02 Marzo 2023

Nelle controversie sulla lesione dell’esercizio del diritto di voto la giurisdizione spetta al Giudice Ordinario

CARLO LUCIONI

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Abstract

Un elettore ha presentato ricorso al TAR per tutelare l'esercizio del proprio diritto al voto. Nell'articolo che segue, una precisa analisi inerente la giurisdizione di competenza.

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Il caso oggetto della decisione in commento prende l’avvio da un ricorso presentato da un elettore al TAR Lazio, sede di Roma, per sentire dichiarare che la legge n. 165 del 3.11.2017, così come modificata dalla l. n. 51 del 27.05.2019, risulta gravemente lesiva, sotto molteplici profili, del proprio diritto fondamentale e soggettivo di elettore.

Per quel che interessa in questa sede, tuttavia, occorre rilevare che, al di là della questione di merito concernente la conformità della vigente legge elettorale ai principi di cui, tra gli altri, agli artt. 1, 3 e 48 della Costituzione, il presupposto sulla base del quale il Ricorrente ha adito il TAR Roma è la supposta giurisdizione “naturale” del giudice amministrativo sulle questioni inerenti l’ordinamento elettorale.

Infatti, tra le censure formulate dal Ricorrente vi è anche il mancato esercizio della delega di cui all’art. 44, della legge 69/2009, laddove avrebbe previsto l’introduzione della giurisdizione esclusiva del g.a. nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Precisamente sul tema della giurisdizione si è concentrato il TAR Roma.

Il TAR ha immediatamente rilevato che “La premessa dalla quale dipende l’esercizio dell’azione, ossia la sussistenza di una giurisdizione naturale del giudice amministrativo sulle questioni inerenti il procedimento elettorale, è inappropriata al caso di specie, nel quale viene dedotta un’azione rivolta non già ad avversare esclusione o ammissione di candidati o di liste dalla competizione elettorale (che, astrattamente, potrebbe ricondursi al novero delle analoghe controversie disciplinate, nel c.p.a., dagli artt. 129 e 130), bensì i limiti che derivano, in tesi, all’esercizio del diritto di voto da parte dell’elettore nell’attuale ordinamento”.

Quindi, il Giudice passa a ricostruire lo stato della giurisprudenza – propria e delle corti superiori, Consiglio di Stato e Corte di Cassazione – sul correlato tema, connesso ma, evidentemente diverso, delle controversie aventi ad oggetto l’esclusione di candidati, di liste o di simboli dalla medesima competizione elettorale per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (in particolare, le sentenze della medesima Sezione II-bis, 22.09.2022, nn. 10059 e 12061).

Come noto, tale giurisprudenza è approdata – sulla base di una interpretazione assolutamente discutibile del principio degli interna corporis, cioè dell’insindacabilità, come corollario e garanzia del principio di separazione dei poteri, degli atti interni degli organi costituzionali, e principalmente delle Camere, che non assumano rilevanza esterna, costituzionalmente previsto agli artt. 64 e soprattutto, per il caso in oggetto, 66 Cost. – a dichiarare una carenza assoluta di giurisdizione degli organi giurisdizionali, demandando la decisione di esse alle Camere medesime in sede di verifica dei poteri degli eletti.

Tutto ciò per arrivare a ricordare la recente pronuncia della Corte costituzionale 26.03.2021, n. 48 (pronunciata in relazione a fattispecie del giudizio a quo relativa ad un’azione di accertamento del diritto dei ricorrenti ex art. 702 bis c.p.c. a candidarsi ed a presentare liste senza sottoscrizioni o con un numero inferiore a quello previsto, per le competizioni elettorali politiche), con la quale il Giudice delle Leggi ha, finalmente, evidenziato che “il tenore dell'art. 66 Cost. non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un'assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione”.

Alla luce dei precedenti richiamati, il TAR Roma conclude il ragionamento, evidenziando che nel caso in oggetto certamente non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto il giudizio verte sulla lamentata violazione di un diritto soggettivo pieno, quale quello di elettorato attivo.

Tuttavia, il TAR va oltre, chiedendosi se il difetto di giurisdizione sia assoluto oppure se sussista un giudice munito di giurisdizione e orientandosi per questa seconda soluzione.

Secondo il giudice amministrativo, dirimente è la circostanza che “il giudizio verte su una fattispecie nella quale si dubita della legittimità del sistema elettorale, sotto il profilo della effettiva e sostanziale libertà di determinazione, consapevole e secondo coscienza, della preferenza elettorale da parte dell’elettore”.

Infatti, tenuto conto di ciò e della citata statuizione del Giudice delle leggi n. 48/2021, da un lato, “appare evidente che, in quest’ultimo aspetto, non viene in rilievo quel presupposto che fonda la riserva esclusiva di giudizio di cui il Parlamento dispone in ordine alla verifica della propria legittima composizione, poiché la doglianza del ricorrente si colloca in una fase ad essa ancora anteriore e pregiudiziale”; dall’altro lato, non “viene in rilievo una possibile questione di giurisdizione del giudice amministrativo, perché non si tratta di atti della fase preparatoria-amministrativa delle competizioni elettorali”.

In conclusione, dunque, il TAR Roma chiarisce che quando viene esercitata – come nel caso di specie – un’azione giurisdizionale da parte di un elettore a tutela dell’esercizio del diritto di voto, risultando così dedotta una fattispecie che non verte in ordine alla fase preparatoria del procedimento elettorale, né in ordine a contestazioni sulla convalida di eletti da parte di candidati (la cui verifica spetterebbe allo stesso Parlamento), non sussistono impedimenti di principio o anche di tipo applicativo che ostino alla devoluzione della domanda al giudice munito di giurisdizione sui diritti, ossia al giudice ordinario.

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