26 Ottobre 2018

Diversity e Inclusion nello studio legale: un’opportunità anche per le nuove generazioni

ANNA ELENA BROLIS

Immagine dell'articolo: <span>Diversity e Inclusion nello studio legale: un’opportunità anche per le nuove generazioni</span>

Abstract

Negli ultimi anni gli studi legali hanno affrontato molte sfide. 

La crisi ha costretto una professione estremamente legata alla tradizione, al “precedente”, a proiettarsi nel futuro. Flessibilità e capacità di innovazione sono diventate una necessità, non essendo più sufficiente fornire un servizio di qualità attraverso il passaparola.

Parallelamente al bisogno di reagire a criticità inevitabili, si è delineata per lo studio legale l’opportunità di allinearsi a una realtà nuova - che conta oggi nella professione un numero sempre crescente di donne e appartenenti alle cosiddette minoranze e che presenta una clientela con una provenienza sempre più globale, attratta dalla possibilità di rivolgersi a consulenti che comprendono e rispecchiano i propri valori e le proprie sensibilità. 

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La nuova cultura dell’inclusione

Sappiamo che uno studio legale di successo è in realtà una squadra di professionisti e di dipendenti competenti, motivati e impegnati nel raggiungere obiettivi comuni vitali per la squadra stessa, abile a intercettare e soddisfare le esigenze dei clienti fornendo loro il servizio migliore.

Al pari di valori come la cura del cliente, la competenza e la concretezza, soprattutto tra gli studi che hanno un respiro internazionale, si sta così diffondendo la cultura dell’inclusione, orientata a creare una squadra e un ambiente che valorizzano le diversità (di genere, di nazionalità, di disabilità, di età, di orientamento sessuale, di religione, di formazione) e che consentono a professionisti e dipendenti di essere sé stessi al lavoro, senza subire discriminazioni né limitazioni di carriera, e anzi di contribuire all’organizzazione con le proprie specificità. 

In questo modo viene anche ridotto il rischio del “groupthinking”, ovvero la tendenza a preservare la coesione del gruppo minimizzando i conflitti e l’approccio critico a idee e soluzioni alternative. Al contempo, attraverso un team di professionisti con background e esperienze differenti si consente al cliente di beneficiare di competenze, prospettive, stili, capacità di adattamento e approcci al problem solving vari, completi e innovativi.

Saper anche comunicare sensibilità alla questione dell’inclusione, sia con il web che con attività dedicate, significa per lo studio legale saper raggiungere tanto i clienti quanto i futuri associates (spesso di genere femminile e cresciuti in una dimensione molto più consapevole e attenta a questo aspetto), e guadagnarsi la loro fiducia.

E proprio concentrando l’attenzione sulle nuove generazioni, vale la pena di ricordare che, anche tra i giovani, i professionisti di talento sono una risorsa scarsa e che, in quanto tali, possono scegliere lo studio legale con il quale collaborare e quanto restarci.

Passi concreti per valorizzare i giovani talenti

L’ideale per uno studio è quindi ampliare le proprie possibilità di raggiungere tutti per assicurarsi di scegliere (e esser scelti) dai migliori. Per farlo, è innanzitutto fondamentale superare la tendenza naturale a attorniarsi di propri simili e costruirci un team di persone che (ri)conosciamo. Talora questo processo avviene sulla base di preconcetti e azioni inconsapevoli, che tuttavia finiscono col pesare significativamente sulla varietà e la dinamicità del team, costruendo barriere che limitano in concreto la collaborazione con donne e minoranze senza un vantaggio immediato né futuro. Focalizzarsi (eventualmente mediante il supporto di consulenti esterni come un business coach) sullo sviluppo di un processo di selezione che assicuri l’inclusione e i benefici che essa porta con sé, percepito anche all’esterno come meritocratico e trasparente, non può che attrarre i migliori talenti - oltre che garantire ai clienti il valore aggiunto che chiedono.

Al contempo, trasmettere da subito al futuro membro della squadra chiarezza rispetto alle politiche che lo studio pone in essere per far crescere e promuovere i collaboratori consente di ottenere un contributo attivo alla costruzione del presente e del futuro della stessa, e quindi al suo successo. 

Prevedere programmi di mentorshipdi sponsorizzazione della diversità come risorsa per lo studio, di rafforzamento della leadership femminile, di superamento degli unconscious bias (pregiudizi inconsapevoli rispetto alle diversità di identità) presenti in ciascuno di noi, di flessibilità verso le professioniste in maternità e verso chi ha esigenze specifiche di lavorare fuori studio, sono altri passaggi fondamentali per diffondere una cultura di fiducia reciproca tra collaboratore e studio legale.

Il business coaching si è proprio affermato negli ultimi anni come sostegno per professionisti e studi associati in questi processi di cambiamento, volti sia alla gestione delle problematiche connesse agli impatti della crisi, che al raggiungimento di obiettivi nuovi e ambiziosi di innovazione (inclusa l’esigenza di promozione dell’inclusione delle diversità).

È poi altrettanto fondamentale che il leader del team si assicuri che ciascun collaboratore abbia chiaro il ruolo e l’importanza di ciascuno, e come l’inclusione delle diversità di ognuno aiuta il business e il benessere della squadra. Ognuno deve essere responsabilizzato rispetto all’ambiente di lavoro che contribuisce a creare e ai comportamenti che tiene: nessun percorso di carriera può più prescindere dal rispetto e dalla promozione dei valori della squadra.

Una strategia vincente per tutti

L’approccio inclusivo porta vantaggi in termini di autenticità, impegno e flessibilità per:

  • il professionista che, conscio del proprio valore (intrinseco e per lo studio legale), sceglie con consapevolezza la squadra nella quale vuole crescere professionalmente e umanamente. Beneficiando di un equilibrio positivo tra lavoro e vita personale, subisce meno stress e evita demotivazione, disimpegno e scarsa produttività; 
  • lo studio legale, che trattiene i talenti che ha selezionato e formato senza perdere per poca chiarezza collaboratori ormai esperti del proprio business, con buone relazioni interne, conosciuti e apprezzati dai clienti. In questo modo si riducono per lo studio anche le inefficienze dovute agli alti costi di selezione, alla necessità di formare e inserire spesso nuovi membri del team, ai minori livelli di efficienza connessi al clima interno pesante e demotivato, oltre che alla sensazione dei clienti di non essere assistiti al meglio.

In quest’ottica, evitare ad esempio di far entrare in un team un giovane brillante proveniente da una economia emergente solo perché non inserito nella realtà della città in cui opera lo studio si rivela semplicemente miope. 

Lo stesso, o peggio, a dirsi rispetto alla pratica invalsa di allontanare una collaboratrice inserita proficuamente da anni in un team che abbia l’esigenza di assentarsi per la maternità (e quindi di qualche mese di flessibilità al lavoro, peraltro economicamente sostenuta dalla cassa forense). L’approccio del “via il dente, via il dolore” non considera infatti i danni che la sostituzione della collega portano allo studio legale in termini di costi di selezione e inserimento di una nuova risorsa, di sfiducia tra i membri del team (non solo di genere femminile), di qualità dell’assistenza al cliente e di reputazione - anche tra le candidate che lo studio vorrebbe in squadra.

In conclusione, avere una valida reputazione in termini di equità e correttezza (e saperla veicolare con coerenza e costanza attraverso il web, come attraverso tutti i membri della squadra) porta lo studio legale a fidelizzare i clienti, nonché a attrarre giovani candidati e professionisti di alto calibro, convincendoli a restare non solo per la prospettiva di guadagno e carriera, ma anche per quella di benessere e soddisfazione personale.

Scommettere sull’inclusione per creare un ambiente di lavoro stimolante e dinamico, dunque non è una possibilità, è una scelta strategica vincente

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