18 Febbraio 2020

Protocollo d'intesa sul Mercato Legale 4.0: intervista a Bruno Manzi di LazioCrea

GIACOMO GIUDICI

Immagine dell'articolo: <span>Protocollo d'intesa sul Mercato Legale 4.0: intervista a Bruno Manzi di LazioCrea</span>

Abstract

Bruno Manzi, Responsabile Anticorruzione e Trasparenza di LazioCREA (Società che affianca la Regione Lazio nelle attività tecnico-amministrative, offrendo servizi di gestione ed organizzazione delle attività di interesse regionale) commenta il Protocollo d'intesa sul Mercato Legale 4.0 redatto da 4cLegal con ANUTEL e AIGA, e ragiona più ampiamente sui temi di "anticorruzione" e "sostenibilità" nel settore pubblico.

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Dottor Manzi, lei ha un’esperienza pluriennale come Responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza in LazioCrea. Quali sono i settori di attività più “a rischio”, da questo punto di vista, del suo ente?

Considerata la natura di LazioCrea ed il suo rapporto strumentale ed esclusivo con il socio unico Regione Lazio, ad oggi, i settori più “a rischio” sono rinvenibili in quelli classicamente individuati, ovvero: quello relativo agli acquisti di beni e servizi e quello relativo alla gestione delle risorse umane.

Le è capitato di incrociare questi i macro-temi di prevenzione della corruzione e trasparenza con l’ambito più ristretto degli incarichi legali nella pubblica amministrazione? Se sì, in quale occasione?

LazioCrea si è dotata di una propria struttura legale a supporto dell’attività che essa svolge. Conseguentemente il ricorso a risorse esterne per servizi legali è fortemente limitato e ristretto ai casi di difesa nei casi di contenzioso amministrativo o giuslavoristico.

Le chiediamo un commento sul Protocollo d’intesa sul Mercato Legale 4.0. Ne condivide l’impianto?

Trovo il Protocollo innovativo, interessante e ben articolato. La sua attuazione pratica può essere uno strumento utile ad affrontare positivamente le problematiche connesse con i rischi di maladministration connessi alla gestione dei processi di acquisizione dei servizi legali implementando in modo significativo la trasparenza e l’oggettività dell’intera procedura.

Infine, una domanda di più ampio respiro. Da quando in 4cLegal ci occupiamo sistematicamente della questione della sostenibilità negli enti pubblici e privati, è emerso con forza un concetto: ragionare in termini esclusivamente “passivi” di compliance come semplice rispetto delle regole è limitante. Bisogna trasformare i rischi in opportunità, mettendo in campo un approccio proattivo che sfrutta le aree potenzialmente più opache dell’amministrazione per mostrare di essere virtuosi. Lei è anche un “teorico” della PA, avendo scritto molto sul tema (ad esempio il libro Governare senza rete: siamo pronti per la quarta rivoluzione industriale?). Che ne pensa di questa idea? Ci può dare degli esempi in cui questo cambio di paradigma si verifica?

Concordo pienamente con la constatazione e l’approccio utilizzato dal 4cLegal. Ragionare in termini esclusivamente “passivi” è limitante e certamente non risolutivo. Il processo di prevenzione della corruzione deve passare certamente da un’azione puntuale e sistematica volta ad acquisire la conoscenza piena e consapevole delle finalità dell’Ente e delle modalità con le quali esso deve operare per raggiungerle.

Tale conoscenza profonda e ad ampio raggio, se da un lato permette di individuare gli eventuali punti di debolezza, dall’altro può permettere la ridefinizione delle procedure operative in termini sì di prevenzione del rischio corruttivo, così come definito dal codice penale, ma soprattutto in  termini di efficienza e di efficacia. Tenendo ben presente che efficacia ed efficienza, in generale e in particolare nel settore pubblico, sono indici di “buona amministrazione”. Quindi essi sono fondamentali per misurare ogni strategia finalizzata ad affrontare e prevenire i fenomeni corruttivi intesi nel più ampio senso conferito al termine sia in ambito internazionale sia nazionale.

Mi sia consentita un’ultima osservazione per la parte di azione che deve essere svolta costantemente al fine di valutare la corretta applicazione di quanto previsto nelle politiche e nei piani di prevenzione. Tale fase è comunemente indicata come “controlli”, così come gli Organi a ciò preposti vengono definiti di “controllo” o di “vigilanza”. Ciò fa assumere a questa fase e a questi Organi una valenza “negativa”: forse bisognerebbe provare a collocare questa funzione più correttamente nell’ambito della tutela degli interessi. Infatti attraverso queste azioni e questi Organi sono tutelati gli interessi degli “azionisti” (il Collegio sindacale) garantendo che le risorse investite siano ben amministrate dall’Organo amministrativo e dai Dirigenti; gli interessi del “mercato” (Organismo di vigilanza) garantendo che la concorrenza non sia distorta da fenomeni elusivi della legalità; gli interessi dei “contribuenti” (Responsabile per la Prevenzione e per la Trasparenza) garantendo che le risorse provenienti dalla fiscalità siano correttamente utilizzate e che i processi decisionali siano basati su criteri oggettivi, equi e non discriminatori. In questo modo si attribuirebbe a questa azione e ai relativi Organi una valenza positiva e la loro attività non verrebbe vissuta, all’interno degli Enti, negativamente con sufficienza o peggio con fastidio, ma viceversa forse positivamente come fattore di supporto e certamente di tutela, per lo meno essendo tutti noi “contribuenti” e in quanto tali interessati al buon uso delle risorse pubbliche.

 

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