11 Maggio 2021

Sulla correzione d’ufficio dell’errore materiale contenuto nell’offerta economica della gara di appalto

ANTONIO PAVAN

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Abstract

Sulla scia della consolidata giurisprudenza amministrativa, il TAR Veneto, con la sentenza in commento, ha confermato la rettificazione d’ufficio dell’errore materiale da parte dell’Amministrazione appaltante qualora questo sia ictu oculi ed ex ante riconoscibile. 

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Il TAR Veneto, con una recente Sentenza, è tornato ad esprimersi in ordine alla possibilità di correggere ex officio l’errore materiale contenuto nell’offerta economica di una gara di appalto.

 

La vicenda

La vicenda di causa aveva ad oggetto una procedura aperta indetta dall’Azienda Sanitaria Polesana (ULSS 5) per la fornitura di dispositivi medici «per procedure di angiografia cardiaca e periferica diagnostica e interventistica» da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da svolgersi mediante piattaforma Sintel.

A seguito dell’attribuzione dei punteggi, che vedeva la ricorrente prima in classifica, il RUP comunicava a quest’ultima l’esclusione della procedura di gara in quanto l’offerta dalla medesima presentata era stata ritenuta “equivoca e non certa”.

Nell’offerta economica presentata dalla ricorrente era stato riportato il costo di € 27.520,00, anziché il totale di € 28.312,00, poiché la stessa, per una “svista redazionale” aveva omesso di conteggiare il costo del “servizio conto deposito” al totale.

Ne risultava quindi una evidente discordanza tra l’importo complessivo offerto e quello indicato nell’allegato all’offerta economica, riconoscibile e rilevabile autonomamente anche dallo stesso RUP, il quale però non aveva proceduto alla correzione.

Per effetto dell’esclusione, la società concorrente presentava, dunque, ricorso, nel quale sosteneva che tale discrepanza fosse dovuta ad un mero errore materiale di trascrizione dell’importo complessivamente offerto (c.d. errore ostativo) e che, pertanto, trattandosi un mero errore materiale lo stesso avrebbe dovuto essere corretto d’ufficio dal RUP, in quanto riconoscibile e autonomamente rilevato, senza necessità di alcuna attività manipolativa o interpretativa dello stesso.

Si costituiva in giudizio l’ULSS 5 contestando le censure avversarie e affermando l’obbligatorietà dell’esclusione, chiedendo altresì il rigetto del ricorso in quanto infondato.

 

La decisione del Collegio

La giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che, in materia di appalti pubblici, vige il generale principio della immodificabilità dell’offerta, posto a tutela della imparzialità e della trasparenza dell’agire della Stazione Appaltante, nonché a tutela del principio della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale (ex multis, Cons. Stato, sez. V., 11 gennaio 2018, n. 113).

Ciò nonostante, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta in caso di errore ostativo, vale a dire nell’eventualità in cui vi sia una divergenza tra volontà e dichiarazione.

È ormai consolidato il principio secondo il quale, nelle gare pubbliche, le offerte intese come atto negoziale sono suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante, con la conseguenza che l’attività interpretativa può consistere anche nell’individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo a condizione, tuttavia, che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima, né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente, non ammesse (cfr. Tar Lombardia, Sez. IV, 5.6.2018, n. 1420).

Con specifico riferimento all’errore materiale, dunque, il Tar Veneto, riprendendo le considerazioni del Consiglio di Stato[1] ha affermato che «ciò che si richiede al fine di poter identificare un errore materiale all’interno dell’offerta di gara e, quindi, procedere legittimamente alla sua rettifica è che l’espressione erronea sia univocamente riconoscibile come tale, ovvero come frutto di un “errore ostativo” intervenuto nella fase della estrinsecazione formale della volontà. La valutazione che la stazione appaltante è chiamata a svolgere […] proprio perché si connota di oggettività e di immediatezza non può, in linea di principio, derivare da sforzi ricostruttivi e interpretativi, ma deve arrestarsi al riscontro di un’inesatta formulazione “materiale” dell’atto» (Consiglio di Stato, Sez. III, 9.12.2020, n. 7758).

Sulla base degli approdi giurisprudenziali, pertanto, il Collegio ha precisato una serie di principi che possono trovare applicazione nel caso in cui la Stazione Appaltante rinvenga errori materiali o refusi nell’offerta.

In particolare: 

  • fermo restando il principio di immodificabilità dell’offerta, l’errore materiale può essere rettificato dall’Amministrazione soltanto nell’ipotesi in cui lo stesso risulti riconoscibile;
  • la riconoscibilità dell’errore deve essere valutata e valutabile ex ante e ciò accade quando l’offerente è incorso in una svista ictu oculi rilevabile in base a semplici ed intellegibili operazioni di carattere matematico;
  • poiché l’offerta è un atto negoziale, la stessa deve essere interpretata al fine di ricercare l’effettiva volontà negoziale dell’impresa partecipante senza particolari attività di verifica o di interpretazione circa il contenuto dell’offerta formulata;
  • infine, la volontà negoziale deve poter essere ricostruita, ossia rettificata d’ufficio senza ricorrere ad “ausili esterni” o a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima (quali ad esempio, il soccorso istruttorio, dichiarazioni integrative o rettificative): non deve rinvenirsi alcuna “attività manipolativa” da parte della stazione appaltante finalizzata alla correzione del suddetto errore materiale (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. III, 4.1.2021, n. 62)

Sulla base dei richiamati principi, il Tribunale ha accolto la domanda della ricorrente, sostenendo che dal modello compilato dalla società offerente era chiaramente evincibile l’errore materiale, circostanza che, peraltro, era risultata sin da subito chiara al RUP.

L’Amministrazione, dunque, aveva correttamente individuato l’effettiva volontà del concorrente di offrire un determinato importo, ma ciò nonostante aveva ritenuto, in via automatica, l’offerta equivoca e non certa, disponendo l’esclusione della concorrente.

Diversamente, secondo il Tar Veneto, l’Amministrazione, una volta rilevato l’errore di trascrizione, avrebbe dovuto effettuare una mera operazione matematica di somma algebrica tra l’importo derivante dalla somma dei prezzi unitari e quello del servizio in conto deposito, senza la necessità di alcuna attività manipolativa o interpretativa aggiuntiva. 

Per le ragioni suesposte, il Tar Veneto, accogliendo il ricorso, ha annullato gli atti impugnati, ordinando alla Stazione appaltante di riammettere in gara la società esclusa e di riavviare la procedura di gara dal segmento procedimentale immediatamente seguente al momento interruttivo, rinnovando la valutazione dell’offerta economica della ricorrente.

 

Considerazioni finali

Sulla scia della consolidata giurisprudenza amministrativa formatasi sul tema, il TAR Veneto con la Sentenza in esame, ha confermato la rettificazione d’ufficio dell’errore materiale da parte dell’Amministrazione qualora questo sia ictu oculi ed ex ante riconoscibile, affermando altresì, la necessità di indagare l’effettiva volontà negoziale dell’impresa partecipante, senza particolari attività di verifica o di interpretazione circa il contenuto dell’offerta formulata.

 

 

[1] Consiglio di Stato, Sez. III, 9.12.2020, n.7758

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