13 Giugno 2025

Omesse segnalazioni di infrazioni anti-money laundering da parte dell'ODV: una discussione ancora aperta

CAMILLA CIVRAN

Immagine dell'articolo: <span>Omesse segnalazioni di infrazioni anti-money laundering da parte dell'ODV: una discussione ancora aperta</span>

Abstract

L’attuale d.lgs. 231/2001 regola la responsabilità amministrativa degli enti, avendo ampliato il catalogo dei reati presupposto sino a ricomprendere le fattispecie di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio di cui all’art. 25-octies del medesimo decreto legislativo. Ne consegue un necessario ripensamento del ruolo e del perimetro dell’organismo di Vigilanza (OdV), rimodulati rispetto alla previgente disciplina.

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L’evoluzione normativa e l’estensione dei reati presupposto: i decreti 231/2001 e 231/2007 a confronto

La nozione di riciclaggio delineata dal legislatore nel 2007 ha confini più ampi di quella di matrice penalistica di cui all’art. 648-bis c.p., comprendendo infatti le differenti ipotesi tipiche della ricettazione, dell’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita nonché dell’autoriciclaggio.

L’ampia portata del d.lgs. 231/2007 è stata tuttavia ridimensionata ad opera della riforma intervenuta con il d.lgs. 90/2017, il quale ha anticipato la soglia di attenzione per le autorità competenti e ha modificato il novero degli oneri a carico dei soggetti obbligati.

La ratio sottesa al d.lgs. 231/2007 s.m.i. è stata quella di identificare, previa verifica, gli elementi riconducibili a compiute o tentate operazioni di riciclaggio, finanziamento del terrorismo o in ogni caso di utilizzo di proventi di attività criminosa.

Di qui la previsione dell’art. 35 d.lgs. 231/2007 a norma della quale sono stati individuati i cd. soggetti obbligati a trasmettere una segnalazione di operazione sospetta (SOS) all’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), alla quale compete di informare gli Organismi investigativi e le Forze di Polizia incaricati di reprimere il fenomeno criminoso.

I decreti legislativi 231/2001 e 231/2007 si pongono in stretto rapporto, in quanto accomunati dalla medesima base genetica e logica preventiva, pur presentando differenze significative. Se da un lato il paradigma della normativa antiriciclaggio è quello di attribuire una responsabilità solidale alle persone giuridiche al cui interno abbia avuto luogo la violazione, dall’altro lato il d.lgs. 231/2001 – fondato su un sistema premiale – esonera da responsabilità gli enti che per contrastare la criminalità abbiano predisposto e correttamente attuato un Modello idoneo a prevenire i reati specificati dalla normativa.

Le due discipline 231 si intersecano in punto di responsabilità per inadempimento degli obblighi antiriciclaggio da parte delle persone giuridiche, nell’ottica di conformare i Modelli alle previsioni di cui al d.lgs. 231/2007.

La sinergia delle due discipline garantisce e promuove, pertanto, un assetto organizzativo che preveda adempimenti e controlli antiriciclaggio: in tale contesto il Modello si inserisce su un articolato sistema di procedure interne già operative ed esistenti ed è destinato a divenire parte integrante del sistema antiriciclaggio, travalicando la mera prevenzione dei reati di cui agli artt. 648 ss. codice penale.

 

Il ruolo dell’Odv

L’OdV si struttura di norma come organismo collegiale, senza escludere tuttavia che la funzione possa essere rivestita da un unico soggetto, posto in ogni caso il rispetto dei requisiti di autonomia ed indipendenza della maggior parte dei suoi componenti ovvero di chi solo lo compone. L’OdV rende conto del proprio operato all’organo che lo ha nominato, attraverso il meccanismo da un lato dei flussi informativi previsti dal Modello e dall’altro delle specifiche richieste dell’organo amministrativo aventi ad oggetto le verifiche svolte.

Il mutato quadro normativo ha richiesto di adeguare il perimetro di intervento dell’OdV così come definito dal d.lgs. 231/2001, andando oltre le mere funzioni di vigilanza sul funzionamento ed osservanza dei Modelli 231, nonché aggiornamento degli stessi.

La più recente riforma, introdotta con il d.lgs. 90/2017, ha escluso l’OdV dal novero dei soggetti sottoposti agli obblighi di comunicazione in tema di antiriciclaggio, residuando gli stessi soltanto in capo a collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo sulla gestione, come disposto dall’art. 46 d.lgs. 231/2007.

La riforma del 2017 ha così costituito il correttivo dell’originario dettato del d.lgs. 231/2007, che prevedeva all’art. 55 comma 5 una responsabilità di natura penale per le violazioni da parte dei soggetti obbligati a comunicazione e segnalazione all’Autorità delle violazioni della normativa antiriciclaggio, prevedendo oneri più rigorosi se raffrontati agli altri protocolli di prevenzione riconducibili allo stesso Modello 231.

Il profilo di novità introdotto dal legislatore del 2017 è stato, pertanto, quello di abolire gli obblighi di segnalazione esterna prima attribuiti all’OdV, restituendo equilibrio e snellezza al sistema antiriciclaggio e al Modello 231.

 

Profili di responsabilità dell’OdV

I componenti dell’OdV, siano essi interni o esterni, sono legati alla società da un rapporto di natura contrattuale, da cui discende a livello interno responsabilità di tipo contrattuale in caso di inesatto adempimento delle prestazioni, a livello esterno responsabilità extracontrattuale verso i terzi danneggiati, ma solo ove si ravvisino gli estremi del dolo e della colpa grave.

In applicazione analogica del principio della causalità omissiva di cui all’art. 40 codice penale, si è tentato di attribuire la responsabilità dei danni derivati dall’evento al soggetto che non avesse impedito il verificarsi dell’evento stesso. È da escludersi, tuttavia, che l’OdV possa rispondere degli eventuali danni commessi da soggetti apicali o sottoposti alla direzione dell’ente, in quanto non appartiene allo stesso alcun potere impeditivo dell’evento, né alcun potere sanzionatorio o disciplinare nei confronti dei destinatari del Modello.[1] Di talché, non compete all’OdV alcun obbligo impeditivo alla commissione dei reati, bensì trattasi a tutti gli effetti di un obbligo di sorveglianza sulla funzionalità, sulla potenzialità preventiva e sulla tenuta del Modello 231.

Ne discende quale conseguenza che, anche qualora l’ente non possa beneficiare dell’esonero da responsabilità ai sensi del diritto punitivo degli enti, in ogni caso non potranno considerarsene punibili a titolo di concorso omissivo i componenti dell’Organismo di Vigilanza.

Parte minoritaria della dottrina, tuttavia, condivide un’accezione più ampia dell’obbligo giuridico di impedire l’evento, cosicché vi rientrerebbero anche le condotte propriamente preventive. Su questi presupposti si innesta l’ipotesi di responsabilità dell’ente per il caso di mancata vigilanza sul rispetto del Modello, nelle fattispecie in cui fosse ragionevole ipotizzare che la corretta applicazione dello stesso avrebbe impedito la commissione del reato e la conseguente responsabilità dell’ente.

Sotto il profilo civilistico, l’OdV sarà ritenuto responsabile qualora non abbia provveduto alle verifiche programmate, né abbia accertato il rispetto di flussi informativi e procedure relative alla commissione del reato e neppure abbia comunicato le violazioni del Modello ovvero il verificarsi dei reati presupposto.

La responsabilità dell’OdV è così subordinata alla duplice prova da parte dell’ente di aver posto l’organismo nelle condizioni di assolvere alle previsioni di legge nonché di dimostrarne l’effettivo inadempimento, secondo i parametri della diligenza professionale di cui all’art. 1176 c.c.

Da ultimo, l’assenza di una posizione di garanzia in capo all’OdV lo rende imputabile solo in caso di suo effettivo concorso nel reato ex art. 110 codice penale.

 

Conclusioni

In conclusione, questione ancora aperta è quella dell’effettiva utilità da un lato dell’istituzione di appositi Organismi di Vigilanza e dall’altro della predisposizione di modelli organizzativi, gestionali e di controllo di cui al d.lgs. 231/2001.

Si sono evidenziate, infatti, le possibili criticità dell’eccessiva procedimentalizzazione del sistema dei controlli – resi in chiave difensiva – oltre alla burocratizzazione dei controlli stessi da parte degli Organismi di Vigilanza.

Il combinato disposto dei due sistemi 231, infine, dovrebbe ergersi a baluardo della salvaguardia del sistema economico e finanziario da scopi illeciti, così come dell’affermarsi di un’etica d’impresa.

 

[1] La dottrina sostiene che “potenziali forme di responsabilità omissiva in capo all’ODV non sono previste dall’ordinamento e sono suscettibili di mettere in crisi tutto il “sistema 231”, in Giurisprudenza commerciale, n. 3/2023, p. 367/II.

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