30 Marzo 2021

Il caso Mercedes-Pirelli 2013 e la sentenza del Tribunale Internazionale FIA: impeccabile, ma?

DAVIDE BEATRICE

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Abstract

Attraverso l’esposizione del caso Mercedes-Pirelli 2013 e di quanto in esso accaduto, si cerca di giungere ad un analisi della sentenza emessa dal Tribunale Internazionale FIA a riguardo. Sentenza di pregevole qualità a cui però non manca un grosso ma…

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La vicenda

È opportuno, al fine di comprendere in modo esaustivo la vicenda, svolgere una breve analisi di quanto accaduto. Con l’obiettivo di concentrarsi successivamente sulla sentenza della corte, nonché sul suo dispositivo.

Durante la stagione valida per il campionato mondiale di Formula Uno 2013, la scuderia Mercedes fu invitata da Pirelli a svolgere dei test, della durata di tre giorni, presso il Circuit de Catalunya in Spagna. Tali test nascevano dall’esigenza da parte di Pirelli di verificare le ragioni che avevano causato, durante quella stagione, diverse esplosioni di pneumatici e forature improvvise. Era previsto anche l’utilizzo e la verifica di nuovi pneumatici che, sopperendo ai problemi precedentemente elencati, sarebbero entrati in utilizzo dal Gran Premio del Canada.

Questo tipo di eventi vengono organizzati spesso con cadenze prestabilite, ma in questa circostanza diversi elementi erano considerabili al di fuori del regolamento sportivo. Per cominciare i test si erano svolti all’insaputa delle altre scuderie, cosa che il contratto tra FIA e Pirelli impedisce chiaramente. Inoltre la Mercedes partecipò a quei test utilizzando la vettura e i piloti ufficiali di quella stagione, cosa che, in riferimento alla monoposto, il regolamento vieta esplicitamente.

Quando la situazione emerse, diverse scuderie tra cui Ferrari e Red bull, posero la questione al Tribunale Internazionale FIA, cercando di fare chiarezza su una vicenda che di chiaro aveva ben poco. Le argomentazioni portate davanti la corte dalla Scuderia Mercedes e da Pirelli sono diverse e sono riassumibili in quanto segue:

Per Mercedes:

-Aveva partecipato ai test avendo chiesto in anticipo, in maniera informale a Charlie Whiting (responsabile FIA) riguardo l’eventuale legittimità di tali test.

-Aveva chiesto a Paul Hembery (responsabile Pirelli per il Motorsport) se agli altri team fosse stata data la stessa opportunità. Quest’ultimo rispose in modo positivo aggiungendo che tale conferma sarebbe stata data alla fine dei suddetti test[1].

-Da tali test la Mercedes non aveva tratto alcun vantaggio.

Per Pirelli:

-Esisteva ab origine un difetto di giurisdizione, in quanto il contratto tra FIA e quest’ultima, prevedeva come Corte da adire in caso di controversie il Tribunal de Grande Instance di Parigi e che quindi il Tribunale Internazionale FIA non avesse la possibilità di statuire a riguardo.

 

La sentenza

Alle ragioni proposte dalle parti, ed esposte in precedenza, la Corte diede risposta di rigetto. Le conclusioni del Tribunale Internazionale, argomentate in maniera ineccepibile, andarono ad evidenziare come ogni questione proposta fosse del tutto irrilevante o indimostrabile.

Partendo da quanto esposto da Mercedes la Corte palesò come fosse impossibile per quest’ultima addurre prove capaci di dimostrare il contatto con Whiting, che anche se informale, non aveva lasciato alcuna traccia inerente l’autorizzazione dei suddetti test. Tale conclusione si estende anche a quanto riportato nei confronti di Paul Hembery, il quale non poteva fornire alcun tipo di documentazione atta a dimostrare una serie di colloqui tra FIA e Pirelli in tal senso. Per quanto riguarda l’assenza di vantaggio, la corte addusse diverse spiegazioni in relazione a quanto tale eccezione sia irrilevante. In primis lo stesso Ross Brown (Team Principal Mercedes), quando ascoltato dichiarò che un vantaggio da tali test fosse inevitabile, anche se di natura marginale. Successivamente diverse e-mail scambiate tra Pirelli e Mercedes parlavano di dati confidenziali ricavati dai tre giorni di prove effettuati a Barcellona. A tale quadro va infine aggiunta la copiosa giurisprudenza delle diverse corti FIA, che in più di un’occasione ha palesato quanto non sia la quantità del vantaggio a determinare l’infrazione, ma bensì il fatto che ci sia una violazione atta a tale scopo[2].

Per quanto concerne invece Pirelli e il difetto di giurisdizione da lei addotto, il Tribunale ammette sì che la giurisdizione sia devoluta al Tribunal de Grande Instance, ma solo per quanto concerne le controversie di natura commerciale. D’altro canto invece è facilmente evincibile come Pirelli, accettando di diventare fornitore ufficiale di pneumatici per la Formula 1, accetti da contratto di sottomettersi alle diverse fonti normative FIA, come esplicitamente previsto nell’articolo 3 punto 1.9 di tale contratto[3].

Ed è proprio la violazione di uno di questi articoli alla base del dispositivo della sentenza. La Corte prende le mosse infatti dall’articolo 22 del regolamento sportivo per evidenziare come i test non abbiamo rispettato le norme da quest’ultimo imposte a riguardo. Per questo la corte decise di applicare l’art.151 del Codice Sportivo Internazionale, nel quale sono previste le diverse sanzioni in caso di violazioni. Esse partono da semplici reprimende, passando a sanzioni pecuniarie e giungendo, nei casi più gravi, alle squalifiche. È inoltre prevista per la Formula 1 la possibilità di procedere alla cancellazione di tutti i punti costruttori ottenuti da una determinata scuderia.

 

Impeccabile, ma?

Nonostante le premesse che potessero far presagire importanti penalità, in considerazione del vantaggio ingiusto ottenuto da Mercedes, alla fine il Tribunale emetterà soltanto delle reprimende per entrambe le parti e le obbligherà a compensare le spese processuali per un terzo ciascuna. L’unica altra sanzione che viene prevista è quella proposta da Mercedes stessa, la quale nella sua memoria difensiva chiede che, nel caso fosse stata considerata colpevole, la punizione congrua da comminare sarebbe stata l’esclusione dai test per i giovani piloti che si sarebbero tenuti successivamente. La Corte per giungere a conclusioni così miti considera la buona fede da parte delle parti chiamate in causa quale scusante a cui far riferimento.

Appare però chiaro che ciò, nonostante spetti alla Corte la gradazione della sanzione, non si confà a quanto precedentemente riportato in sentenza, nonché ai vari precedenti. È infatti lapalissiano che tali test abbiano comportato un vantaggio sicuramente prevedibile a priori, come suffragato dalle e-mail di natura confidenziale scambiate tra Pirelli e Mercedes[4]. A tal proposito inoltre non si può considerare un Team Principal come Ross Brawn, uomo di grandissima esperienza, quale uno sprovveduto, incapace di prevedere che una tale situazione avrebbe creato un vantaggio ingiusto verso i propri rivali, nonché una violazione di diversi articoli. Ciò perché come evidenziato anche dalla corte: “Le parole dell’articolo 22 del Regolamento Sportivo sono chiare ed inequivocabili”.

Resta dunque alla fine un mistero il perché, a fronte di tali considerazioni e fatti inequivocabili la Corte sia pervenuta ad un giudizio così mite. Tale mistero però ha una chiave di risoluzione. La Formula 1 ha sempre risolto le sue più grandi controversie al di fuori dei tribunali, che servono spesso come mezzo al fine di raggiungere obiettivi legati a futuri cambi regolamentari o interessi di natura economica. Proprio per queste ragioni la sentenza del caso Mercedes-Pirelli resta un prodotto giuridico di pregevole fattura che però non funge ad altro se non che ad un esercizio di stile.

 

[1] Pag.6, punto n.5, Caso IT-2013-01, International Tribunal, FIA, 2013.

[2] Esempi di tale giurisprudenza sono i casi: IT-2015-01, ICA-2019-02, ICA-2019-08.

[3] Le fonti enunciate da tale articolo sono: -L’International Sporting Code e le sue appendici; -Il regolamento sportivo;    -Il regolamento tecnico.

[4] Pag.16, punto 37 n.8, caso IT-2013-01, International Tribunal, FIA, 2013.

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