apicali in un’azienda che ha partecipa a gare pubbliche, si renderebbero evidenti serie contraddizioni tra la normativa domestica e le già citate direttive europee in materia di appalti. Queste, infatti, riconoscono in modo diretto e incondizionato il diritto degli operatori economici di essere ammessi alle procedure di evidenza pubblica, ove abbiano adottato misure di self cleaning ritenute idonee dalle stazioni appaltanti chiamate a valutarle. Peraltro, tali direttive europee (fonti superiori) sono già state direttamente recepite dal Codice degli Appalti attualmente vigente e si creerebbe, per l’effetto, anche un contrasto diretto tra norme contemporaneamente cogenti nell’ordinamento interno italiano.

In definitiva, l’introduzione del divieto perpetuo di contrattare con le pubbliche amministrazioni appare destinato, in entrambe le ipotesi summenzionate, ad una marginale applicazione sostanziale, vuoi per ineffettività della norma, vuoi per la sua diretta disapplicazione, atteso il contrasto con i principi comunitari in materia di contratti pubblici.

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