19 Settembre 2020

I controlli interni nelle società in house. Una sintesi

LUCA DI STEFANO

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Abstract

La convergenza delle normative per il contrasto alla corruzione, per la tutela della trasparenza ed in materia di responsabilità amministrativa degli Enti, determina e giustifica i più stretti ed incisivi controlli interni svolti nelle società c.d. in house da parte

(i) del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (R.P.C.T.),

(ii) dell’Organismo Indipendente di Valutazione della Performance (O.I.V.) e

(iii) dell’Organismo di Vigilanza (O.d.V.).

Un assetto organizzativo adeguato consente, da un lato, di responsabilizzare puntualmente gli attori coinvolti e, dall’altro lato, di escludere fenomeni di sovrapposizione tra funzioni di controllo e moltiplicazione delle attività.

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Introduzione

Come noto, le società in house (providing) sono organismi partecipati in forma totalitaria dalle Amministrazioni Pubbliche.

Sulle stesse è esercitato dalla P.A. un controllo analogo a quello svolto nei confronti delle proprie strutture organizzative (c.d. requisito strutturale).

Inoltre le società in house devono prestare la propria attività (costituita da servizi di rilevanza o interesse pubblico) a favore – in via prevalente o pressoché esclusiva – della Amministrazione controllante (c.d. requisito funzionale).

Dette società in controllo pubblico sono, pertanto, soggette all'applicazione delle normative in materia di Anticorruzione (Legge n. 190/2012), di Trasparenza (ai sensi del D.Lgs. n. 33/2013[1]) e di Responsabilità Amministrativa degli Enti (di cui al D.Lgs. n. 231/2001).

Onde disporre di un adeguato sistema di compliance, “devono” adottare Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo (M.O.G.C. 231) correttamente integrati (in una loro apposita sezione) con le misure, contenute nel Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza, idonee alla lotta alla corruzione ed all'illegalità[2].

In estrema sintesi si delineano la natura e le funzioni delle figure degli organi di controllo.

 

Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (Legge n. 190/2012 e D.Lgs. n. 33/2013)

All’R.P.C.T. (organo monocratico e dirigente di ruolo in servizio) spetta definire le misure organizzative più adeguate da adottare per il contrasto alla corruzione, nell'accezione più ampia ricomprendente anche la c.d. “maladministration[3].

Tra i suoi compiti rientra l’elaborazione (della proposta) del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza e la verifica sulla sua effettiva attuazione (tramite Relazione annuale); il controllo sugli adempimenti agli obblighi di pubblicazione e sull'esercizio del diritto all'accesso civico.

In tale contesto, ed atteso anche il diverso ambito di applicazione delle normative citate (D.Lgs. n. 231/2001 e Legge n. 190/2012), si impone un costante e stretto coordinamento tra l’R.P.C.T. e l’O.d.V., anche in considerazione del fatto che non appare idonea una coincidenza tra i suddetti soggetti (così la Determina n. 1134/2017 dell’A.N.A.C., già citata[4]).

Una simile interazione è realizzabile ed è garantita attraverso l’instaurazione di un articolato, efficiente ed organico sistema di flussi informativi.

 

L’Organismo Indipendente di Valutazione della Performance (D.Lgs. n. 150/2009, art. 14)

Nelle società in controllo pubblico, svolge le proprie funzioni di controllo[5] anche l’Organismo Indipendente di Valutazione della Performance (organo monocratico o collegiale), il quale riferisce all’A.N.A.C. in merito all'esercizio delle proprie attività.

L’O.I.V. ha il compito:

  1. di validare (la Relazione sul) la performance dell’Ente

(intesa quale condizione inderogabile per l’accesso agli strumenti di valorizzazione del merito e di incentivazione della produttività),

  1. di verificare che gli obiettivi del PTPC siano coerenti con quelli previsti dal Piano della performance, nonché
  2. di attestare l’osservanza degli obblighi di pubblicazione in materia di trasparenza, assicurandosi chiarezza, completezza ed aggiornamento delle informazioni.

(la pubblicazione avviene tramite il sito istituzionale dell’Ente, nella sezione “Società trasparente”, e strumenti sono la compilazione della Griglia di rilevazione e della scheda di sintesi).

L’incarico di O.I.V. può essere attribuito anche all’Organismo di Vigilanza.

 

L’Organismo di Vigilanza (ex D.Lgs. n. 231/2001, art. 6, comma 1, lettera b)

L’imprescindibile attività di coordinamento con l’R.P.C.T. e con l’O.I.V. (salva l’attribuzione, come detto, anche dei relativi compiti di quest’ultimo) conferisce all’Organismo di Vigilanza il ruolo di perno delle complementari misure di controllo nelle società in house.

L’oggetto della vigilanza dell’O.d.V. è, quindi, il M.O.G.C. integrato con le misure Anticorruzione, quale strumento sia di prevenzione degli illeciti, che di garanzia di integrità, efficacia ed efficienza organizzativa, anche attraverso l’applicazione della disciplina del Whistleblowing.

In considerazione del ruolo svolto dovranno essere sottoposti ancora a più intensa verifica i requisiti di autonomia e di indipendenza di tale Organismo (sia nella forma monocratica che collegiale), anche rispetto al socio pubblico.

 

Conclusioni

Le società in house, nell’ambito del processo di gestione del rischio – reato, sono sempre più tenute a svolgere ampie mappature delle aree sensibili e ad adottare presidi organizzativi stringenti e rafforzati, in una significativa interazione finalizzata a prevenire sia (i) il fenomeno sistemico e reticolare della corruzione, che (ii) i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti.

 

[1] La Legge n. 190/2012 ed il D.Lgs. n. 33/2013 sono stati entrambi modificati dal D.Lgs. n. 97/2016.

[2] Con la Determinazione n. 1134 del 2017, l’A.N.A.C. – in tema di integrazione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo con il PTPC – ha stabilito che gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico possono adottare un documento unico, comprensivo sia delle misure dettate dal D.Lgs. n. 231/2001, sia di quelle previste dalla L. n. 190/2012, laddove queste ultime costituiscono una sezione apposita del MOGC.

[3] Intesa come “assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari” (Determinazione dell’A.N.A.C. n. 12/2015).

[4] La Determinazione, dopo aver precisato (con un drastico revirement rispetto al suo pregresso orientamento) che in virtù delle “diverse funzioni attribuite al RPCT e all’OdV dalle rispettive normative di riferimento nonché in relazione alle diverse finalità delle citate normative, si ritiene necessario escludere che il RPCT possa fare parte dell’OdV, anche nel caso in cui questo sia collegiale”, recita testualmente (richiamando la precedente Determina n. 8/2015): “considerata la stretta connessione tra le misure adottate ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 e quelle previste dalla legge n. 190 del 2012, le funzioni del RPCT dovranno essere svolte in costante coordinamento con quelle dell’OdV nominato ai sensi del citato decreto legislativo”.

[5] Potendosi avvalere – se del caso – della collaborazione dell’R.P.C.T..

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