30 Marzo 2020

COVID-19 e contratti: liberi tutti? Occorre chiarire

JASMINE ASAAD

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Abstract

                                    Aggiornato al 30.03.2020

La necessità di interventi tempestivi alla luce della diffusione globale della problematica rappresentata dalla espansione pandemica del Covid 19, ha posto la decretazione d’urgenza innanzi ad una prova gravosa e, al contempo, ha imposto ed impone - parallelamente - uno sforzo analogo da parte degli operatori del diritto, i quali sono chiamati ad un compito altrettanto impegnativo.

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Sempre più frequentemente si va ripetendo, con più o meno intensità e coloritura che, grazie al decreto Cura Italia, i debitori sono sostanzialmente liberati da ogni impegno di pagamento poiché il lockdown ha reso sostanzialmente impossibile da parte dei medesimi lo svolgimento della propria attività, imponendo in taluni casi – addirittura - la chiusura delle aziende e dei locali all’interno dei quali la stessa si svolge o meglio, svolgeva.

Ora, al fine di evitare che di pandemia di parli anche dal punto di vista giuridico e normativo, occorre prudentemente fare una analisi prendendo le mosse, come sappiamo di dover fare, dal dato normativo che spesso, corre l’obbligo di sottolineare, se affrontato con mente libera e scevra da preconcetti, è meno oscuro di quanto sembri.

 

L’art. 91 del decreto Cura Italia: ambito di applicazione e scopo

Il Titolo V “Ulteriori disposizioni”, il Capo I, Rubricato “Ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza derivante dalla diffusione del Civ-19”del Decreto Legge n. 18 del 17 Marzo 2020 ospita il tanto discusso art. 91 in ambito di Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici testualmenteil quale testualmente recita:

All’articolo 3 del decreto – Legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: 6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

La prima questione che si pone è quella, dibattuta, circa l’applicabilità della previsione ai soli contratti pubblici – come da taluno affermato – o anche ai rapporti di natura e matrice privatistica.

A parere di chi scrive è da privilegiare la seconda impostazione, in primo luogo poiché la norma non opera distinzioni, le quali avrebbero avuto anche poca ragionevole motivazione di essere e, la seconda, risiede proprio nel dato letterale della rubrica del medesimo, laddove la specifica ai contratti pubblici, si pone nella seconda parte della epigrafe, connessa al primo periodo da una congiunzione che estende la portata del concetto, non lo limita o specifica.

Accertato o quantomeno, ragionevolmente ritenuto, che l’ambito di operatività della norma è decisamente esteso, vi è da comprendere cosa effettivamente la stessa preveda, nel particolare contesto che ne ha determinato la genesi e la ragione.

Stiamo parlando di un insieme di norme che più che un Decreto rappresenta una Manovra, tesa da un lato a contenere gli effetti disastrosi di una pandemia con le misure stringenti che tutti conosciamo, dall’altra volta a fare entrare nel tessuto economico, sociale e giuridico un concetto di cui abbiamo sempre molto letto ma poco sperimentato: “l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore” (art. 1218 c.c.) con le discendenti conseguenze in tema di risarcimento del danno (art. 1223 c.c.).

 

Responsabilità del debitore e impossibilità della prestazione ai tempi del coronavirus

Come sappiamo, la lettera del Codice Civile prevede una sorta di presunzione di colpevolezza in capo al debitore che non abbia esattamente adempiuto la prestazione della quale è onerato, escludendosi la ricorrenza di detta responsabilità solo nel caso in cui il debitore riesca a fornire la prova che l’inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione allo stesso non imputabile.

Per andare esente da responsabilità il debitore, ante COVID, avrebbe dovuto dimostrare, in capo a sé incombendo il relativo onere probatorio,

  • L’impossibilità della prestazione
  • La non riconducibilità a causa a sé imputabile di detta impossibilità.

Analogamente, nel caso di impossibilità ascrivibile al fatto del terzo (factum principis), a ciò ascrivendosi i divieti e ordini emanati dall’Autorità, il debitore avrebbe dovuto dare la prova effettiva della propria diligenza nell’attivazione volta a legittimamente rimuovere o arginare le conseguenze del fatto impeditivo frapposto dal terzo.

Non solo.

Anche nella ipotesi di impossibilità della prestazione derivante dal c.d. factum principis il debitore non avrebbe potuto limitarsi ad invocare supinamente la sussistenza dell’atto della Autorità ma avrebbe dovuto, anche in questo caso, dimostrare la non prevedibilità dell’ordine o del divieto al momento della assunzione della propria obbligazione e, sempre invocando la diligenza tanto cara al legislatore, fornire la prova di avere esperito ogni legittima azione al fine di superare detta impossibilità.

Si può, pertanto, dire che il debitore avrebbe dovuto fornire la dimostrazione dell’impossibilità della prestazione, al fine di escludere l’imputabilità dell’inadempimento in capo allo stesso.

 

La valutazione del rispetto delle misure di contenimento ai fini della esclusione della responsabilità del debitore

Sintetizzato necessariamente quanto sopra e con particolare riferimento all’atto ed al fatto della Autorità si inserisce il disposto del comma 6 bis dell’art. 3 del Decreto Legge 23 Febbraio 2020 n. 6 il quale afferma che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore […]”

 

Cosa fa scattare il meccanismo di esclusione di responsabilità del debitore?

Non certo la diffusione pandemica del virus, che spesso di sente invocare al fine di escludere la responsabilità per la mancata esecuzione delle più disparate prestazioni ma, bensì, il rispetto delle misure di contenimento.

Per misure di contenimento si intende la serie di provvedimenti adottata dalla Autorità competente al fine prevenire il contagio e arginare diffusione e propagazione del COVID-19.

La norma di cui trattiamo, invero, non introduce alcun automatismo e presunzione, ma richiede la dimostrazione - affinché il Giudice possa compiere la valutazione a cui la stessa lo chiama - che il rispetto dovuto alla misura di contenimento da parte del debitore, abbia reso impossibile la prestazione.

Il secondo presupposto dell’imputabilità, una volta concluso positivamente l’accertamento di cui sopra è escluso dalla provenienza della misura di contenimento dall’Autorità.

Conclusivamente, al di là della apparente suggestione dell’approccio, le nuove disposizioni, ben lungi da fare assurgere il lockdown a lasciapassare per andare esenti da responsabilità nel caso di mancato adempimento delle prestazioni poste a carico della parte, sono tese a valorizzare e a fare valutare, da parte del Giudice, le effettive situazioni di impossibilità di adempimento della prestazione in capo al debitore incolpevole e non imputabile, destinatario di misure di contenimento provenienti dall’Autorità, nei limiti di tempo e di luogo indicati dalla stesse.

Prima che una norma giuridica, una norma etica e di civiltà.

 

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