16 Gennaio 2018

La natura giuridica del bando di gara

ANTONIO PAVAN

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Abstract

Offerta al pubblico, invito ad offrire, atto amministrativo generale ovvero atto normativo: la controversa natura giuridica del bando di gara.

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Il bando di gara costituisce tradizionalmente l’atto di attuazione della delibera a contrarre.

La delibera a contrarre, a sua volta, può essere definita come l’atto mediante il quale l’Amministrazione esprime l’intento di addivenire alla stipula di un contratto esponendo, contestualmente, quali siano le ragioni di pubblico interesse a sostegno di tale decisione.

L’articolo 129, comma 1 del vigente Codice dei Contratti pubblici stabilisce testualmente che il bando può essere utilizzato “come mezzo di indizione di gara per tutte le procedure”.

La determinazione del suo contenuto è contestualmente affidata all’allegato XIV del citato Codice, contenente le informazioni che devono figurare negli avvisi e nei bandi relativi ai settori ordinari e speciali. In particolare, mediante il bando di gara sono resi noti l’esistenza della procedura selettiva, i requisiti di ammissione, le modalità e le condizioni di partecipazione nonché i criteri di valutazione e di aggiudicazione.

Stante l’obiettivo peculiare che è chiamato ad assolvere, la natura giuridica del bando di gara si palesa alquanto controversa.

Si evidenzia, a tal proposito, l’esistenza di due concezioni diametralmente opposte, ciascuna delle quali mira a risaltarne uno specifico profilo giuridico.

Adottando una concezione di taglio privatistico-negoziale, infatti, il bando di gara può essere considerato un’offerta al pubblico ovvero, secondo l’interpretazione più recente, un invito ad offrire. Questo poiché, mancando in esso l’indicazione del prezzo – ritenuto un elemento essenziale del contratto – non può pertanto valere quale proposta contrattuale.

Privilegiando, diversamente, una concezione di profilo pubblicistico, il bando di gara potrebbe ritenersi un tipico atto amministrativo, il cui scopo non è soltanto quello di manifestare l’intento della Pubblica Amministrazione di addivenire alla stipula del contratto, ma soprattutto quello di avviare e successivamente guidare la fase procedimentale volta all’accertamento dell’offerta migliore e alla determinazione del contraente più opportuno.

All’interno della concezione pubblicistica sopra esposta emerge, peraltro, un indirizzo giurisprudenziale maggioritario in forza del quale il bando di gara dovrebbe più correttamente configurarsi quale lex specialis della procedura ad evidenza pubblica.

Le pronunce che consolidano tale impostazione sottolineano, infatti, che le prescrizioni contenute nel bando di gara vincolano non solo i singoli concorrenti, bensì anche la Pubblica Amministrazione, la quale non dispone di alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione.

In tale prospettiva è stato convincentemente affermato che “[…] l’Amministrazione appaltante è vincolata, nello svolgimento delle procedure di gara, […] dalle prescrizioni contenute nel bando di gara formato per l’aggiudicazione del relativo contratto, sì che alle stesse deve essere data puntuale esecuzione nel corso della procedura, senza che in capo all’organo amministrativo […] residui alcun margine di discrezionalità in ordine al rispetto della disciplina del procedimento”.

Ne deriva che le prescrizioni del bando di gara non possono essere disapplicate dalla Pubblica Amministrazione ancorché considerate inopportune: “Nel caso in cui, con la lex specialis, l’Amministrazione si sia pur illegittimamente autovincolata mediante esplicito rinvio ad una fonte normativa, il bando stesso (in quanto, appunto, legge della gara) non è suscettibile di disapplicazione né da parte dell’Amministrazione né da parte del Giudice, dovendo essere invece eliminato previamente dal mondo giuridico in sede di autotutela o in sede giurisdizionale previa impugnazione, con ricorso incidentale da radicarsi nel giudizio proposto da chi invece l’applicazione della regola del bando invochi”.

Si ritiene debba escludersi, invece, la natura normativa del bando di gara, pur sostenuta da un diverso orientamento giurisprudenziale tuttavia rimasto pressoché minoritario.

Il bando, infatti, risulterebbe sprovvisto dei requisiti della generalità, dell’innovatività e dell’astrattezza, come noto irrinunciabili per qualificare qualsivoglia atto quale fonte normativa.

A seconda che si aderisca alla concezione di taglio privatistico-negoziale oppure a quella di profilo pubblicistico, si ravvisano effetti diversi in relazione alla possibilità di integrazione del bando di gara nonché al rapporto esistente tra il bando stesso e l’aggiudicazione.

Quanto al primo aspetto, la preferenza per la concezione di taglio privatistico-negoziale reca con sé la possibilità di un’integrazione negoziale del bando di gara, perlomeno limitatamente a quei profili che non incidano sul corretto soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito dalla Pubblica Amministrazione.

Diversamente, nel prediligere la concezione di profilo pubblicistico – e in particolare se si considera il bando come lex specialis della gara – tale evenienza dovrebbe tendenzialmente escludersi.  Questo poiché gli atti autoritativi, per loro intrinseca natura, non accettano alcuna variazione che sia opera dell’autonomia privata, sì da assicurare la massima tutela nello svolgimento delle trattative contrattuali.

Con riferimento alla seconda prospettiva, invece, a seconda dell’inquadramento del bando di gara quale offerta al pubblico o invito ad offrire, ovvero quale lex specialis della singola procedura, l’aggiudicazione finale si presenta, rispettivamente, quale atto negoziale mediante il quale la Pubblica Amministrazione accetta la proposta formulata dal privato e manifesta la volontà di concludere il contratto alle condizioni offerte dall’impresa [5], ovvero quale provvedimento amministrativo che definisce la procedura ad evidenza pubblica, per mezzo del quale la Pubblica Amministrazione si limita a selezionare l’impresa con la quale stipulerà in seguito il contratto, senza con ciò evidenziare alcuna volontà negoziale.

Nella prima ipotesi, pertanto, il consenso definitivo si formerà al momento dell’aggiudicazione e la successiva stipulazione del contratto dovrà ritenersi meramente riproduttiva del consenso precedentemente manifestato dalle parti; diversamente, nella seconda ipotesi, il consenso definitivo si consoliderà esclusivamente al momento della stipulazione del contratto, poiché l’aggiudicazione provocherà l’unico effetto di rendere irrevocabile la proposta fino al termine indicato per la futura conclusione dell’accordo.

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