10 Ottobre 2018

L’Adunanza Plenaria sul contatto sociale e la responsabilità extracontrattuale delle Stazioni Appaltanti

VALERIA CAMILLI

Immagine dell'articolo: <span>L’Adunanza Plenaria sul contatto sociale e la responsabilità extracontrattuale delle Stazioni Appaltanti</span>

Abstract

Con sentenza n. 5/2018, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che nelle procedure a evidenza pubblica la responsabilità precontrattuale della PA è configurabile prima del provvedimento di aggiudicazione sul presupposto che l’azione amministrativa soggiace non solo alle norme di natura pubblicistica, ma anche ai generali obblighi di correttezza e buona fede posti a tutela del diritto all’autodeterminazione negoziale che sorge nel contraente sin dall’inizio del procedimento.

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I principi enunciati dall’Adunanza Plenaria n. 5/2018

Con l’ordinanza n. 5491 del 24 novembre 2017, la III Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria due questioni (i) circa la configurabilità o meno della responsabilità precontrattuale della PA anteriormente all’aggiudicazione e (ii), in caso affermativo, sul se sia fonte di responsabilità precontrattuale la condotta della s.a. anteriore al bando oppure qualsiasi comportamento successivo all’emanazione dello stesso. La rimessione all’Adunanza Plenaria delle questioni si è originata nell’ambito del giudizio di appello per la riforma di una sentenza del T.A.R. Calabria sulla condanna al risarcimento dei danni da culpa in contraendo in una procedura di appalto andata deserta per esclusione di entrambi i partecipanti per aver formulato la propria offerta economica in aumento rispetto a quanto stabilito contraddittoriamente dagli atti di gara. Con la sentenza n. 5/2018, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che gli obblighi derivanti dal rispetto del principio di buona fedesussistono, anche prima e a prescindere dell'aggiudicazione, nell'ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica (..) con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto per la p.a.” e che tale responsabilità “può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all'esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede”.

L’evoluzione giurisprudenziale sulla responsabilità precontrattuale della PA

I principi espressi dal Consiglio di Stato si inseriscono all’interno del più ampio dibattito sorto sulla configurabilità responsabilità precontrattuale della PA. A tal riguardo, si rammenta che la tesi giurisprudenziale più risalente, riconducendo la responsabilità precontrattuale alla lesione della libertà negoziale, escludeva la possibilità che un ente pubblico potesse rispondere per culpa in contrahendo. In particolare, tale tesi individuava nella discrezionalità amministrativa, nell’interesse legittimo del privato e nella presunzione di legittimità dell’azione amministrativa ostacoli non superabili all’applicazione di tale istituto alla PA. Successivamente, la giurisprudenza ne ha riconosciuto una prima – embrionale – applicazione all’Amministrazione, scindendo la condotta dell’ente-amministrazione da quella dell’ente-contraente, con la conseguenza di escludere la responsabilità precontrattuale nelle ipotesi in cui l’amministrazione agisce in via autoritativa, ma ammettendone la configurabilità in tutti i casi in cui la stessa opera iure privatoroum. In particolare, con riguardo alle gare pubbliche, la responsabilità precontrattuale si è ritenuta applicabile alla PA nei casi di trattative private precedute da gare informali; mentre nelle gare “in senso stretto”, la giurisprudenza da tempo riconosce la responsabilità precontrattuale della PA solo successivamente all’aggiudicazione[1]

Il contrasto giurisprudenziale sul momento in cui sorge la responsabilità precontrattuale della p.a. nelle gare pubbliche e la soluzione dell’Adunanza Plenaria

L’ultimo approdo del dibattito in giurisprudenza sul tema si è incentrato sull’individuazione del momento procedurale a partire dal quale è configurabile la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione. Nello specifico, una parte della giurisprudenza, riconducendo tale responsabilità alle regole di condotta tipiche del contratto, ha riconosciuto la responsabilità precontrattuale della PA unicamente a seguito della scelta del soggetto contraente, ritenendo che prima di tale momento i partecipanti alla gara fossero “meri aspiranti” alla posizione di contraenti e quindi potessero vantare al più un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della p.a. nello svolgimento della gara[2]. Un secondo orientamento, affermatosi già da tempo, invece, sostiene che la culpa in contrahendo della PA. possa essere predicabile già nella fase ad evidenza pubblica, ritenendo che nell’espletamento della gara la PA ponga in essere “un comportamento (…) unitario” nell’ambito del quale ogni singolo provvedimento è dotato della forza necessaria a generare un legittimo affidamento nel potenziale contraente[3]. In particolare, è stato affermato non è possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale limitando l'applicazione delle regole di responsabilità precontrattuale alla fase in cui il "contatto sociale" viene individualizzato con l'atto di aggiudicazione”[4]. Sciogliendo un simile contrasto, l’Adunanza Plenaria ha affermato che “nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione,” sancendo, così, l’obbligo della PA di rispettare i principi di correttezza e buona fede. In particolare, il Consiglio di Stato ha chiarito che i doveri di correttezza e buona fede sono posti non tanto a tutela della conclusione del contratto, quanto piuttosto del diritto all’autodeterminazione negoziale del contraente, ancorché potenziale. Pertanto, la PA risulterebbe assoggettata non solo alle regole pubblicistiche che presiedono al legittimo svolgimento dell’attività autoritativa, ma anche alle regole generali di correttezza e buona fede da cui la possibilità di una condotta scorretta nonostante l’adozione di un provvedimento legittimo. Inoltre, anche se il procedimento unitario di gara sembrerebbe creare un “contatto costante” fra amministrazione e privato in virtù del quale tutti provvedimenti attinenti alla gara sarebbero dotati di un’intrinseca potenzialità lesiva nei confronti della generalità dei concorrenti, il Consiglio di Stato ha richiamato sia alla reciprocità dei doveri di correttezza e buona fede, sia alla necessità che il bilanciamento del diritto alla autodeterminazione del concorrente con il diritto dell’amministrazione di revocare gli atti di gara, qualora sopravvengono nuove esigenze di tutela dell’interesse pubblico, sia svolto in concreto, in quanto gli aspetti da valutare “sono molteplici e non predeterminabili in astratto, perché dipendono dalla innumerevoli variabili che possono, di volta in volta, connotare la specifica situazione”.

 

[1] Sul punto si veda Cass. S.U. 4673/1997

[2] Sul punto si veda ex multis Cons. Stato, sez. V, 4272/2014, Cons. Stato, sez. III, 3748/2015, Cons. Stato Sez. V, 1599/2016; Cons. Stato, sez. V, 5146/2017

[3] Sul punto si veda Cons. Stato, sez. VI, 4236/2012; Cons. Stato, sez. VI, 5638/2012; Cons. Stato, sez. V, 3831/2013; Cons. Stato, Sez. V, 1833/2013, Cons. Stato, Sez.VI 3526/2014; Cass. Sez. I, 15260/2014.

[4] Cons. Stato, sez. IV, 1142/2015.

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