01 Marzo 2021

Imposta di registro: il valore venale va individuato nel contratto definitivo

LUCA RIGOTTI

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Abstract

La recente Sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. V, Ord. 27.11.2020 n. 27128) conferma che per la determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro rileva il valore del bene alla data del rogito e non quello pattuito alla data di sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita.

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I fatti

La controversia riguarda la determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro relativa ad un’operazione immobiliare che vedeva coinvolti i contribuenti nell’acquisto di un compendio poi ceduto a soggetti terzi lo stesso giorno ad un prezzo doppio rispetto l’iniziale prezzo d’acquisto. Quest’ultimo trovava riscontro in un contratto preliminare di compravendita stipulato in anni precedenti al rogito definitivo. La sentenza statuisce che l’effettivo valore venale del bene quale base imponibile ai fini dell’imposta di registro debba riferirsi al momento della stipula del contratto definitivo escludendo qualsiasi rilevanza ad accordi sul prezzo contenuti nel contratto preliminare.

 

La sentenza

L’Ufficio aveva rideterminato il valore del compendio immobiliare, non già facendo riferimento al prezzo di acquisto indicato nell’atto, bensì riferendosi al prezzo (di molto superiore) di vendita contenuto nel successivo contratto di compravendita a soggetti terzi, perfezionatosi il medesimo giorno. In particolare, l’Ufficio aveva rideterminato la base imponibile invocando il disposto dall’art 43 comma 1 T.U.R. in base al quale per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, il valore del bene è determinato alla data di tale atto.

Gli Ermellini sottolineano tale principio, precisando che l’articolo citato prevede che nel caso di “contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, il valore del bene deve essere calcolato alla data dell'atto traslativo, sicché nel caso di contratto preliminare di compravendita il valore del bene deve essere calcolato con riferimento al valore venale in comune commercio dell'immobile al momento della stipula del contratto definitivo".

Peraltro, in riferimento alla concreta determinazione del valore attribuibile al compendio immobiliare al momento dell'atto definitivo sono gli stessi contribuenti a riconoscere che l’immobile stesso non veniva alienato in quanto tale (cioè come rudere), bensì come costruzione dotata di un progetto di ristrutturazione debitamente approvato con implicito incremento di valore ad esso riconducibile.

Sul punto merita ricordare che la Sentenza – Cass. Civ. Sez. V, 10.08.2010 n. 18525 -  in tema di accessioni, richiama l’art 24 comma 1 T.U.R. ai sensi del quale “nei trasferimenti immobiliari le accessioni, i frutti pendenti e le pertinenze si presumono trasferiti all'acquirente dell'immobile, a meno che siano esclusi espressamente dalla vendita o si provi, con atto che abbia acquistato data certa mediante la registrazione, che appartengono ad un terzo o sono stati ceduti all'acquirente da un terzo”. Da ciò ne discende che nel caso in cui tra la data di stipula del contratto preliminare e quella di stipula del contratto definitivo, l’unità immobiliare abbia subito delle migliorie che ne hanno aumentato il valore venale, se ne deve tener conto ai fini del calcolo dell’imposta con conseguente irrilevanza di eventuali altri accordi contenuti nel contratto preliminare.

 

Le sanzioni

Dal punto di vista sanzionatorio, laddove venga definitivamente accertato che il valore venale dell’immobile oggetto di trasferimento, sia superiore al corrispettivo o al valore indicato in atto, l’Ufficio irrogherà la sanzione prevista dall’art 71 T.U.R. (c.d. insufficiente dichiarazione di valore), dal cento al duecento per cento della maggiore imposta dovuta.

La sanzione in parola si applica se il valore definitivamente accertato ridotto di un quarto supera quello dichiarato in atto. Tale regola viene derogata limitatamente agli immobili per i quali è impedito l’accertamento di maggior valore a condizione che il loro valore o in mancanza il loro prezzo sia dichiarato in misura non inferiore alla rendita catastale rivalutata per i ben noti coefficienti. In questo caso le sanzioni si applicano anche se la differenza non è superiore al quarto del valore accertato.

 

Conclusioni

In riferimento alla consecutio contratto preliminare, contratto definitivo, l’orientamento illustrato ha trovato riscontro anche in altre sentenze della Suprema Corte[1] dove si afferma che la base imponibile dell’imposta deve fare riferimento al valore venale del bene al momento del trasferimento. Valore che nel caso di contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali va calcolato alla data di stipula di tali contratti, ovvero nel caso in cui l’effetto consegua a sentenza adottata ai sensi dell’art. 2932 cc (esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto) alla data di tale sentenza dotata di efficacia costitutiva.

Sul solco così tracciato, merita d’essere citata anche la Sentenza Cass. Civ. Sez. V, Ord. 10.03.2017 n. 6173 dove si ribadisce che contratto preliminare e contratto definitivo si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti ma è solo nel contratto definitivo che si palesa la base imponibile ai fini dell’imposta che qui si commenta.

 

Il presente contributo è stato redatto con la collaborazione del dottor Fabio Salvagno, Manager – Andersen

 

[1] Cass. n. 6173/17, Cass. nn. 18525/10, 22847/10, 24807/14, 20303/16

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